La riflessione
La norma e l'odio: il caso “squisitamente politico” del generale Vannacci
Rovesciare e abusare della nozione di diritto come valore senza concreti contenuti senza sapere nulla del dovere civile, religioso e morale di non odiare
Fino a quando un generale dell’esercito del mio Paese dirà di avere il diritto di odiare coloro che definisce “non normali”, io innocentemente potrò dire di odiare lui. Non perché ne senta il diritto, ma perché ne sento il dovere. Brutta storia, questa. E il nostro caro presidente Sergio Mattarella lo ha detto subito: che cos’è una società nella quale si può rivendicare il diritto all’odio? Che società, che stato possono essere quelli in cui un generale dell’esercito pubblica un libro per rivendicare il proprio diritto di odiare tutti coloro che non ritiene normali? Ma allora del diritto di ogni singolo soldato di esprimere il suo odio per il generale e tutti i suoi superiori che cosa ne facciamo? E con il cristianesimo, come la mettiamo? Al comandamento “ama il prossimo tuo come te stesso” il generale sostituisce “odia il prossimo tuo” ogni volta che ne senti il diritto? Il generale Vannacci abusa della nozione di diritto come valore senza concreti contenuti, ma non sa niente del dovere civile, religioso e morale di non odiare. Ha rovesciato il diritto di critica nel diritto di odio. Il ministro della Difesa Crosetto ha detto subito l’altra cosa essenziale: il generale Vannacci non ha il senso dello stato, al cui servizio ha il dovere di dedicarsi. Quale stato può ammettere come legittimo l’odio fra i cittadini?
Un’altra cosa è certa, ed è stata certificata dalla voce del generale stesso: a non essere normale è anche lui. Ognuno è “non normale” a modo suo e quindi tutta la faccenda può essere cancellata e liquidata. Secondo Vannacci non si può essere nello stesso tempo generali e uomini normali. Provate infatti a fare una piccola inchiesta personale fra gli individui adulti (i bambini li escludiamo) che conoscete chiedendo loro se vorrebbero fare il generale dell’esercito. La percentuale risulterebbe così esigua da rivelare “la non normalità” di quella aspirazione.
Ma la questione non è logica o morale, è (come si diceva una volta a sinistra) “squisitamente politica”. Il nostro generale ha solo fatto il furbo con l’intento di sollevare un polverone per incoraggiare l’istinto all’odio del “diverso” che cova non solo nella peggiore destra ma anche (spero di no!) nella aggressività e nel sadismo che sono in crescita nella società e nei social. Ma ci si può anche chiedere: perché per esempio il generale non ha detto di odiare i mafiosi, i camorristi, la ’ndrangheta e ogni individuo impegnato nel crimine organizzato? E poi: odia come generico individuo o odia come generale? Probabilmente odia anche gli islamici, perché in Italia non sono “normali”. Ma perché li odierebbe, se non perché in Italia è normale, invece, essere cristiani, cosa che lui evidentemente non è? Va a messa la domenica, il generale? Dovrebbe farlo, se vuole essere un generale italiano, cioè un rappresentante di quello che senza dubbio è tenuto a considerare l’Occidente cristiano. Non solo, invece, questo generale frequenta poco e malvolentieri la Costituzione repubblicana italiana, ma si mostra anche del tutto ignaro dei più elementari e fondamentali valori cristiani.
Sì, la questione è invece “squisitamente politica”. Il governo di Giorgia Meloni ha dei nemici, alla sua destra. Dopo essere stata eletta, dovendo sensatamente governare in un’Italia che fa parte dell’Unione europea e della Nato, si è lasciata di fatto alla sua destra qualche eredità del passato. E una parte della destra elettorale che l’ha portata al governo ora si risente, non si trattiene e sbotta usando come megafono un generale tanto furbo quanto sprovveduto, che togliendosi l’implicita e doverosa maschera liberaldemocratica, mostra i denti. Questo è anche utile, perché ci fa sapere che quella destra che Giorgia Meloni politicamente si è lasciata a destra, ora cova, tra l’altro, negli alti gradi dell’esercito.
Duole dirlo, ma è utile ricordare che nella vita militare per la liberaldemocrazia non c’è molto posto. Le gerarchie militari, lo stile di vita militare (lo sanno anche i bambini) non trovano normale la sensibilità liberaldemocratica, perché altrimenti la loro macchina organizzativa non potrebbe funzionare. Lì dove gli individui continuamente impartiscono e ricevono ordini che non vanno mai discussi, esattamente lì si coltiva uno specifico, professionale sadismo morale, sempre sul punto di tradursi in sadismo fisico. L’esercito può anche dichiarare (deve farlo) di essere al servizio della nostra democrazia, ma al suo interno non può permettere la democrazia. E’ una vecchia storia ben nota a tutti e di cui mai nessuno parla. E’ democratica la vita di caserma? Ma facciamo un passo più in là. Che cosa sono, che cosa sono stati i totalitarismi e le dittature se non la militarizzazione di tutta la società? Cioè la formale e sostanziale applicazione dello stato di guerra in tempo di pace? E’ la ragione per cui l’estensione del diritto all’uso privato delle armi da fuoco introduce uno spirito di guerra nella vita sociale.
Proprio così. E se è vero che il mestiere di militari è quello di saper passare a vie di fatto, traducendo prontamente il pensiero in azione, ecco che i pensieri di “odio giustificato” diventano l’anticamera della violenza. Se il generale Vannacci afferma furbescamente di essere lui stesso un essere umano “non normale” come pensa che siano gli omosessuali, i protestanti, i socialisti, gli ebrei, gli africani, gli intellettuali, allora si prepari a essere odiato da tutti coloro che sono oggetto del suo odio. Anche lui, in quanto militare e generale, fa parte di una poco normale minoranza. Evviva! E tanti auguri a tutti! In effetti io, quando ho davanti a me un generale, per qualche ragione non mi sento al sicuro.