L'intervista
"Altro che Salvini, Meloni si preoccupi di Mulè & Co". Parla il politologo Tarchi
Complotti e fantasmi turbano il governo ma una crisi non è ipotizzabile. "Non tutte le promesse sono state mantenute, ma gli avversari sono deboli", dice il professore dell'università di Firenze. L'attacco alla magistratura? "È una strategia preventiva"
“Non c’è dubbio che le difficoltà ci siano”. Ma nessuna sorpresa, è fisiologico per ogni governo. E all'orizzonte, insomma, non si vedono sconvolgimenti. Ne è convinto il politologo Marco Tarchi, docente di Scienze politiche all'Università di Firenze e attento studioso delle vicende di questo esecutivo. Eppure, professore, nelle ultime settimane certe difficoltà si sono fatte più evidenti, con Giorgia Meloni e i suoi fedelissimi che hanno evocato complotti di vario genere, dalla grande finanza ai migranti. Sono segnali di un qualche disagio o è un vittimismo, per così dire, strategico? “Qualche problema era prevedibile. Soprattutto in campo economico, per la nota carenza di fondi”, ragiona Tarchi. “Ma non credo siano di portata tale da far ipotizzare una crisi di governo. Il ceto politico del centrodestra sa di avere un’occasione d’oro per ampliare il suo raggio di potere e di sottogoverno e dubito che voglia metterla a repentaglio, senza peraltro avere soluzioni di ricambio praticabili. Un governo tecnico gli romperebbe le uova nel paniere”.
Proprio da qui viene allora il sospetto che a Palazzo Chigi gli animi non siano proprio sereni. Lo rivela – dopo gli attacchi alla Bce – anche l'offensiva alla magistratura rilanciata in questi giorni sul tema immigrazione. “Drammatizzare pericoli che pure esistono, come le pressioni ostili di taluni ambienti finanziari più a loro agio con interlocutori progressisti, o un’offensiva della magistratura contro il governo – spiega Tarchi – è una strategia preventiva. Le partite politiche si giocano anche così”. E tuttavia le tensioni, per Meloni, non arrivano solo dall'esterno. Nella sua maggioranza si fa sempre più consistente un tema di competizione interna, da destra. Salvini continua a rilanciare, ma rincorrendolo troppo c'è il rischio che in Forza Italia qualcuno rumoreggi. “Salvini fa il suo gioco, cercando di recuperare almeno una piccola parte di quegli elettori di simpatie populiste che lo hanno abbandonato dopo il siluramento del governo gialloverde e si sono poi orientati verso Fratelli d’Italia, ma questa volta non ripeterà il suicidio del Papeete”, assicura il politologo: “Attentare alla stabilità dell’esecutivo, su cui giura ogni giorno, non gli conviene. Se pericoli ci sono, per la coalizione, vengono dall’ala dei Mulè & Co. che soffrono il protagonismo meloniano e non lo nascondono. Ma anche per loro vige l’interrogativo del 'che fare?', se il governo si incagliasse”.
Nel frattempo a poco più di un anno dall'elezione, iniziano a emergere in una certa misura le discrepanze tra annunci e realtà. La coerenza, marchio di fabbrica di casa Meloni, sembra cedere il passo a un certo trasformismo, tanto che qualcuno – anche nell'area culturale della stessa premier, per esempio Marcello Veneziani – ha messo in luce queste contraddizioni. Si può parlare di “tradimento”? “Però lo stesso Veneziani ha scritto: pazienza, c’era da aspettarsi che andasse così, e comunque meglio questo governo di qualunque altro”, puntualizza il politologo. “Ecco la vera forza di Meloni e soci: anche se hanno disatteso varie promesse, in primis sull’immigrazione, hanno di fronte avversari che nessuno dei loro elettori voterebbe mai. E che, soprattutto nel caso del Pd di Schlein, mai vorrebbero vedere ritornare a Palazzo Chigi. Quindi in molti di loro neanche la tentazione di astenersi fa breccia. I sondaggi lo indicano chiaramente. Certo, la corda non va tirata troppo e i prossimi bilanci dell’azione governativa dovranno avere più voci positive”.
La prossima occasione sarà probabilmente la legge di Bilancio. Le risorse sono poche mentre le bandierine dei partiti restano tante. Con le europee che s'avvicinano, non c'è il rischio che qualcosa possa rompersi negli equilibri della maggioranza? “Qualcosa si potrebbe rompere soltanto se il risultato delle urne, il prossimo giugno, facesse segnare spostamenti di voto significativi fra gli alleati, ma ad oggi è arduo pronosticarli. Non è improbabile, anzi, che il 26 per cento del 25 settembre 2022 cresca, per Fratelli d’Italia, di qualche punto, il che metterebbe a tacere le altrui ambizioni. Anche in questo caso, l’incognita è Forza Italia”. Ci spieghi meglio. “Un suo passo avanti – continua il professore – potrebbe complicare posizioni e mediazioni nell’esecutivo; un suo marcato calo aprirebbe la strada a quella disgregazione che molti ritengono inevitabile. Da qui ad allora le tensioni non varcheranno il livello di guardia”. Uno scenario che presenta varie incognite, Meloni saprà gestirlo? E come? “Facendo quello che ha fatto fin qui: riservarsi l’ultima parola su ogni scelta. Consapevole che, senza di lei, la coalizione non reggerebbe, e che i suoi partners ben lo sanno”.