Mef
I fantasmi del Ragionier Mazzotta. Vede fantasmi, vuole lasciare
Accusato dalla destra che sul Superbonus immagina una Commissione d'Inchiesta, il Ragioniere dello Stato sembra Fazzolari. Attacca i suoi colleghi, si difende sui giornali
Si è fazzolarizzato pure il Ragioniere dello stato. Vede complotti come il sottosegretario Fazzolari. Biagio Mazzotta si vuole dimettere. In ufficio dice: “Vogliono farmi fuori”. Il suo ministro Giancarlo Giorgetti chiede ora: “Ma il suo mandato quando scade?”. Stiamo per perdere il cassiere d’Italia. Non scherziamo. Rischia di finire ospite da Bianca Berlinguer. Da un mese, da quando Meloni ripete, come Mario Draghi, che il Superbonus è la truffa del secolo, Mazzotta sembra Sigfrido Ranucci di Report: “Vi mostro i documenti. Non è colpa mia!”. Teme una commissione d’inchiesta sul Superbonus e di finire processato da Giovanni Donzelli. Giuseppe Conte, l’inventore del Superbonus, non ha sfasciato solo il bilancio, ma pure la vita di quest’uomo. Vi raccontiamo oggi come si demolisce un’istituzione. Fino a sei mesi fa, per essere ricevuti da Mazzotta, bisognava chiedergli udienza come il papa, mentre ora parla pure con Lotito, presidente della Lazio, er latino e sugo.
Era il 19 aprile scorso, alla Camera, e Mazzotta, uno che avrebbe dovuto dare un papagno a Lotito, e suggerirgli, “Ma vattene via”; “Cosa vuoi da me?”, non solo lo ascoltava, ma annuiva pure: “Vediamo, discutiamone”. Mazzotta ha 61 anni. Si è formato con quello che resta, a detta di tutti, il miglior Ragioniere dello stato, insieme a Monorchio, Mario Canzio. Nel 2019, quando Conte lo ha nominato Ragioniere, è sembrata la giusta promozione di un uomo macchina, il sempre vice che tocca il cielo con la penna. E’ stato scelto, e non perché fosse il più bravo, ma perché era l’unico ad aver i requisiti che servivano. Democristiano. Oggi si direbbe di centro. E’ al Tesoro dal 1989 e ha ricoperto tutti gli incarichi. E’ stato pure il presidente dei revisori dei conti Rai. Poi è caduto. Ha commesso un solo errore: ha risposto, come la monaca di Monza, a uno sciagurato. Si è fatto intortare da Riccardo Fraccaro, lo stregone che ha inventato il Superbonus, uno che solo in Italia può essere preso sul serio, manco fosse l’ex ministro tedesco Schäuble. Da allora, dal momento in cui Mazzotta non ha compreso le conseguenze dei bonus edilizi, 120 miliardi di crediti fiscali, 12 miliardi di truffe, il Ragioniere, anziché occuparsi di numeri economici passa le sue giornate a cercare i numeri di telefono dei giornalisti. Non si è mai visto un Ragioniere fare il fact-checking con la redazione del Corriere Economia. E’ il primo Ragioniere numero verde. Dal giorno in cui Luciano Capone, sul Foglio, per primo, ha avuto la forza di chiedergli, in maniera puntuale, “Ragioniere, ma lei, sul Superbonus, i conti li ha fatti?”, “Ragioniere, ma come è stato possibile non accorgersi?”. Mazzotta, per difendersi dalla “campagna”, così la chiama, che la destra gli starebbe scatenando, trascorre il suo pomeriggio a setacciare il cestino della mail, compresa la spam: “Ecco, ecco. Ho trovato il documento della mia innocenza”. E’ angosciato. Fa telefonare dagli amici per scoprire quale manovra si ordisce e dimentica che la vera manovra (economica) la deve bollinare lui, come ha già bollinato, padre perdonalo!, il Superbonus. Dicono che sia irriconoscibile dopo aver sentito che la maggioranza vuole istituire una commissione d’inchiesta come quella Moro. Avremo quindi il regista Marco Bellocchio che dopo “Buongiorno notte” girerà il film “Buongiorno calcestruzzo”. Sono ovviamente piccole intimidazioni della politica che il suo predecessore, alla Ragioneria, Daniele Franco, conosceva bene. Tutte le volte che la politica lo irretiva, “firma, firma”, Franco rispondeva: “Non firmo e me ne vado”. Mazzotta, no. Nel governo Conte, lui firmava, firmava, come quando in banca vi dicono: “E’ per la privacy, tranquillamente, firmi”. Da quando ha perso Franco, anche Mazzotta ha perso Mazzotta: si è smarrito. Draghi ha sempre pensato di questo Ragioniere che fosse una figura sperimentata, aggettivo che con Draghi squaderna mondi. Quest’estate, Giorgetti ha difeso Mazzotta pubblicamente: “Vado avanti con lui”. Cacciarlo, per il governo, è sconveniente, dato che pure Meloni ha capito “che quando ne cacciamo uno, finiamo per metterne uno più scarso al suo posto”. Mandare via Mazzotta sarebbe difficile dato che il suo contratto dura tre anni da quando Giorgetti gli ha confermato la fiducia. Mazzotta, che fa? Lunedì, al Corriere della Sera, in piena paranoia, e la paranoia genera cattiveria, offre dei nomi alla piazza, come nel Seicento li offrivano i torturati ai preti spagnoli. La colpa, la mancata previsione sui costi del Superbonus, per Mazzotta, sarebbe del Dipartimento Finanze che non gli avrebbe fornito i dati. Una volta fatti i nomi è come nella Colonna Infame del Manzoni. Nessuno ricorda che, a quel tempo, il dipartimento era retto da Fabrizia Lapecorella (ora è all’Ocse). Si punta il dito contro l’attuale capo del dipartimento, Giovanni Spalletta, che però non c’entra nulla. Nei complotti è così: si finisce per dimenticare chi sia la “grande mente”. Ora, la “manovra”, contro Mazzotta, sarebbe, per Mazzotta, orchestrata del capo del legislativo di Giorgetti per prendere il suo posto. E’ Daria Perrotta che al Mef chiamano “la comandina”. Ma ci sarebbe pure l’ispettore capo Giampiero Riccardi, il vice di Mazzotta, che potrebbe ambire al posto di Mazzotta. Ecco cosa accade quando un funzionario comincia ad avere paura. C’è una data che un giorno dovrà essere ricordata come lutto nazionale del funzionario. E’ il 22 dicembre del 2018. Servivano soldi e Rocco Casalino, scherano di Conte, minacciava epurazioni contro “i pezzi di merda del Mef”. Uno di quei “pezzi” era Mazzotta. Ora che è libero pensa di essere minacciato, quando era sotto minaccia pensava di firmare liberamente. La Ragioneria dello stato è morta quel giorno.