sulle ali del complotto
Tutte le panzane alla base della tesi sovranista per cui Bruxelles vuole sabotare Ita e Lufthansa
Complotto made in Ita. Meloni agita congiure, ma non forza con la Commissione europea. L’irritazione tedesca
Dunque, le cose starebbero così: la Commissione europea, cioè von der Leyen, soggiogata da AirFrance, cioè da Macron, sabota la fusione tra Ita e Lufthansa per fare un dispetto a Roma e a Berlino, cioè a Meloni e a Scholz. È certo il più inverosimile, tra i tanti inverosimili complotti partoriti dalle migliori menti del sovranismo italico. Che tuttavia, e non sarà un caso, non osano fare la mossa che da sola varrebbe a smontare l’intrigo ordito ai loro danni.
Se davvero a Palazzo Chigi e al Mef sono certi che ogni possibile obiezione all’operazione è pretestuosa, che ogni approfondimento richiesto da Bruxelles è null’altro che una mossa dilatoria, potrebbero provvedere a notificare ufficialmente l’avvio della transazione. E a quel punto i perfidi ostruzionisti europei avrebbero 25 giorni appena per esprimere il loro parere. Se però dal governo italiano nessuno sollecita davvero questo azzardo, se nessuno pensa sul serio di stanare von der Leyen (“Nessuna notifica formale è stata comunicata ai nostri uffici”, ci spiegava ieri un portavoce della Commissione), è perché evidentemente i dubbi ci sono, e anche ai vertici di Lufthansa, come ben sanno a Bruxelles, hanno interesse che il negoziato preliminare, volto a risolvere in anticipo eventuali complicazioni, prosegua in modo fattivo, senza grande cagnara, senza attribuire una valenza politica a un’operazione che è essenzialmente commerciale.
Tanto più, e questo è forse un punto ancora non definito, nella polemica agitata da Meloni, che nell’analisi che la Commissione condurrà, ci sarà anche una verifica sull’effettivo stato di attuazione del piano industriale di Ita: è stato sulla base di precisi impegni che nel settembre del 2021 Bruxelles ha sollevato la nuova compagnia dalle grane pendenti sulla progenitrice Alitalia. Davvero è saggio aizzare il trambusto, insomma?
E forse anche per questo del “caso diplomatico” che alimenta il dibattito in Italia non c’è alcuna traccia – neppure una riga – sui quotidiani tedeschi. Del resto, su oltre 400 fusioni o acquisizioni su cui l’Antitrust europeo avvia controlli, sono una o due l’anno quelle che vengono bocciate. Perché dunque drammatizzare?
E con che argomenti, poi. Anche a voler andare oltre lo studio delle procedure, dunque prescindendo – e non è detto che sia un bene – dal merito, bisognerebbe dunque credere che la Commissione europea, guidata dalla tedesca von der Leyen, brighi in modo subdolo per mandare in fumo i piani di un’impresa tedesca – su cui il governo di Berlino è sempre molto sensibile – e che in passato, anche quello recente, se mai è stata soggetta all’arbitrio dell’esecutivo di Bruxelles è stato sempre per vedersi trattata con ogni riguardo. Il caso del contributo di sei miliardi concesso a Lufthansa dal governo federale, accordato dalla Commissione con una facilità così eccessiva che la stessa Corte di giustizia dell’Ue è intervenuta per stigmatizzare l’operazione qualificandolo come aiuto di stato, è solo l’ultimo e il più eclatante.
Ma c’è di più. Perché la regista di questo piano malefico, nelle ricostruzioni concesse dai comunicatori di Palazzo Chigi alla stampa, sarebbe Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione e responsabile della Concorrenza, che s’è mossa d’intesa con Parigi, dove temono che l’intesa tra Ita e Lufthansa danneggi AirFrance. E pure qui, oltre alla logica, si fa torto alla cronaca. Perché se Vestager negli ultimi tempi ha avuto un nemico è stato proprio quell’Emmanuel Macron che, per stare ai fatti più noti, due mesi fa ha pubblicamente criticato la commissaria per avere scelto un’economista americana, invisa all’Eliseo, come responsabile economica della direzione generale Concorrenza di Bruxelles. E l’attacco è stato così frontale che Vestager è stata costretta a silurare la funzionaria appena assunta. Una rottura talmente clamorosa che è stata notata pure dai diplomatici italiani, i quali hanno, non a caso, convinto Giancarlo Giorgetti che la candidatura di Vestager alla presidenza della Bei, in concorrenza con Daniele Franco, fosse decaduta proprio in virtù del dissidio con Macron. Tutto ribaltato, ora, quindi?
Chissà. Di certo c’è che le procedure ufficiali dal governo italiano vengono volutamente disconosciute, visto che Meloni e Giorgetti sulla questione Ita hanno sollecitato l’intervento di Paolo Gentiloni, commissario all’Economia che nulla ha a che vedere col dossier. E lo hanno fatto aprendo pubblicamente un contenzioso senza aver neppure, prima, contestato informalmente le storture di cui si ritenevano vittime.