l'editoriale del direttore
Finiremo come la Grecia? Magari!
Un premier conservatore europeista e anti trumpiano, un paese che cresce e che abbatte il suo debito, un leader di sinistra pro crescita e nemico del circo mediatico giudiziario. La Grecia di oggi è sempre più simile a un sogno
Finire come la Grecia? Magari. La storia di Stefanos Kasselakis, ormai, la conoscerete. Uomo della finanza. Ex trader di Goldman Sachs. Ricco. Giovane. Outsider. Gay. Fisicato. Sposato con un infermiere americano. E diventato domenica scorsa, a sorpresa, il leader del partito che fu di Alexis Tsipras e, ancora prima, anche di Gianis Varoufakis: Syriza. Obiettivo: realizzare “una grande tenda”, accogliere sotto l’ombrello del suo partito tutte le forze della sinistra, costruire un partito democratico “sul modello americano”, andare a conquistare “gli elettori di centro”. Perché, dice Kasselakis, la Grecia ha bisogno di profili internazionali per competere nel mondo (il premier Kyriakos Mitsotakis, in campagna elettorale, ha fatto spesso leva sulla sua capacità, secondo lui, di avere, tra i politici, la “migliore conoscenza dell’inglese, della finanza e degli affari”). E perché, ha sostenuto ancora l’ex banchiere, “è giunto il momento di costruire il sogno greco di cui abbiamo così disperatamente bisogno”.
Difficile da dire se il nostro eroe Kasselakis avrà la capacità di costruire il sogno di cui la Grecia ha disperatamente bisogno. Più facile dire invece che la Grecia di oggi è sempre più simile a un sogno per chi coltiva il desiderio, il sogno appunto, di avere una politica un po’ meno interessata alla propaganda e un po’ più interessata alla crescita del paese.
Ha un premier conservatore che non si ispira a Trump, che non ha paura della globalizzazione, che non ha timore del rigore, che non ha retropensieri sull’Europa e che usa i pochi spiccioli a disposizione nelle leggi di bilancio non per annunciare tagli alle pensioni ma per scommettere su tagli alle aliquote delle imposte sulle società. Ha un rendimento dei propri titoli decennali che dallo scorso maggio è sceso sotto quello degli analoghi titoli italiani di circa 40-50 punti base. Ha registrato un “upgrade” del giudizio sul debito da parte dell’agenzia di rating Dbrs per la prima volta dalla classe “spazzatura” dov’era finita dai tempi della crisi del debito, nel 2010. È uno dei paesi che ha registrato la crescita del pil più alta, nell’Eurozona, nel secondo trimestre (l’Eurozona, nel trimestre, è cresciuta dello 0,1 per cento, la Grecia, nello stesso trimestre, è cresciuta dell’1,3 per cento). Tra quattro anni, infine, il debito pubblico della Grecia sarà pari al 135,2 per cento del pil, arrivando a una quota che renderà il debito pubblico italiano il più pesante d’Europa (139,4 secondo le ultime stime dell’Ocse).
A tutto questo, ora, si aggiunge anche l’ascesa, alla guida della sinistra greca, di un moderato progressista che, pur dicendosi critico rispetto ad alcuni ingranaggi del capitalismo, non solo sogna di mettere al servizio del suo paese le competenze acquisite da uomo della finanza, ma sogna anche di combattere le diseguaglianze attraverso le leve della crescita. E per crescere come la Grecia meriterebbe, ha detto Kasselakis, una delle leve più importanti indovinate qual è? “Portare avanti riforme drastiche del sistema giudiziario, attraverso l’imposizione di un termine decisionale di tre anni per le controversie commerciali, consentendo la rappresentanza legale a distanza, richiedendo che tutti i casi di appropriazione indebita di fondi pubblici siano esaminati in un tribunale di primo grado entro tre anni”. In sintesi: basta perdite di tempo dei tribunali, basta pieni poteri dei pubblici ministeri. Risultato? L’equivalente dell’Anm greca (l’Unione dei giudici e dei pubblici ministeri: Ede) da mesi ha preso di mira Kasselakis. E poche ore prima delle primarie, l’Ede ha chiesto al candidato alla leadership di Syriza di smentire una frase che gli sarebbe stata attribuita: “Se si riesce a liberarsi di questo sistema di giudici e giornalisti, allora il paese potrà muoversi e andare avanti”.
Un premier conservatore europeista e anti trumpiano, un paese che cresce e che abbatte il suo debito, un leader di sinistra pro crescita e nemico del circo mediatico giudiziario. Finiremo come la Grecia? Magari.