L'evento
Reportage dalla festa Pd di Ravenna, dove Schlein appare un'aliena
La leader dem torna domani per accogliere Yolanda Dìaz Pèrez, ministra del Lavoro e leader di Sumar. Intanto in Romagna, tra rane fritte e sardine, si fatica a capire il fenomeno Elly
Ravenna, dal nostro inviato. I piatti forti della serata sono rane fritte (ma anche al sugo) e sardine. Nel senso di Mattia Santori, piccolo Che Guevara sotto le Due Torri, ora consigliere comunale, iscritto al Pd e con i famosi riccioli diventati d’argento, qua e là. “La nostra impresa nel 2019 fu epica, poi è finita male, ma il Pd di Elly è sardinizzato”, dice con un sorriso sincero. Lei, la Schlein non c’è, è a Parigi in mini tour fra Ustica e Socialisti francesi. Tornerà domani alla Festa dell’Unità per accogliere, assieme ad Andrea Orlando, Yolanda Díaz Pèrez, già ministra del Lavoro e leader di Sumar, il soggetto politico incaricato di mettere insieme le varie sigle della sinistra spagnola, che sostiene il governo di Pedro Sánchez. “La Festa? Pensavamo peggio, anche se non c’è paragone con qualche anno fa: gli stand occupavano il doppio dello spazio di oggi”, racconta Massimo, addetto alla sicurezza e anche Katanga della Cgil. Lui ha votato Stefano Bonaccini e alla fine da rapido sondaggio qui tra i padiglioni si capisce perché le primarie abbiano ribaltato l’esito dei congressi dei circoli. Il comunista romagnolo, quello alla Maurizio Ferrini, ancora fatica a capire il fenomeno Elly. E’ come se ci fossero due partiti nel partito, non ostili fra di loro, ma non ancora amalgamati. Ilva Fiori, da Lugo, sostiene la segretaria per una questione di rottura. E la vorrebbe convincere a smetterla di appoggiare l’Ucraina: “Putin è un fascista, ma pure quell’altro...”.
Il nuovo Pd sa di essere sott’osservazione: non c’è stata solo la sostituzione di un gruppo dirigente con un altro. Sempre da rapido sondaggio esce fuori un altro dato abbastanza curioso: Matteo Renzi sta sul gozzo a tutti. Più di Giorgia Meloni. Tra gli stand, fra le mitiche cuoche che dispensano cappelletti al ragù, tutti ce l’hanno con l’ex segretario. Ma ne commentano comunque le scelte politiche con la curiosità degli ex fidanzati che non ti perdonano. “E’ un provocatore, ma dove va alle europee?”. “Il ruolo di Elly sarà proprio questo riportare il Pd alla ditta di Bersani, quella mi piaceva”. Parentesi: l’ex segretario è stato accolto alla Festa come una divinità. Con quattrocento persone che lo applaudivano in piedi tipo standing ovation. Nessuno ha avuto questo tributo. Nemmeno la nuova leader. Che intanto ieri accompagnata dal sindaco di Bologna Matteo Lepore è sbarcata direttamente davanti alla vecchia sede del circolo socialista della rue Saint-Jacques, non lontano dalla Sorbona. La famosa estate militante sta per finire e alla fine nessuno ha capito bene quale sia stata la conquista portata a casa dal Nazareno. Forse la battaglia sul salario minimo, cavallo scippato al M5s di Giuseppe Conte.
Anche l’avvocato del Popolo passerà da qui. Anche se lo staff della leader non gli ha dato l’onore di confrontarsi con Elly, ma al contrario lo farà dialogare con Bonaccini. Piccole perfidie, anche perché Conte in queste circostanze funziona, piace a chi ha i capelli bianchi. Le regole d’ingaggio sono state preparate in maniera certosina. Il partito che vorrebbe fare la festa alla destra alla fine non l’ha invitata. “Ma come no! Dove venire Calenda, ma alla fine ci ha dato buca”. Ma Calenda non è di destra. “Questo lo dice lei”, scherza ancora l’addetto alla sicurezza di questo presepe della sinistra: stand Anpi, Cgil, quattro ristoranti molto rinomati, diverse sale per i dibattiti, libreria militante abbastanza spaziosa e fornita. E comunque nessuno esponente del centrodestra è stato invitato. E tutto questo, oltre a essere forse un’occasione sprecata, è sicuramente una chiusura da piccolo mondo antico. “Stiamo portando una nuova cultura tra i nostri iscritti e militanti. E comunque cerchiamo di stare al passo coi tempi: il Covid ha cambiato tutto. A partire dalla partecipazione”, dice Marwa Mahmoud, in segreteria nazionale con la delega alla scuola politica.
La fila è per le rane fritte, una ghiottoneria che non si trova spesso. Santori, l’ex capo delle sardine, dice che insomma il Pd sta cambiando e che la sua esperienza ha contribuito ad accelerare questo processo. Sembra di stare alle prese con una Cosa 2. Da una parte ci sono i militanti, quelli che non votarono Schlein, dall’altra c’è tutto il gruppo parlamentare che non l’ha scelta e in mezzo c’è il nuovo gruppo di testa che chiamano “gruppettari” in quanto sono abbastanza settari e malfidati. Tortello magico, certo. “A volte abbiamo ancora la percezione di avere tutti contro, ci manca la terra sotto i piedi: la nostra è stata una mezza rivoluzione”, dice ancora Mahmoud che è anche consigliera comunale a Reggio Emilia, città che sogni di amministrare con la fascia tricolore. Da Roma sono venuti a dare manforte i dipendenti del nazionale, del Nazareno, quelli che adesso rischiano di rimanere per strada. “Confidiamo anche nel nostro salario minimo”. La sala dibattiti continua a macinare ospiti. Adesso per esempio sta parlando il responsabile nazionale per l’Università: è Alfredo D’Attorre, ex bersaniano uscito ai tempi di Renzi ed entrato in articolo Uno. “Stiamo andando bene, questo è un laboratorio, gli incassi sono superiori alle attese”, dice Taruffi, capo dell’organizzazione. Anche lui ha preso la tessera del partito quando ne è diventato dirigente. Seguirà tombola e concerto. “Ciao mare”, come da successo di Casadei.