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L'inerzia nella gestione dei flussi migratori nutre sospetti sulle istituzioni
Lo stato non può assistere impassibile a un fenomeno tale da destabilizzare l’assetto sociale della sicurezza, dell’abitazione, del lavoro, della scuola e della salute. Allo stesso modo l’Europa non può permettere disparità di trattamento tra le varie nazioni
Considerando che l’intera popolazione dell’Africa non può stare in Europa, e tanto meno in Italia, e che senza integrazione non si può parlare di vera accoglienza, è fuor di dubbio che il fenomeno migratorio vada opportunamente regolato. Da tempo persiste una situazione di emergenza che pesa moltissimo sotto il profilo umanitario sui migranti e incide negativamente sull’organizzazione e l’economia della società. Questo è drammaticamente vero specialmente per l’Italia, che si ritrova a essere la porta del continente sul Mediterraneo. Diversi attori sono in campo. La società civile, che soprattutto nel volontariato ha espresso una formidabile disponibilità all’accoglienza: essa non va lasciata da sola ad affrontare una questione complessa, che va ben al di là del bisogno di casa, cibo e cura nel momento dell’arrivo in emergenza.
Lo stato non può assistere impassibile a un fenomeno, che ha numeri e impatto tali da destabilizzare l’assetto sociale particolarmente riguardo ai temi della sicurezza, dell’abitazione, del lavoro, della scuola e della salute. L’Europa non può permettere o agevolare disparità di trattamento tra le varie nazioni ed è chiamata a promuovere una politica comune rispetto all’accoglienza dei migranti con adeguata attenzione alla vera integrazione, che non può prescindere dalla formazione dei minori, dall’integrazione delle famiglie, dall’effettiva capacità di assicurare dignità e futuro tramite l’occupazione e la legalità. Legalità significa anche non consentire che enormi numeri di persone siano costretti a viaggi rischiosi per la vita mediante una corretta predisposizione e gestione dei flussi e un efficace controllo dei varchi illegali.
E’ sicuramente questo l’aspetto più problematico, non soltanto per la complicata gestione, ma soprattutto perché tocca significativamente la dimensione umanitaria del fenomeno. Tale aspetto va affrontato con urgenza nei luoghi di partenza e di transito. Oltre a interventi umanitari per garantire sicurezza, sostentamento e dignità alle popolazioni più povere, è necessario che gli organismi internazionali preposti affrontino con coraggio e senza ipocrisia tutte quelle situazioni vecchie e nuove di colonizzazione, che impediscono un autentico sviluppo e sono la prima e più significativa causa della costrizione a partire. Non si può infine tacere il sospetto che una colpevole inerzia su tale aspetto corrisponda a una iniqua volontà di perseguire ingiusti interessi e scopi a spese delle persone più povere e vulnerabili.
Mons. Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia
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