L'intervista
“Sono europeista incallito, vorrei una legge sul fine vita e il terzo mandato”. Parla Luca Zaia
Per il governatore del Veneto “ci vogliono diritti civili e innovazione”. E punta su una politica del buonsenso: "Vogliamo cristallizzarci sull’ideologia del momento o cercare di diventare il paese dei giovani? La politica deve garantire le libertà, non limitarle"
Venezia. E’ cauto quando serve (“sulla castrazione chimica di Salvini non rispondo”), a tratti sembra il protagonista di una nuova destra (“ci vorrebbe una legge sul fine vita”), ma forse alla fine è soltanto che lui è il Doge del Veneto, Luca Zaia, una repubblica indipendente nella Lega: “Sono libero. Dunque le dico che sono anche un europeista incallito". Alla faccia di chi strizza l’occhio a Le Pen e AfD. E ancora: “Gli immigrati andrebbero accolti dignitosamente, anche se è certo che non possiamo accogliere tutta l’Africa”. Non si sente un eretico? “E’ questione di buonsenso: vogliamo cristallizzarci sull’ideologia del momento o cercare di diventare il paese dei giovani?”. Una parola. E come si fa? “Innovazione, diritti, leggi young-friendly. La politica deve garantire le libertà, non limitarle”. A fine luglio il sistema sanitario veneto è stato il primo a fornire a una paziente oncologica il farmaco per il fine vita – “non suicidio assistito”, ci tiene a sottolineare lui. “E’ stata una risposta di civiltà”.
Ed è sorprendente Luca Zaia, anche se forse soltanto per chi non ha osservato le sue mosse, spesso sapienti, degli ultimi anni. “So che molti non condividono questa mia posizione sul fine vita”, spiega. Ed è certamente così. I primi a non condividere sono i leghisti. “Ma da presidente ho delle responsabilità”, obietta lui. “E non siamo ipocriti: con le cure di oggi si può arrivare ai limiti dell’accanimento terapeutico. Dunque, quando si ricevono certe richieste da un cittadino, non dobbiamo lasciare che sia il tempo a risolvere un quadro clinico irreversibile. Se capitasse a me vorrei poter decidere. Lo ha già stabilito la Corte costituzionale. Ora serve una legge ad hoc”. Ed è certamente vero che Zaia, da buon doge, appunto, certe cose può dirle senza timor di rappresaglia. “Perché ho il massimo rispetto dei miei compagni di viaggio, delle opinioni di tutti”. Avanti, allora. “Sono un europeista incallito”. Nella Lega forse un po’ meno. “Come diceva Giambattista Vico, la storia è fatta di corsi e ricorsi. Momenti di alto e basso consenso: il Carroccio sappiamo dov’è. Punto. Le idee camminano sulle gambe delle persone. E quindi noi dobbiamo investire su quelle giuste”. Sono giuste, le persone al comando nella Lega oggi? “Il dibattito è inevitabile, all’interno di una forza politica identitaria e pluralista. Ma possiamo ancora dire la nostra”. Zaia è un equilibrista nato: il nome di Salvini non lo fa mai.
E infatti il governatore scantona dalle domande troppo dirette: la castrazione chimica? “Su questo non intervengo. Ma certo lo stupratore è un delinquente e occorre un inasprimento esemplare delle pene”. Un colpo al cerchio. “L’emergenza migranti? Accoglierli dignitosamente è una questione di umanità”. E uno alla botte. “Ma tutta l’Africa in Italia non ci sta: è inutile fare i fenomeni a parole. Meno di uno sbarco su dieci riguarda i rifugiati di guerra. Io partirei da qui: il governo è davanti alla tempesta perfetta, con oltre 200 mila arrivi entro la fine dell’anno. Ma sta già facendo l’impossibile. L’Europa invece no e questo è uno scandalo”.
E dev’essere così, con questo equilibrismo, che si sopravvive, in regione. Uno, due, enne mandati. Si ricandiderà per il terzo, anche se la legge lo vieta per adesso? “La mia posizione è sempre la stessa”, dice il presidente in merito alla terza rielezione. “L’Italia vuole avere protagonista il cittadino o i partiti? E’ vergognoso che qualcuno giustifichi il blocco della terza elezione sostenendo che altrimenti si creano centri di potere per sindaci e governatori. Ed è un’offesa all’intelligenza di chi vota: perché allora i parlamentari possono restare a vita?”. Eppure era stata la prima giunta Zaia ad approvare il blocco dei mandati in Veneto. “Perché bisognava adeguarsi alla legge nazionale: siccome siamo diligenti, noi l’abbiamo fatto prima degli altri”. Frecciatina autonomista. “E qui rispolvero Napolitano – ah, le citazioni! – che non è un leghista: fu tra i primi a riconoscere che l’autonomia è una vera assunzione di responsabilità. Questo paese vive nel medioevo istituzionale e può arrivare a un nuovo rinascimento, che non è la secessione dei ricchi. Finora il governo Meloni ha dato ottimi segnali: è stato l’unico a conferire l’obbligo dei Lep e ad approvare un ddl dedicato. Se non ci arriviamo per scelta, ci arriveremo per necessità. L’autonomia fa parte del programma tanto quanto il presidenzialismo”.
Dove può arrivare Zaia, invece? Non è che ad arroccarsi in regione si rimane eterne promesse nazionali? “Voglio dirlo a tutti gli esperti di politica: alla mia successione manca ancora tanto. Alla mia eventuale successione”, aggiunge. “Perché se passa lo sblocco dei mandati...”. Già. “Ma vi rendete conto cos’è successo negli ultimi tre anni? Pandemia, guerra, Conte bis e Draghi. Di tutto. Dunque nei prossimi tre saremo in una nuova era glaciale. Stiamo tutti tranquilli”.