In Riviera
Ma quale Albania, Meloni vada in Romagna, immagine dell'unico conservatorismo possibile in Italia
Riccione è la perfetta rappresentazione di tradizione, decoro, continuità, stessa spiaggia stesso mare una generazione dopo l’altra. Ecco dove la premier dovrebbe passare le vacanze
Gggiorgia sbaglia a fare le vacanze in Puglia o in Albania. Dovrebbe andare a Riccione. E non per le ragioni cui state maliziosamente pensando, perché anche Lui faceva il bagno lì o perché la costa è punteggiata dalle provvide colonie per i balilla (il Duce ha fatto anche cose buone? Chissà. Di certo queste architetture fascio-razionaliste sono bellissime e andrebbero recuperate). No, il/la presidente dovrebbe andare a Riccione o più in generale sulla Riviera romagnola perché sono l’immagine dell’unico vero conservatorismo possibile in Italia. E infatti: tradizione, decoro, continuità, stessa spiaggia stesso mare una generazione dopo l’altra, Riccione è questo, il posto dove nell’ombrellone accanto ritrovi un decennio dopo l’altro la stessa famiglia, con i figli, i figli dei figli e così via. L’eterno ritorno del sempre uguale, rassicurante come il tortellino della nonna o un discorso di Forlani, senza rinunciare all’innovazione, ma che non diventi rivoluzione. Che gioia nostalgica, che dolorosa felicità rivedere l’albergo dove villeggiavi (ebbene sì, qui ancora si villeggia anche un mese di fila, come nei film in bianco e nero, o in Goldoni) quarant’anni fa o forse più. Eppure è ancora lì, apparentemente uguale, in realtà modernizzato, dotato di piscina che nel minigiardinetto non ci stava quindi, giuro, appesa alla facciata (genio romagnolo doc) e, suppongo, a fare i passatelli in cucina non le arzdore del tempo che fu, sarebbe pretendere troppo, ma qualche egiziano o pachistano però subito romagnolizzato (l’integrazione, appunto: il sindaco di Rimini si chiama Jamil Sadegholvaad).
Venga a Riccione, signora presidente, e scoprirà un’Italia naturaliter moderata, sensata, perfino ragionante, nemica degli estremismi e delle avventure, sospettosa sia del fighettame fintamente progressista da Ztl che delle scemenze autenticamente fasciste del Vannacci di turno, insomma democristiana nell’intimo. Ascolti i discorsi sotto l’ombrellone di una media borghesia di provincia, che poi alla fine è ancora quella che tiene in piedi il Paese o quel che ne resta, e vedrà che in realtà si accontenta di poco: un minimo di decoro da parte di chi comanda, un minimo di efficienza nei servizi basici, un governo che, come diceva lord Melbourne, primo primo ministro di Vittoria, prevenga i crimini e faccia rispettare i contratti. Senza palingenesi, rivoluzioni, grandi riforme e ponti sullo Stretto che tanto poi non si faranno mai. Una decorosa medietà giolittiana o degasperiana, evitando eccessi ostentatori, proclami, cafonate. Macché Twiga o Papeete, ogni tanto una mangiata di pesce e sempre il gelato alla sera durante la passeggiata con il golfino, casomai rinfrescasse (magari). Ottimista, anche. Com’è nel Dna locale (in effetti, soltanto un grande ottimista – o un vero deficiente – poteva pensare di fare la guerra, contemporaneamente, agli Stati uniti, all’Unione sovietica e all’Impero britannico, e di vincerla pure), e del resto per vivere da decenni su un mare che non è esattamente quello delle Maldive un fattivo ottimismo ci vuole, e anche una certa dose di genialità. E forse Riccione è così affascinante, antropologicamente affascinante, perché è la cristallizzazione dell’Italia nella nostra età dell’oro, i favolosi anni Cinquanta e Sessanta, quando si pensava che andassimo davvero verso quelle sorti progressive che poi si sono rivelate assai meno magnifiche.
Resta almeno questa quieta decorosità borghese, un po’ scettica dopo le molte fregature ma ancora disposta a dare credito a chi mantenga almeno qualcuna delle tante promesse, anche solo un taglietto alle accise, una decente riforma della giustizia, un’immigrazione sotto controllo magari senza strillare di blocchi navali prima delle elezioni salvo implicitamente ammettere che sono impossibili dopo averle vinte, robetta così, si sa che in Italia nulla è più straordinario dell’ordinaria amministrazione. Meno inaugurazione e più manutenzione, insomma, come si fa qui. Finché c’è Riccione c’è speranza.