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Com'è possibile che l'incidente aereo di Torino sia diventato un conflitto tra destra e sinistra

Salvatore Merlo

È iniziata la lunga campagna elettorale per le europee e così una tragedia si trasforma in un dibattito tra pacifisti e bellicisti, internazionalisti e patrioti. Siamo una società divisa in stati. E ha la supremazia lo stato di ubriachezza

“Le Frecce tricolore vanno abolite”, si legge in un’intervista sulla Stampa. Mentre su Libero: “Chi le attacca, attacca la patria”. Ecco. Come un tragico incidente aereo quale quello occorso all’aeroporto di Torino pochi giorni fa possa essersi trasformato in un intenso dibattito tra pacifisti e bellicisti, internazionalisti e patrioti, difensori delle Frecce tricolore e strenui accusatori delle Frecce tricolore, insomma tra sinistra e destra, resta per noi un mistero che tuttavia ci rinsalda in una convinzione da tempo maturata specialmente in occorrenza di qualsiasi appuntamento elettorale: siamo tuttora una società divisa in stati. E ha la supremazia lo stato di ubriachezza.

 

Un aeroplano acrobatico militare in fase di decollo va probabilmente a sbattere contro uno stormo di uccelli. Il motore s’inceppa, il velivolo perde quota, il pilota si eietta a pochi metri dal suolo mentre l’aeromobile va a schiantarsi sulla pista d’atterraggio diventando una palla infuocata che travolge le recinzioni della pista, invade una strada vicina e investe un’automobile uccidendo una povera bambina di cinque anni.

  

   

Se i fatti sono questi, e questi in effetti sembrano essere i fatti, una qualsiasi persona che abbia coscienza di sé e dei propri pensieri, insomma una persona che sia capace d’intendere e di volere, minimamente equilibrata, si chiederebbe se l’aeroporto di Torino è sicuro, si chiederebbe quante volte capita che il motore di un aeroplano finisca per investire e masticare dei volatili (pare che capiti una volta ogni quindici minuti nel mondo) e si troverebbe infine forse raggelato dal pensiero che al posto di un piccolo aereo acrobatico biposto potesse esserci quel giorno un grosso aeroplano di linea carico di passeggeri e di carburante esplosivo. Al contrario, ieri, sulla Stampa si leggeva un’intervista alla scrittrice Lidia Ravera: “Le Frecce tricolore sono da abolire subito. Provocano tragedie, sono costose e inquinano”. Poi lei stessa aggiungeva, tuttavia, che “dirlo è quasi una banalità”. Pensate ciò che volete, ma queste si chiamano intuizioni. Ecco. Contemporaneamente, su Libero, ci si diffondeva invece nella difesa delle Frecce tricolore in quanto ci richiamano tutti “al concetto di patria”. Chiaro, no? Ma né la patria, né i costi, né l’inquinamento, e nemmeno la funzione di stormo acrobatico delle Frecce tricolore, hanno evidentemente una qualsiasi relazione con l’incidente di Torino e con gli uccelli che hanno impallato il motore dell’aereo.

   

Superata la prima impressione, cioè quella di trovarci di fronte a delle menti giunte alla frontiera del Cottolengo, arrivati insomma al termine di questo balletto al quale tutto arride, tranne un senso, ci chiediamo se questo dibattito così profondo da far impallidire quello estivo intorno al generale Vannacci, sia stato “sturato” (il verbo è dei più adeguati) dalla concomitanza con la lunga e già stordente campagna elettorale per le europee. Temiamo di sì. E temiamo ancora di più per il prossimo argomento di dibattito.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.