Il capo di Forza Italia, in viaggio a Pechino, ora deve capire come uscire dalla Via della Seta evitando ritorsioni commerciali
Deve sembrargli quasi una beffa: proprio ora che il suo ruolo gli concede l’onore della massima visibilità, ritrovarsi a constatare che questo privilegio coincide anche con una rogna clamorosa. Per l’Italia, certo, ché l’uscita dalla Via della seta, per quanto obbligata, pone incognite e rischi notevoli. E pure per lui, per Antonio Tajani, per la sua immagine di leader ancora da consolidare. Perché ovviamente, se da capo della Farnesina è volato a Pechino per avviare le pratiche della separazione, da capo di Forza Italia è impegnato ad accreditarsi come il riferimento nel governo di quel mondo delle imprese che un’eventuale ritorsione commerciale da parte della Cina la teme e la paventa. Ministro degli Esteri e un po’, nelle sue ambizioni, anche di Confindustria. E la Via della seta che sta lì, a evidenziare la difficoltà di conciliare i due fronti. Si spiegano così, del resto, anche certe sue azzardate dichiarazioni non proprio concilianti verso gli Usa dei giorni passati.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE