ribaltone immigrazione
Altro che Vannacci, aspettate il Generale autunno dei migranti
La grave situazione degli sbarchi sta provocando un gustoso gioco di specchi tra opposti populismi: il Pd rimprovera la destra di non fare cose di destra, e la destra fa esattamente quel che faceva la sinistra
Siete rimasti colpiti dal generale Vannacci? Aspettate di vedere cosa vi riserverà il Generale autunno. Per la politica italiana, la gestione dell’immigrazione è diventata improvvisamente un formidabile gioco di specchi. Un gioco all’interno del quale, involontariamente, i partiti sono costretti da giorni a fare i conti con il prezzo delle sciocchezze dette nel passato. Alcuni sindaci del Pd, lo avrete visto, nelle ultime settimane hanno scelto di esporsi, sul tema, e di criticare con una certa forza l’inazione del governo sull’immigrazione. Tesi: con questi numeri noi non ce la facciamo più. In questo caso, lo specchio del populismo professato nel passato è evidente: con quale credibilità un partito che ha sostenuto l’idea che l’immigrazione non debba essere troppo controllata può lamentarsi del fatto che l’immigrazione oggi non sia troppo controllata? Ovviamente nessuna. Il secondo specchio del populismo, più spassoso, è quello che riguarda la destra, che sul tema dell’immigrazione oggi si trova, pardon, politicamente in mutande: fa la cosa giusta, ma non sa come dirlo. E che cosa fa la destra? Fa tutto quello che ha sempre fatto la sinistra al governo. E che cosa fa la sinistra non di governo quando la destra di governo fa quello che ha fatto sempre la sinistra al governo? Fa quello che la destra faceva quando non stava al governo. Ovvero: dice che così le cose non possono più andare. E quello che fa la destra al governo è chiaro anche se nessuno può rivendicarlo. Collabora con le ong per salvare migranti in mare (persino con la ong che ha mandato a processo il vicepremier di questo governo: Open Arms). Non fa allarmismo sugli sbarchi (dal primo gennaio al primo agosto sono stati 100 mila, l’anno prima nello stesso periodo furono 48 mila). Non protesta se i tiggì della Rai non sbattono l’immigrazione in prima pagina (cosa che la destra chiedeva di fare quando gli sbarchi erano la metà di quelli di oggi). Propone di cambiare la legge Bossi-Fini (Fratelli d’Italia ha proposto in Parlamento di modificare la legge, cosa che il Pd chiede da anni). Non batte ciglio quando gli imprenditori le chiedono di approvare il decreto flussi più importante della storia d’Italia (sono circa 139 mila in un anno). Sfida i sovranisti in Europa (votando al Consiglio europeo contro Ungheria e Polonia). Accetta di essere in continuità con il governo precedente sui dossier migratori (il Patto su asilo e migranti approvato dal Consiglio europeo a giugno è lo stesso a cui aveva lavorato il governo Draghi). A fronte di questa azione di governo – incoerente, pragmatica, europeista – il centrosinistra più che demolire il governo dovrebbe elogiarlo. Dovrebbe riconoscere i suoi meriti. Dovrebbe invitare ad andare avanti in questa direzione. Dovrebbe elogiare chi sceglie di seguire il realismo modello Gentiloni-Minniti. E dovrebbe semmai offrire modelli di integrazione. Dovrebbe ricordare che 100 mila migranti sono tanti, certo, ma che sono nulla rispetto a una popolazione di quasi 60 milioni di abitanti e che, ancora, sono nulla rispetto a quelli che rimangono davvero in Italia. Mai come in questo momento, l’immigrazione, per il nostro paese, è lo specchio di due populismi contrapposti: il “bloccateli tutti” e “l’accoglieteli tutti”. Quando chiedono più attenzione sul tema, sul tema dell’invasione, per così dire, i sindaci del Pd, non tutti ma alcuni sì, usano involontariamente lo stesso lessico utilizzato dalla destra quando si trovava all’opposizione. E quando la destra meloniana invita a non drammatizzare, si comporta né più né meno come si comportava la sinistra quando si trovava al governo.
Piuttosto che attaccare il governo, il Pd, sull’immigrazione, dovrebbe mostrare l’incoerenza della maggioranza, elogiando i suoi progressi, sfidandola sul pragmatismo e mettendola in difficoltà non con la propaganda ma con la politica (pensate a una Laura Boldrini che elogia il governo Meloni per il suo rapporto con le ong: slurp!). E piuttosto che fingere di essere coerente con la propria storia, la maggioranza di centrodestra dovrebbe trattare i propri elettori da adulti mostrando una direzione e rivendicando la propria azione. Giorgia Meloni in parte lo ha fatto. Rimuovendo dal suo vocabolario l’espressione blocco navale. Costruendo alleanze in Europa per provare a incidere sui flussi dei migranti in Tunisia. Assecondando le richieste delle imprese sul decreto flussi. E spiegando perché a Bruxelles, sul pacchetto migranti, ha votato contro gli amici sovranisti di Ungheria e Polonia. Lo ha fatto Meloni, ma nel governo non lo ha fatto nessun altro. E non è difficile pensare che alla fine sarà proprio l’immigrazione il terreno su cui uno dei vicepremier, Matteo Salvini, tenterà di marcare le distanze dalla premier in vista delle prossime europee. Se il libro da quattro soldi di un generale ha messo in difficoltà il governo, figuriamoci cosa potrebbe succedere se Salvini, sull’immigrazione, da qui all’autunno, tornasse a fare Salvini, come sta facendo in queste ore parlando di un libro che non ha letto (glielo avrà suggerito il ministro Sangiuliano), chiedendo ai sindaci della Lega di far notare che il governo Meloni sull’immigrazione non è in fondo così distante da un governo di centrosinistra. Se siete rimasti colpiti dal generale Vannacci aspettate di vedere cosa vi riserverà, sull’immigrazione, il Generale autunno. Chi porta i popcorn?