Tanto rumore per nulla
Alla fine niente “tagli” alla sanità, ma un aumento di 3 miliardi
Le risorse saranno destinate principalmente all’abbattimento delle liste d’attesa. Tuttavia gli stanziamenti previsti dalla manovra saranno molto probabilmente insufficienti, visto che la maggior parte di questi verranno erose dal rinnovo del contratto dei medici
Tanto rumore per nulla. Dopo un mese di polemiche da parte delle opposizioni sui “tagli alla sanità per 2 miliardi”, il Fondo sanitario nazionale è stato incrementato di 3 miliardi (ai quali devono aggiungersi le risorse Pnrr e i 300 milioni riconosciuti alla Regione Sicilia). Ad ufficializzarlo è stato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al termine del Consiglio dei ministri che ha approvato il ddl bilancio. Le risorse saranno destinate principalmente all’abbattimento delle liste d’attesa, un risultato che il governo intende perseguire principalmente attraverso due misure: il rinnovo del contratto comparto (2,3 miliardi) e la detassazione degli straordinari e dei premi risultato.
La polemica politica nasceva dalla lettura della Nadef, che nello scenario tendenziale indicava una spesa sanitaria che passava da 134,7 miliardi nel 2023 a 132,9 miliardi nel 2024, con un’incidenza sul pil in calo dal 6,6 al 6,2 per cento. Tecnicamente, però, la Nadef si limitava a riportare una proiezione a legislazione vigente. Non descriveva quindi la programmazione della spesa sanitaria che, come dimostrato dalla manovra approvata ieri, è stata incrementata.
Tutto bene quel che finisce bene? "Nì". Se da un lato il Fondo sanitario nazionale continua a crescere, e lo fa per un importo ben superiore rispetto a quello che possono vantare tutti gli altri ministeri; dall’altro l’incremento è inferiore rispetto ai 4 miliardi richiesti dal ministro della Salute Orazio Schillaci per fronteggiare le diverse problematiche che da anni attanagliano il settore. Prendendo in considerazione il contesto in cui è maturata questa legge di Bilancio che, come sottolineato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, è andata “a prendere a schiaffoni tutti i ministri”, il bicchiere per la sanità può considerarsi mezzo pieno. Oltre al potenziamento del Fondo sanitario, il governo ha previsto una rimodulazione dei tetti di spesa per la farmaceutica, oltre a una modifica riguardo le modalità di distribuzione dei farmaci. Al fine di abbattere le liste d’attesa viene introdotto anche un aggiornamento del tetto di spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie da privati. Viene prorogato il finanziamento delle quote premiali in sanità e inserito un finanziamento per l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza. Infine, si stanziano risorse pari a 250 milioni di euro per l’anno 2025 e 350 milioni di euro a decorrere dal 2026 per il potenziamento dell’assistenza territoriale anche con riferimento a nuove assunzioni di personale sanitario.
Chiarito quindi che non ci sarà alcun taglio alla sanità, si può al contempo dire che gli annunciati 3 miliardi per il fondo sanitario saranno molto probabilmente insufficienti visto che la maggior parte di questi verranno erosi dal rinnovo del contratto dei medici – a invarianza di personale – oltre che a superare lo scoglio del payback per i dispositivi medici. Quanto alle liste d’attesa, l’impressione è che si continui a seguire un copione già messo in scena in questi ultimi anni con risultati discutibili. Il precedente ministro, Roberto Speranza, aveva stanziato a tale scopo un miliardo eppure, a causa dei ritardi nel riparto dei fondi alle regioni e quindi delle successive assegnazioni alle Asl, c’è stato negli anni un ulteriore aggravamento di una situazione già compromessa. Per ridurre le liste d’attesa sarebbe necessario incrementare il livello delle prestazioni erogate. Farlo a invarianza di personale significa chiedere ulteriori sacrifici a chi già da anni denuncia condizioni e ritmi di lavoro insostenibili. Pensare di risolvere il problema solo mettendo in campo una defiscalizzazione delle prestazioni aggiuntive rischia di rivelarsi poco più di un’illusione.
L’impressione è quindi che in questa manovra per la sanità ci siano più risorse ma meno idee. Manca un reale cambiamento di rotta capace di dare risposte concrete a problemi che continuano a protrarsi nel tempo.