L'editoriale dell'elefantino
Berluscones d'amore e d'accordo per una successione esemplare
Destabilizzatore sommo, il Cav. aveva un grande ego, ma non era Logan Roy, l’eroe nero della famosa serie "Succession"
Chi lo avrebbe mai immaginato, specie tra coloro che lo avevano descritto come un caimano, uno che incendia le istituzioni quando se ne va per tornare più aggressivo di prima, uno da bloccare con leggi speciali e colpi di stato, l’idea del compianto Asor Rosa, uno che aveva distrutto l’economia italiana e inquinato il sublime equilibrio del capitalismo delle grandi famiglie? Berlusconi è stato per due decenni e più il simbolo del disordine italiano, la sentina dei vizi nazionali, l’educatore al greed, all’avidità, alla competizione senza scrupoli, all’individualismo che rompe i legami sociali e ogni solidarietà, un eroe negativo da fumetto per la metà del paese che lo detestava e per gran parte dell’opinione coltivata e riflessiva della stampa internazionale.
Ora basta pensare alla saga dell’eredità Agnelli o a quella, in altra e minore misura, della famiglia De Benedetti o Del Vecchio, gran ricconi dell’establishment solido, coeso, operoso e soi disant razionale, per rivedere i pregiudizi astiosi sulla famiglia Berlusconi. L’uscita definitiva di scena del tycoon che ha rivoluzionato il paese, lasciandogli un sacco di insulse ma avvincenti bellurie e l’unica riforma liberale di cui fummo infine capaci dopo centotrent’anni di unità italiana passati in una successione di regimi e consociazioni e dissociazioni senza regole, l’alternanza alla guida dello stato, ha un po’ sorpreso perfino i suoi amici, noi tra questi, figuriamoci la grande orda dei demonizzatori. Per adesso, almeno, quel che si vede è l’opposto di quel che si era pensato con accanimento negli anni belli dell’antiberlusconismo da orda e da ordalia.
I berluscones sono gente che si accorda senza trappole, i figli di due matrimoni ricevono nella successione il dovuto, vanno d’amore e d’accordo, ciascuno sembra avere il suo posto malgrado le rotture familiari, fratelli coltelli va giusto per altre famiglie, non quella delle cartoline di Natale sbeffeggiate dai detrattori, l’equilibrio aziendale tende a essere preservato, non emergono torti e dissidi, buchi e destabilizzazioni finanziarie, il destabilizzatore e disintermediatore sommo, l’uomo che stracciava le regole consolidate per imporre il suo ego assoluto di vincente ha lasciato questo mondo con una buona parola e donazioni per parenti e amici e compagna, che a quanto si dice verranno onorate dagli eredi, fratelli e come si diceva una volta fratellastri, in quota proporzionale, senza discutere o addirittura accapigliarsi. Con le tasse tutto a posto.
Berlusconi nel ricordo del vero contro l’aura del falso lascia un equilibrio familiare e amicale invidiabile, non era Logan Roy, l’eroe nero della famosa serie, era lo showrunner di una vicenda in cui il management e i figli, con tutte le tremende tensioni della scelta politica, dell’appassionata persecuzione giudiziaria, si sono agglutinati in una cosa seria, in un gruppo lontano dall’idea sciocca della banda, della consorteria predatoria. Perfino la politica, che è la parte se vogliamo supereroica del personaggio, riceve un lascito ridimensionato rispetto ai tempi d’oro ma consistente, conforme alle premesse moderate d’antan.
Il demonio del conflitto di interessi ha lasciato una conglomerata assennata di interessi componibili e composti, di solidarietà e combinazioni che potevano essere inattese dato il suo modo di fare paradossale e egolatrico, dati i suoi pregi incandescenti come i suoi difetti, data la sua tendenza a incorporare nella parabola personale la storia recente di questo paese e addirittura l’antropologia di un’Italia che i suoi avversari e nemici scongiuravano come l’avvento di un regime diabolico e radicalmente insano. Il Cav. che emerge dalla successione appare invece l’attore di una serie finale di passaggi miti, e molto più regolati e istituzionali di quelli delle grandi famiglie che una volta lo avevano escluso o usato o sinceramente detestato. Sarà la combinazione tra la discrezione leggendaria della prima moglie e madre o dello steinerismo della seconda moglie o del tatto squisito di amici e collaboratori chissà, forse c’entra anche la sua personalità che debordò ma seppe chiuderla come si dice in bellezza, quella parabola.