Beppe Sala (LaPresse)

fulmine a ciel sereno

Mario Vanni, capo di gabinetto del sindaco Beppe Sala, si è dimesso

Fabio Massa

 Il collaboratore era uno dei più importanti nella ristretta cerchia del primo cittadino di Milano. Da lui passavano tutte le principali decisioni e i rapporti più delicati. Lascerà l'incarico a partire da ottobre, lavorerà in una società internazionale di livello assoluto

"E adesso, che cosa si fa?". Mario Vanni, capo di gabinetto di Beppe Sala, lascia il suo posto dal primo ottobre. Fulmine a ciel sereno (anche se si vociferava da un po'). Lo sgomento c'è, tra gli addetti ai lavori (istituzioni, presidenti e sindaci, autorità varie e capi di cerimoniale, comandanti di armi, corpi, polizia etc). A Milano il capo di gabinetto è la figura lontana dai riflettori per antonomasia. E - a differenza di Roma dove con i ministeri ce ne è una pletora di capi segreteria e di gabinetto  - sotto la Madonnina ci sono solo due persone che dietro le quinte contano veramente: il capo di gabinetto del Comune di Milano e il capo di gabinetto di Regione Lombardia. Tradotto in nomi e cognomi: Mario Vanni per Beppe Sala, Giulia Martinelli per Attilio Fontana. Ora Mario Vanni va via. Perché? Perché il settore privato, in un ruolo apicale pare in una società internazionale di livello assoluto, ha chiamato. E dopo sette anni a Palazzo Marino Vanni ha deciso di dare una svolta alla sua vita. Beppe Sala, vedendo il suo capo di gabinetto 40enne desideroso di cambiare, lo ha lasciato andare.

Del resto lo aveva chiamato in quel ristrettissimo vertice di persone che decide tutto a Milano, quando non aveva neppure 33 anni, all'inizio del primo mandato. Avvocato in forza all'authority dell'acqua e dell'energia, Vanni aveva conquistato Beppe nel modo in cui, pian piano, poi aveva conquistato Milano: pacifico, schivo, sorridente ma implacabile. In gioventù era andato da suo padre - avvocato anche lui, appassionatissimo motociclista anche lui - e gli aveva comunicato la volontà di partire per il militare anche in assenza di leva obbligatoria (che era già stata abolita): destinazione corpo degli alpini. E degli alpini ha preso il passo, entrando in quel ristretto club di capi di gabinetto che quando danno una parola la mantengono perché alla fine il risultato lo raggiungono sempre. Specialmente quando si parla di nomine, che Vanni ha visionato, vagliato, sottoposto al giudizio di Sala una per una, di qualunque livello. Non c'è società della quale Vanni non abbia in qualche modo conosciuto vertici, cda, revisori. Certo, quello di Vanni non è un addio a Milano. Rimane nella commissione centrale di Fondazione Cariplo, dove è stimato - malgrado i contrasti di qualche mese fa, poi appianati - da Giuseppe Guzzetti e soprattutto dalla struttura della più grande istituzione di beneficenza ambrosiana.

Ma anche se non è un addio, che cosa succede adesso a Palazzo Marino? La cosa più probabile è che Sala vada ad attribuire le responsabilità di Vanni ai suoi fedelissimi. Quelli che ogni settimana si ritrovano per un pranzo nel quale a turno "uno sfama gli altri": in primis il direttore generale Christian Malangone, poi il portavoce Stefano Gallizzi e il fidato Marco Pogliani. Di certo la domanda che rimbalza da Palazzo Lombardia ad Assolombarda, delle partecipate comunali agli uffici del centro città, ancora mezzi vuoti per il rientro lungo dalle vacanze, con il pensiero al week end prossimo da passare in Liguria, è sempre la stessa: "E adesso, con chi parliamo?". Perché quando manca un capo sherpa, in montagna, sono problemi grossi.

 

Di più su questi argomenti: