Pas d'ennemis à droite. Il caso Vannacci e i picchiatori picchiatelli di Meloni
Donzelli rimette in riga Crosetto. Così come Gemmato fa con Schillaci sui vaccini e Delmastro con Nordio sulla giustizia. Finché c'è Salvini alla sua destra, la premier non potrà permettersi ministri che rinneghino le assurdità del sovranismo
Sono addetti a dettare la linea. Il che, spesso, significa rimettere gli altri in linea. Specie se “gli altri siamo noi”, cioè sono loro, insomma i Fratelli che sbagliano. Perché va bene, certo, questa idea di mostrarsi moderati, di darsi un tono da gente che governa. Però neppure bisogna esagerare, ché significherebbe tradire. Dunque ecco che se Guido Crosetto prova a gestire con un certo raziocinio la patetica ricerca del quarto d’ora di celebrità del balilla fuori corso Vannacci, arriva Giovanni Donzelli, e con lui Galeazzo Bignami, a dire che no, suvvia, non si può eccedere con questo moralismo progressista da politically correct. Così Crosetto, sabato, dirama una nota per stigmatizzare la proliferazione di “commenti a ruota libera a destra e a sinistra”, e di lì a poche ore Bignami, che ha guadagnato medaglie al valore patrio sul campo riprendendo i citofoni degli stranieri a Bologna, segnala il suo sdegno su Facebook; e l’indomani, tanto per ribadire il concetto, Donzelli si fa intervistare per far sapere che qualsiasi condanna a Vannacci sarebbe un cedimento al wokismo in salsa Pd.
Perché è Meloni a segnare il solco, ma è Donzelli che lo difende. E con lui Bignami, s’intende. Così come Andrea Delmastro, sempre solerte nello smentire il suo ministro Carlo Nordio quando scivola pericolosamente nel garantismo. Così come Marcello Gemmato, subito spedito sul fronte caldo della Sanità a bilanciare l’eccesso di entusiasmo di Orazio Schillaci per i vaccini. Picchiatori quando serve, picchiatelli quanto basta, messi da Donna Giorgia a presidiare i ministri “moderati”, anche quando moderazione è soltanto rifiuto del complottismo sovranista, rifiuto dell’assurdo. E d’altronde, insistono i difensori della fede, i tutori della mistica di Colle Oppio, “non era assurda per i tiepidi e per i pavidi la conquista di Palazzo Chigi”? Non è a questi assurdi che Meloni ha imbevuto tutti, da anni?
E forse si era ingenui a pensare che almeno Crosetto, che FdI l’ha fondato, fosse risparmiato dalla furia dei Fratelli pasdaran. E invece niente. Certo, ha taciuto Isabella Rauti, che è sua vice a Palazzo Baracchini, e che pure non nasconde, in privato, un’insofferenza che la pone in sintonia con Donzelli e Bignami. Ma, appunto, c’hanno pensato i due guardiani della rivoluzione patriottica. E non a caso, viene da dire. Ché così Meloni potrà giocare, ancora per un po’, almeno finché l’incanto dura, le due parti in commedia, la premier responsabile e la capa del partito irriducibile, e insomma provare a governare rassicurando Bruxelles ma al tempo stesso perseguendo la strategia del pas d’ennemis à droite. Coprirsi a destra, insomma, mentre si prova a guardare al centro.
Un’ansia che ieri ha preso appunto consistenza nell’omaggio che a Vannacci ha reso Matteo Salvini, con tanto di video su Facebook e telefonata privata. E’ lui, il vicepremier, che tiene il fiato sul collo di Meloni. E’ lui che ribadisce la necessità della separazione delle carriere mentre Nordio tentenna; è lui che si esalta per la tassa alle banche mentre a Palazzo Chigi iniziano a mostrare qualche ripensamento. Ed è lui, ovviamente, a mostrare il petto gonfio di chi rifiuta i veti del mainstream sulle improvvide alleanze europee con esagitati di varia risma. Finché c’è lui a difendere l’ortodossia dell’assurdo sovranista, come potrà Meloni fare a meno dei suoi randellatori?