Il caso
Violante, la sinistra che piace a Meloni: ora fa il lobbista per le università telematiche
Scelto dalla premier a capo del comitato per gli anniversari nazionali, l'ex presidente della Camera sponsorizza il fondo inglese Multiversity per fare entrare nella Pa gli atenei on line. Imbarazzo nel governo
All’inizio era accolto da un moto di stupore: “Che ci fa qui l’ex presidente della Camera?”. Poi, con il passare dei mesi, Luciano Violante è diventato uno di casa al ministero della Funzione pubblica e a quello dell’Università. L’ex magistrato, già esponente di tutta la filiera Pci-Pds-Ds-Pd con nobile quinquennio pacificatorio a capo dell’assemblea di Montecitorio, oggi presiede la fondazione Leonardo. Trasversale per vocazione e suggeritore per sapienza, ha rapporti di consuetudine – si sa – con Giorgia Meloni.
Tanto che nessuno è caduto dal pero quando la premier lo ha nominato a capo del Comitato per gli anniversari nazionali. Poi Violante ha un hobby, anzi una lobby: è portatore degli interessi delle università telematiche. E in particolare quelle controllate da Multiversity, società gestita dal fondo inglese di private equity Cvc.
Niente di brutto, né di scandaloso, ma di curioso sì, eccome. L’uomo che nel 1996 con un discorso storico porse la mano ai vinti, adesso si batte per far uscire da Salò le università online. In particolare Pegaso, San Raffaele e Mercatorum di proprietà di Multiversity.
E in un caso sembra esserci già riuscito. Perché nelle scorse settimane a sorpresa il ministro della Pa Alberto Zangrillo (Forza Italia) ha firmato un protocollo d’intesa con i tre atenei per “promuovere la collaborazione e lo sviluppo di iniziative congiunte nel campo dell’istruzione e della Pubblica amministrazione sostenendo la formazione dei dipendenti pubblici e la digitalizzazione del settore”.
La notizia ha colto di sorpresa Anna Maria Bernini, titolare dell’Università, e sempre in quota Forza Italia. L’accordo si inserisce nell’ambito della convenzione “Pa 110 e lode ” e prevede agevolazioni economiche per tutti i dipendenti pubblici che si iscrivono a un corso di laurea o a un master di una delle università del gruppo, fino a una riduzione della retta del 50 per cento.
La norma, voluta dal governo Draghi e dai ministri di allora Renato Brunetta e Maria Cristina Messa, non includeva le telematiche per motivi legati a standard qualitativi. Per difendere questo accordo, Zangrillo ha sostenuto, in una lettera inviata al quotidiano Domani, di essersi adeguato a una sentenza del Tar del Lazio. Il caso era nato da un ricorso presentato al Tar dall’Università Unicusano di Stefano Bandecchi, che chiedeva di poter aderire al protocollo per programmare corsi e lezioni per i dipendenti pubblici e non aveva ricevuto risposta dal ministero allora guidato da Brunetta. Il Tar stabilì che il dipartimento della Funzione pubblica avrebbe dovuto almeno fornire una replica, ma nel pronunciamento non è stato indicato alcun obbligo sulla stipula dell’accordo per l’adesione ai protocolli. I vuoti e i dubbi sarebbero stati riempiti, raccontano al Foglio fonti incrociate del governo e vertici dirigenziali dello stato, dalla legittima attività di lobbing di Violante (accompagnato in alcuni incontri anche da un suo ex noto collega magistrato). La vicenda ha creato nel governo, lontano dai riflettori, più di un malumore.
Cattivi pensieri sopiti però dai rapporti speciali che l’ex presidente della Camera può vantare a Palazzo Chigi: da Giorgia Meloni al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Per non parlare della stima di Ignazio La Russa, che lo citò anche nel suo discorso di insediamento a presidente del Senato. Piccola panoramica per non sembrare usciti dal paese delle meraviglie: in Italia esistono 11 università telematiche che rilasciano titoli equivalenti a quelli rilasciati dalle università tradizionali (88 in totale, di cui 68 statali).
La Crui, la conferenza dei rettori, non le rappresenta. Ma è naturale che siano un segmento in fortissima espansione, vista anche l’infornata di assunzioni nella Pa legata alla gestione dei fondi del Pnrr. Adesso c’è un altro fronte che si sta aprendo: riguarda il “decreto Uccidi telematiche” approvato dal governo Draghi nel 2021 e che prevede l’adeguamento degli standard entro il 2025, altrimenti verrà tolta loro la licenza
. Sono in piedi ricorsi al Tar e guerre di pareri per cercare di far slittare e di modificare il decreto. La ministra Bernini sembra inflessibile. I legittimi portatori di interesse sono in azione. Ogni tanto nei dicasteri spunta Violante.