l'editoriale dell'elefantino
Cara Meloni, inseguire Salvini è antipatriottico
La premier faccia una campagna elettorale da premier, non da capopartito. La sfida ora è abbandonare la demagogia e affermare una leadership seria
Giorgia Meloni non deve scegliere tra Macron e Salvini, come suggeriscono i giornali suoi avversari di principio: è impossibile e una punta ridicolo. Può invece scegliere se fare la campagna elettorale anticipata per le elezioni europee come capo del suo partito o come capo del governo e della coalizione di maggioranza. La differenza è netta. Da capopartito dovrebbe rincorrere la demagogia del suo alleato e contendere i voti del popolo di destra in una spirale che porterebbe a una crisi politica del suo progetto europeo e atlantico, al di là della prevedibile tenuta dell’esecutivo in un’atmosfera febbrile e confusa. Da presidente del Consiglio e capo della maggioranza ha ampi margini per conquistare voti parlando a tutti gli italiani il linguaggio della responsabilità e della concretezza, funzionando da magnete per una vasta area di disillusi della stagione cianciante e trombona che palesemente Meloni ha voluto lasciarsi alle spalle, contraddicendo anche parte della sua identità di oppositrice e di vocale ideologa del cambiamento, scegliendo un’opzione conservatrice che può assumere un’evidenza popolare come azione di governo non parolaia. Ma deve essere esplicita. Deve mettere il suo alleato riottoso nelle condizioni, lui sì, di entrare in collisione o accomodarsi al suo posto di partner importante ma nella sua reale dimensione elettorale e politica.
E’ una scommessa non facile, perché la demagogia entro certi limiti ha sempre funzionato. Ma è l’unica soluzione per creare una leadership che appaia seria e autorevole, e la ruota dei voti può girare se l’impressione nel paese diventasse quella di un capo affidabile nelle istituzioni che contano contro un caporione inaffidabile buono solo a fare comizi alla Papeete. Volete contare in Europa e nel mondo? Volete affrontare in modo decente e risolutivo il dramma strutturale dell’immigrazione? Volete evitare lo scasso dei conti pubblici e fare largo a riforme indispensabili per il benessere generale? Volete proseguire nel primo esperimento alternativo al centrosinistra che si sia conquistato una credibilità, dopo la controversa stagione berlusconiana? Volete battere le pretese dell’opposizione divisa e inconcludente di Schlein e Conte? Non sono una moderata, sono una radicale, ma il mio radicalismo è di governo, sono votata a un progetto, anche di cultura, che riguarda gli italiani tutti, che parla di tassazione, di opere, di lavoro, di sanità, di assistenza, di impiego dei fondi europei, di politica estera e di sicurezza integrata, sono disposta a trattare duramente con francesi e tedeschi e ho le mie alleanze nel Parlamento di Strasburgo, ma non intendo rompere il ciclo di una nuova affidabilità italiana, e chiedo l’appoggio della nazione o del paese per andare avanti senza farmi distrarre da trombonate varie.
Questi non sono consigli, per i quali non ho titolo alcuno. Sono elementi di analisi in forma di suggerimento, cose che qualcuno intorno a Meloni forse pensa forse no, ma che sono comunque nell’aria e riflettono il momento politico e i suoi dilemmi. Mettersi sulla scia della demagogia di partito (altrui) sarebbe alla lunga e nel medio termine esiziale per la credibilità di governo e istituzionale di Palazzo Chigi. Sarebbe negativo per gli interessi italiani. Sarebbe, per usare il loro linguaggio, antipatriottico.