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l'intervista

“E se fosse successo qui?”. Flores d'Arcais parla alla sinistra timida sull'antiebraismo di Hamas

Marianna Rizzini

Il direttore di Micromega: "Trovo incomprensibile che a sinistra non si sia reagito dicendo che quello era un eccidio terrorista islamico inaccettabile che va combattuto, anche se non in qualsiasi modo"

Qualche giorno fa Paolo Flores D’Arcais, direttore di Micromega.net e voce intellettuale storica della sinistra, ha pubblicato, a proposito dei distinguo e dei dilemmi attorno alla guerra in Medio Oriente, un articolo dal titolo inequivocabile (“La democrazia a rischio in Israele e il silenzio palestinese sui crimini di Hamas”) in cui osserva che “troppe sinistre in Europa e negli Stati Uniti stanno dimenticando un punto cruciale del conflitto in corso, denunciato dallo scrittore israeliano David Grossman”, l’atrocità del “bloccare centinaia di civili, bambini, genitori, vecchi e malati e poi passare dall’uno all’altro per sparargli a sangue freddo”. Grossman lo definisce il “crimine più atroce”. Flores, non a caso, inizia l’articolo con un racconto immaginario che si potrebbe riassumere in una frase: e se quello che è accaduto al rave in Israele fosse accaduto qui? “Ho immaginato”, dice Flores al Foglio, “quella scena a Roma, al Circo Massimo: un concerto, una manifestazione di pacifisti italiani, ragazzi che ballano e si baciano, e poi improvvisamente trecento di loro vengono fatti fuori da un commando che grida ‘Allah Akbar’. Ci sarebbe stata condanna unanime e intransigente a sinistra. Questo è quello che è accaduto: in Israele il 7 ottobre c’era una grande manifestazione pacifista. Lì Hamas ha cominciato la strage. E ha continuato a uccidere nei kibbitzin, luoghi tradizionalmente di sinistra, abitati da persone che si oppongono ai nuovi insediamenti, gente contraria al governo Netanyahu. Trovo quindi incomprensibile che a sinistra non si sia reagito dicendo che quello era un eccidio terrorista islamico inaccettabile che va combattuto, anche se non in qualsiasi modo”.

 

Una parte crescente dell’opinione pubblica israeliana si oppone alla reazione “in qualsiasi modo”, dice Flores, “tanto che Netahyahu, la cui popolarità ora è sotto i minimi storici, non ha potuto finora reagire come avrebbe voluto. E ho citato Grossman perché è la voce più autorevole del sentire di sinistra in Israele. Bene, Grossman, con altre personalità, ha lanciato un appello alle sinistre europee e americane – lo pubblicheremo nei prossimi giorni – per dire che gli intellettuali democratici israeliani sono increduli: non si capacitano che ci siano persone, a sinistra, in Europa e negli Usa, che non riescono ad avere un riflesso ovvio per un democratico e per un progressista: non riescono cioè a dire che la strage di Hamas è inqualificabile e in alcun modo giustificabile”. C’è una sorta di confusione-sovrapposizione Hamas-popolo palestinese. “Hamas è nemica degli stessi interessi palestinesi”, dice Flores, “anche se questo non giustificherebbe un’azione di ritorsione che non tenesse conto del problema di colpire Hamas evitando di colpire i civili. Civili che non possono essere identificati con Hamas, anche se non possiamo nasconderci che larga parte delle opinioni pubbliche nel modo arabo è con Hamas”. Anche in Europa, e nella Bruxelles dell’attentato di due giorni fa. “La questione riguarda anche i governi di destra, che fanno grandi proclami contro gli immigrati a scopo propagandistico ma non hanno preso misure per impedire il radicamento dell’islamismo militante. A Bruxelles ci sono interi quartieri in mano all’estremismo islamico, non combattuto da governi conservatori. In Inghilterra e in Germania governi conservatori hanno dato spazio enorme alle comunità islamiche dominate da fondamentalisti e islamisti militanti, brodo di coltura per il terrorismo. Tutto questo si paga. Come si paga la mancanza di una politica rigorosa di laicità. In Italia si strilla tanto sull’immigrazione, ma in confronto a Francia e Belgio abbiamo numeri molto inferiori di immigrati. E però anche qui ci saranno problemi, se si continuerà a consentire che le moschee vengano finanziate da governi arabi. Il punto, ripeto, è una rigorosa laicità, ma in Italia una legge come quella francese che vieta il velo islamico a scuola, in quanto simbolo religioso, non si potrebbe fare, perché ci si scontrerebbe con la chiesa cattolica per i crocefissi nelle aule”. Nella difficoltà del momento, a sinistra ci si aggrappa alla frase “due popoli, due stati”. Ma la situazione è complessa, e le parole di ieri sembrano non bastare per l’oggi. “La questione nell’immediato non è due popoli due stati”, dice Flores, “perché Hamas non vuole due popoli e due stati, vuole un popolo e uno stato. Nello statuto di Hamas si esprime il concetto della cacciata degli ebrei. Ebrei, non israeliani – in Israele vivono anche arabi, rappresentati alla Knesset. E’ l’ebreo il problema. Ed è questo il punto, ora”. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.