Il retroscena
Meloni dà l'amaro calice alla maggioranza: realismo sulla manovra. E Salvini attacca Gentiloni
La premier riunisce il centrodestra: aperitivo e Finanziaria. Giorgetti non si presenta. Il leader della Lega attacca il commissario Ue: gioca con la maglia di un'altra nazionale
A momenti faceva pagare loro anche l’aperitivo. Il vertice di maggioranza – presentato come una riunione tra colleghi con tartine e prosecchino – è servito a Giorgia Meloni per portare tutti sul pianeta Terra. E far bere al centrodestra l’amaro calice: bamboli non c’è un euro, altro che assalto alla diligenza. Il governo pensa a una manovra da una trentina di miliardi di euro, di cui venti-venticinque sono tutti da trovare. Prima notizia, il grande assente: Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia con il mal di pancia per via del buco ereditato con il Superbonus, ha preferito marcare visita. Scelta tecnica di un politico che dice di voler sentire parlare solo di numeri. Un avviso ai naviganti, ma anche ai due vicepremier che al contrario si sono presentati nella Sala verde. E cioè Antonio Tajani e Matteo Salvini. Il leader della Lega, giorgettianamente, sembra abbassare le pretese: “Non corriamo i cento metri, ma la maratona”.
E così visto che la Finanziaria sarà complicata e a rischio delusione delle promesse elettorali, Salvini ha deciso di cambiare strategia. Dicendo in chiaro ciò che anche Meloni pensa, come raccontato dal Foglio. E cioè che in Europa ci sarebbe un commissario anti italiano, anche se romanissimo come Paolo Gentiloni. Accusato di “giocare con la maglietta di un’altra nazionale. Più che dare suggerimenti, elevava lamenti e critiche”. E questo affondo, dunque, sembra rientrare in una strategia chiara che già si scorge all’orizzonte: se la manovra sarà al di sotto delle aspettative, la colpa sarà anche e soprattutto dell’Europa, dei burocrati e di Gentiloni, commissario agli Affari economici e pure del Pd.
Meloni ha deciso di riunione leader e capigruppo della sua maggioranza dopo la cena della sera prima (si è pagato alla romana: ciascuno per sé) con gli eletti, i ministri e i sottosegretari di Fratelli d’Italia. Lo stringiamoci a coorte della premier però non sembra aver sortito effetti. Perché ieri mattina, alla prima prova utile, la maggioranza ha rischiato di andare sotto in commissione Lavoro della Camera, presieduta dal meloniano Walter Rizzetto, sul dl Caldo. Lavori sospesi al momento del voto, quando il pallottoliere ha lanciato l’allarme. E chissà, se per l’ennesima volta, la presidente del Consiglio davanti a questa notizia non abbia esclamato: “Ah, quando c’era lui!”. Riferendosi a Francesco Lollobrigida, ora ministro, ma nella passata legislatura guida sicura della minuta pattuglia parlamentare di FdI. E dunque rimaniamo concentrati, gli italiani ci guardano. E’ stato il messaggio ripetuto da Meloni nel vertice pre cena di ieri, con la regia del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, ancora di più fulcro della comunicazione politica del governo. Cosa pensa la premier della manovra che sta per iniziare a prendere forma già si sa: lo ha detto, e fatto diffondere, al primo consiglio dei ministri post vacanze. La prima scadenza sarà quella del 27 settembre. Entro quella data c’è da presentare alle Camere la Nadef, la Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza. E cioè il paper di riferimento per lo scenario macroeconomico che servirà per indirizzare il lavoro dell’esecutivo. Per il resto l’ossatura sembra chiara: taglio del cuneo fiscale, le pensioni e un provvedimento per le famiglie per combattere la denatalità. E l’intendenza seguirà. Forse.