Il caso
Il Pd e l'espulsione dal Pse dello slovacco Fico
Lo xenofobo e filoputiniano leader della sinistra in Slovacchia è incompatibile con i valori del Partito socialista europeo. Elly Schlein ha tante ragioni e tutto l'interesse politico a fare una battaglia in Europa per la sua espulsione
“Vi chiediamo di riconsiderare l’appartenenza dello Smer al vostro gruppo e partito. In questi tempi difficili è necessario mostrare i nostri valori democratici e spingere la retorica pro-Cremlino e fascista fuori dal mainstream della politica democratica europea”. Un anno fa è stato un gruppo di liberali e popolari slovacchi a chiedere al Pse di espellere il partito dell’ex premier Robert Fico, ora quella battaglia dovrebbe combatterla il Pd.
All’epoca, i deputati europei slovacchi di Ppe e Renew chiesero alla presidente del gruppo socialista S&D Iratxe García Pérez e al presidente del Pse Sergej Stanišev, in nome dei comuni valori europei, di mettere alla porta il partito socialista slovacco Smer per il suo sostegno a Putin dopo l’invasione dell’Ucraina e per la collaborazione con partiti nazionalisti. Ora il quadro è analogo, ma molto più complicato e imbarazzante per la famiglia dei socialisti.
Perché il populista Fico, l’ex premier autoritario, no vax, xenofobo e filoputiniano travolto da scandali giudiziari dopo l’assassinio di un giornalista che indagava sul suo sistema di potere, ha appena vinto le elezioni ed è a un passo dal tornare a guidare il governo. In una fase molto delicata per il suo futuro, l’Europa potrebbe ritrovarsi con un altro Viktor Orbán, che non a caso è stato il primo a congratularsi con il suo clone di sinistra per la “vittoria indiscutibile”. In realtà la vittoria a Bratislava non è così indiscutibile, nel senso che Fico ha ottenuto il 23% dei consensi e per formare una maggioranza ha bisogno del sostengo di un partito di estrema destra (che ha già) e del partito socialista europeista Hlas, guidato da Peter Pellegrini, e nato proprio da una scissione dal partito di Fico.
In questo contesto, l’espulsione del partito Smer può assumere una grande rilevanza politica. Innanzitutto c’è una questione di compatibilità ideale e valoriale con i princìpi e le posizioni espresse dal gruppo socialista su temi fondamentali come l’immigrazione (si pensi al “Progressive pact on asylum and migration” di febbraio) o la guerra in Ucraina: “Il Pse continuerà a sostenere l’Ucraina per tutto il tempo necessario, sostenendo le sue capacità militari, sostenendo le persone che sono state colpite dai crimini di guerra e dalla crisi umanitaria derivante da questa orribile guerra”.
Ma l’espulsione del partito Smer potrebbe rendere più complicata la formazione di un governo guidato da Fico, dato che si aprirebbe nel Pse un posto che potrebbe essere occupato dal partito socialista europeista Hlas di Pellegrini, al momento solo “associato” al Pse e senza diritto di voto: l’espulsione di Fico può indurre Pellegrini, che ora è l’ago della bilancia, a formare una maggioranza europeista con liberali e popolari. Importanti esponenti del Pd di varie correnti e sensibilità, come il capodelegazione in Europa Brando Benifei e il responsabile Esteri Peppe Provenzano, o la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno (vedi lettera nell’inserto IV) e l’ex sottosegretario agli Affari europei Enzo Amendola, si sono espressi a favore dell’espulsione di Fico.
Ma oltre alla questione di principio, il Pd ha un interesse concreto a fare una battaglia ripulire il Pse da rossobruni e filoputiniani. Perché uno degli argomenti più forti di Elly Schlein nella campagna elettorale per le europee è che Giorgia Meloni, su temi come l’immigrazione, non è credibile perché alleata con nazionalisti come Orbán. Questo argomento è però inutile e addirittura controproducente se Schlein si ritrova in campagna elettorale con un clone di Orbán come compagno di partito in Europa.
Per il Pd la battaglia per l’espulsione di Fico oltre che giusta è anche conveniente. Ma va fatta in maniera incisiva adesso, visto che Fico ha ricevuto dalla presidente slovacca Zuzana Caputová il mandato per formare il governo e ha due settimane di tempo per trovare una maggioranza.