note per il ministro
Piantedosi si è tirato indietro dal compromesso migratorio. Manuale di negoziazione in Ue
Un’intesa era indispensabile per sbloccare i negoziati con il Parlamento europeo su altri due regolamenti del Patto (che va a vantaggio dell’Italia) e sperare di approvare il pacchetto entro fine legislatura. "Per una battaglia ideologica contro le ong, il ministro italiano danneggia gli interessi del suo paese"
Bruxelles. Sul nuovo Patto su migrazione e asilo Matteo Piantedosi giovedì ha scritto un nuovo capitolo su come non si deve negoziare nell’Unione europea per difendere gli interessi dell’Italia. Il ministro dell’Interno, sorprendendo tutti, si è tirato indietro dal compromesso che era stato raggiunto al Consiglio sul nuovo “regolamento crisi”. Un’intesa era indispensabile per sbloccare i negoziati con il Parlamento europeo su altri due regolamenti del Patto e sperare di far approvare tutto il pacchetto entro la fine della legislatura. Il tempo sta scadendo: l’accordo tra Consiglio e Parlamento deve essere raggiunto al massimo a febbraio. Ufficialmente, per bocca del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il governo italiano si è giustificato con la necessità di studiare giuridicamente il testo e consultare gli altri partner della coalizione. La realtà è che Piantedosi ha chiesto di riaprire l’intesa sul “regolamento crisi” perché, su richiesta della Germania, era stata introdotta una norma di tutela delle organizzazioni non governative che effettuano missioni umanitarie. Giovedì mattina, in una riunione dei tecnici nazionali, il rappresentante dell’Italia aveva dato il via libera al compromesso. Ma quando il testo è arrivato sul tavolo dei ministri, all’improvviso Piantedosi ha iniziato ad agitarsi dietro le quinte con emendamenti da azzeccagarbugli volti a criminalizzare le ong. Il tentativo è stato bloccato dalla Germania. Piantedosi non è intervenuto nel dibattito in sessione pubblica, dove solo Polonia e Ungheria si sono espresse contro il “regolamento crisi”. Poi ha abbandonato in anticipo la riunione per tornare in Italia e incontrare i suoi omologhi di Tunisia e Libia. I diplomatici italiani sono stati lasciati senza direttive per tutto il pomeriggio. In serata la presidenza spagnola del Consiglio dell’Ue ha dovuto arrendersi e rinunciare a far approvare il “regolamento crisi” dagli ambasciatori.
La cronaca del Consiglio affari interni di per sé basterebbe a giustificare l’irritazione dei partner sul modo in cui Piantedosi ha negoziato. “Irritazione”, “incomprensione” e “improvvisazione” sono parole usate da diversi diplomatici giovedì per commentare l’accaduto. Non solo per la forma. Nella sostanza il negoziato di Piantedosi ha lasciato di stucco perché il “regolamento crisi”, contrariamente ad altri testi del Patto migratorio, va a vantaggio dell’Italia. E’ un provvedimento che alleggerisce gli oneri sui paesi di primo ingresso (comprese forme di solidarietà) e allenta le garanzie per i richiedenti asilo (compreso un prolungamento della detenzione). “Per una battaglia ideologica contro le ong, il ministro italiano danneggia gli interessi del suo paese”, spiega al Foglio un diplomatico. Solo un intervento dell’ambasciatore francese, Philippe Léglise-Costa, ha salvato l’Italia da un voto in cui sarebbe stata messa in minoranza. I francesi hanno spiegato che “approvare un regolamento sui migranti favorevole all’Italia con il voto contrario dell’Italia sarebbe stato un errore”, racconta un’altra fonte. Così la presidenza spagnola ha annunciato che aspetteranno qualche giorno in più, senza escludere un’approvazione senza il via libera italiano.
Una tattica simile era stata usata da Piantedosi a giugno, quando il Consiglio Affari interni aveva votato i regolamenti “gestione dell’asilo e della migrazione” e “procedura di asilo”. Entrambi i provvedimenti contengono norme che appesantiscono la responsabilità dei paesi di primo ingresso. Ma è prevista la solidarietà obbligatoria sotto forma di redistribuzione di migranti o aiuti finanziari. Anche allora, all’ultimo momento, Piantedosi sollevò obiezioni e chiese di riaprire il compromesso con modifiche minori. Una era più libertà di rimpatriare i migranti in paesi terzi “sicuri”. L’idea di Piantedosi era rispedire tutti i migranti in Tunisia nell’ambito del memorandum. Ma non aveva fatto i conti con Kais Saied e il rifiuto di riprendersi migranti di altri paesi. Un’altra modifica era la creazione di un fondo per i rimpatri da riempire con i contributi dei paesi che non accettano ricollocamenti. Peccato che, secondo il compromesso iniziale, quelle risorse finanziarie sarebbero finite all’Italia. Il risultato del negoziato di Piantedosi sono stati meno soldi e più migranti irregolari per l’Italia. “È come ai tempi di Giuseppe Conte premier e Matteo Salvini ministro dell’Interno. Chiudevano i porti e pretendevano ridistribuzione, alienandosi partner pronti ad aiutare l’Italia”, dice il diplomatico: “Anche questo governo non sembra avere le idee chiare su quali siano i suoi alleati, i suoi interessi e le sue priorità”.