verso la manovra
Ponte, condono e migranti: i messaggi di Meloni a Salvini
La situazione economica non è rosea ma si può gestire, la Lega un po’ meno. E la premier è contrariata per le fughe in avanti dell'alleato. Crippa: “Ho detto solo ciò che pensa Meloni”
Niente di personale. Ma in un giorno, in sequenza, Matteo Salvini si sente dire dal capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, che gli appalti del Ponte sullo stretto difficilmente partiranno nel 2024. E poi è il suo ministro, Giancarlo Giorgetti, che nel question time boccia qualsiasi condono perché “il governo non ha intenzione di farne”. E infine, mentre il Consiglio dei ministri chiamato a esprimersi sulla Nadef e sui migranti è in corso, si viene a sapere che anche sul core business di Salvini ci sono brutte notizie. E’ scomparso l’articolo del decreto che prevedeva l’intervento della Guardia costiera negli hotspot in caso di arrivi consistenti e ravvicinati di migranti sul territorio nazionale provenienti dalle rotte marittime del Mediterraneo. La Guardia costiera è la leva salviniana, di propaganda e azione, davanti all’emergenza. Niente di personale, sembra voler dire Giorgia Meloni.
Nella maggioranza che governa l’Italia si respira un’aria frizzantina. L’uomo del giorno, in un Transatlantico semideserto, è ancora Andrea Crippa, ex promessa del Monza calcio, che ora gioca nelle Champions delle pallonate dopo le parole contro la Germania per l’utilizzo delle ong e il parallelo con i nazisti ottanta anni fa. Eccolo, il vicesegretario di Salvini con delega al petardo, stravaccato sui divanetti un po’ come i Vitelloni davanti al sole di Rimini (che in verità era quello di Ostia). “Al di là delle mia frase sulla Germania, ho solo ripetuto sull’immigrazione i concetti che ho letto nell’ultimo libro di Meloni. Non capisco dov’è lo scandalo”. Inutile dire che Crippa sembri sempre parlare per conto del suo capo, che poi arriva smussa, tronca e sopisce, ma intanto c’è stato il patatrac. “Matteo è a processo per la storia di Carola Rackete, che è tedesca”. Vuole dire che il governo non lo difende abbastanza in questa vecchia vicenda? “Quando Meloni era all’opposizione sì, ora non so”. Crippa, che nella Lega parlamentare conta, riceve nel suo ufficio di pelle (il divano) le visite dei cronisti curiosi e dei deputati. Poco più in là alla buvette spunta Antonio Tajani, vicepremier e leader di Forza Italia. In un capannello che si trascina avanti e indietro il ministro degli Esteri dice che “Crippa non è un membro del governo, quindi non è quella la posizione del governo”. Il riferimento è alla frase spericolata sulla Germania (“ottant’anni fa il governo tedesco decise di invadere gli stati con l'esercito ma gli andò male, ora finanziano l'invasione dei clandestini per destabilizzare i governi che non piacciono ai social-democratici”). E poi visto che c’è, a proposito del Ponte sullo stretto Tajani afferma che si farà, certo, ma quanto alle risorse in manovra “vedremo cosa si può fare”. Suona così un alert dalle parti di Salvini che rilancia e promette cantieri a partire dal prossimo anno. Potrebbe essere un’altra giornata di ping pong ciarliero però questa volta è il contesto a fare la differenza: è il giorno del Cdm sulla Nadef, la manovra non promette pazze gioie, ci sono le europee ormai dietro l’angolo. E soprattutto Meloni sembra, così la raccontano, abbastanza contrariata per via di queste continue fughe in avanti del suo alleato leghista. Anche perché la situazione economica non è rosea. Lo fa trapelare Meloni a proposito della Nadef. La situazione è talmente critica che, pur rassegnandosi a fare poco, quel poco impone di fare maggiore deficit. E quel deficit in più, per quanto “inevitabile” o quasi in una situazione del genere, per le condizioni in cui è la finanza pubblica italiana, è comunque allarmante.
La risposta dei mercati dirà quanto si fidano di Meloni e Giorgetti, specie dopo fibrillazioni seguite alla tassa sulle banche. La Nadef viene divulgata a mercati chiusi. Il rapporto deficit pil sale al 4,3 per cento, le previsioni di crescita per il 2024 scendono da 1,5 a 1,2. Si va dunque, spiegano dal governo, verso una manovra “seria e di buon senso”. Sono confermati l’aiuto ai redditi medio bassi, la decontribuzione già decisa l’anno scorso, gli interventi a favore delle famiglie con figli e l’attuazione della prima fase della riforma fiscale per proseguire nella politica di riduzione delle tasse e della pressione fiscale. La Nadef è stata inviata a Bruxelles, la coperta è corta. Serve diplomazia con l’Europa – a partire dal Mes e dal patto di stabilità – Meloni lo sa, si volta e vede Salvini.