Salario minimo, il Cnel è sotto un Tar
Meloni ha affidato a Brunetta un compito cruciale: risolvere il salario minimo in 60 giorni. È il momento di gloria del Cnel, che però è bloccato dai ricorsi con un vecchio consiglio in prorogatio e un nuovo che non riesce a insediarsi da mesi
La scelta di Giorgia Meloni di affidare al Cnel la soluzione del groviglio del salario minimo è stata abile, ma non cade nel momento più adatto. Perché Renato Brunetta sta già lavorando alacremente al dossier, ma il nuovo presidente è sospeso tra un vecchio Consiglio in prorogatio e un nuovo Consiglio che ancora non entra in funzione: il Cnel è infatti bloccato dai ricorsi e, in ultima istanza, la sua sorte sarà decisa dal Tar.
Tutto parte con il rinnovo del parlamentino, dopo la nomina a presidente di Brunetta. Come da procedura, vengono nominati i 64 consiglieri così ripartiti: 10 esperti, due scelti dal presidente del Consiglio e otto dal presidente della Repubblica; 6 esponenti delle associazioni di promozione sociale e volontariato, scelti dai rispettivi Osservatori nazionali; 48 rappresentanti delle categorie produttive (lavoratori, autonomi, imprese). E qui sorgono i problemi. Perché, in assenza di una chiara legge sulla rappresentatività, la ripartizione dei posti viene effettuata dal governo, sentiti i ministeri competenti, al termine di una “complessa ed articolata valutazione”. Ma è così che tutto si impalla, perché la decisione non va bene a molti.
A Cgil, Cisl, Uil e Confindustria è stato tolto un seggio a testa. Mentre ne è stato assegnato uno in più alla Confsal, che così sale a due (come la Uil). È invece entrato al Cnel l’Usb, che è un po’ la spina nel fianco sinistro della Cgil. E così, dopo l’invio da parte del sottosegretario a Palazzo Chigi, Alfredo Mantovano, dell’elenco finale delle organizzazioni scelte e dei seggi assegnati, sono fioccati i ricorsi. Che hanno bloccato l'iter.
Il problema non riguarda tanto, o solo, i sindacati o le associazioni che non si sentono abbastanza rappresentate. Ma chi è stato escluso. Perché sebbene il Cnel si sia fatto la nomea di organo costituzionale “inutile”, per le organizzazioni avere un posto nel parlamentino è questione di vita o di morte: di fatto, è la presenza al Cnel che indica la rappresentatività di un’organizzazione e, quindi, la possibilità di essere riconosciuta e sedersi ai tavoli istituzionali. E pertanto, a ogni rinnovo, fioccano i ricorsi, che congelano la procedura. Nella scorsa consiliatura, la decima, il decreto di nomina dei 48 rappresentanti delle categorie produttive arrivò circa un anno dopo la nomina del presidente Tiziano Treu.
Non è mai stato un grosso problema, visti i tempi dilatati di lavoro del Consiglio, ma stavolta la questione è diversa. Questo è il suo momento di gloria. È la prima volta, probabilmente dalla sua fondazione, e dopo aver rischiato la soppressione con il referendum costituzionale del 2016, che il Cnel è stato investito dalla premier di un compito politico e istituzionale di primaria importanza: produrre in 60 giorni – a partire da metà agosto – una proposta condivisa sui bassi salari, in grado di raggiungere l’obiettivo del salario minimo.
Ma l’attivismo e la frenesia del presidente Brunetta nulla possono contro la burocrazia. I tempi della procedura amministrativa sono incomprimibili: 30 giorni per i ricorsi, 30 giorni per i controricorsi e altri 45 giorni per il governo per decidere. Dopo il ricorso ordinario, che si conclude a fine agosto, ci sono però altre pratiche burocratiche da espletare: il controllo della Corte dei conti e infine il Dpr di nomina del Quirinale. Vuol dire un’altra ventina di giorni. La nomina del nuovo consiglio, in pratica, non ci sarà prima di metà settembre, quando sarà passato già uno dei due mesi a disposizione del Cnel. Sempre se non ci sarà un ricorso al Tar, già annunciato da Landini della Cgil, che in caso di sospensiva potrebbe stoppare tutto.
Che farà Brunetta? Si affiderà al vecchio consiglio in prorogatio rischiando un avvicendamento in corso d’opera o aspetterà il nuovo, con il rischio che non arriverà in tempo? Parafrasando Churchill sulla Russia, si può dire che per ora il salario minimo è un enigma chiuso nel Cnel ostaggio del Tar.