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Quegli slogan al corteo per Gaza

Milano e il mutismo su Israele

Un odg in Comune e un'idea

Maurizio Crippa

Il consigliere Pd Daniele Nahum scrive al Questore: vigilare sui messaggi d'odio. E in Consiglio comunale arriva l'invito a un confronto con tutte le comunità e associazioni musulmane. Lo storico Gabriele Nissim avverte: troppo silenzio. E pensa a un incontro al Giardino dei Giusti

“C’è il Var in corso”. Scherza ma non troppo Daniele Nahum, consigliere al Comune del Pd ed esponente della Comunità ebraica, riferendosi alla diatriba sull’audio registrato alla manifestazione pro Palestina di sabato, in cui si sarebbe sentito gridare, in arabo, “aprite i confini così possiamo uccidere gli ebrei”. Ma che potrebbe essere declassato a un “andiamo a invadere gli ebrei”. Come se fosse davvero differente. “Appunto – dice Nahum, che ha inviato una lettera al prefetto chiedendo vengano identificati i responsabili – il problema che in una città come Milano non  si è sentita una voce di condanna, c’è un clima di odio che sta crescendo. Ieri ha presentato un odg in Consiglio, sostenuto dal sindaco Beppe Sala, e ha lanciato un appello .
L’ordine del giorno a Palazzo Marino chiede la liberazione degli ostaggi e che sia consentito alla Croce Rossa di visitarli. Poi c’è l’appello, rivolto al Consiglio e tutte l componenti, perché si possano convocare convocare tutti i referenti delle Comunità islamiche milanesi per un lavoro comune in grado di limitare tensioni che rischiano invece di aumentare. Anche Gabriele Nissim, storico e fondatore di Gariwo, il Giardino dei Giusti che ha sede al Montestella, insiste sulla necessità di dialogo. Ma l’aria milanese non è delle migliori. Ci sono stati subito dopo il 7 ottobre gli striscioni appesi nelle università e nelle scuole, alcuni addirittura inneggianti a Hamas e tutti contro Israele, vittima di “un atto genocidario”, come precisa Nissim, “e non semplicemente di un atto terroristico: trovo grave che in pochi lo abbiano voluto condannare”. C’è stato il poco commendevole compromesso al ribasso in Consiglio comunale sull’esposizione della bandiera di Israele, seguito dallo scivolone del sindaco Sala  contro il Roberto Jarach, presidente del Memoriale della Shoah di Milano, poi riaggiustato. Ma segno di una sinistra che ha un fronte scoperto sul forte anti israeliano. Alla manifestazione pro Palestina di sabato hanno partecipato cinquemila persone, in gran parte palestinesi e musulmani di differenti generazioni, “e le manifestazioni sono sempre legittime, lo dice la Costituzione – spiega Nahum – ma non è legittimo usare parole d’odio, razziste. Alle manifestazioni in difesa di Israele non si sono sentiti incitamenti all’odio”. Che cosa si può fare dunque? Milano è una città con una grande tradizione democratica, la comunità ebraica ha un radicamento importante, è ampia quella islamica; è città di editoria, di università, politica: eppure non si sono sentite forti voci in grado di ribadire il diritto di Israele, degli ebrei. “In Consiglio comunale ho portato un odg che è ovviamente un gesto simbolico, ma ho anche ribadito che occorre condannare le manifestazioni di odio e ho sollecitato il Consiglio a di convocare tutti i referenti delle Comunità islamiche. Devo purtroppo constatare che da parte loro non ho sentito una parola di condanna sdegli slogan d’odio della manifestazione di sabato”. Con Emanuele Fiano, altro storico esponente del “sinismo di sinistra”, come ha detto alla manifestazione per Israele di Milano, Daniele Nahum porterà una lettera anche al Questore, perché le istituzioni vigilino. Ma a svegliarsi dovrebbe essere la città, dice Gabriele Nissim, che invece appare indifferente o rassegnata a divisioni ideologiche: “Mi preoccupa che, qui o altrove, possa riproporsi un meccanismo di odio, con una radice antisemita. Condivido molto una osservazione di Yuval Noah Harari, che ha detto: voi che siete ‘terzi’, cioè noi che siamo fisicamente lontani dai luoghi del conflitto, che siamo in Europa, dovete lavorare perché ci sia una condanna di quanto avvenuto ma anche perché non venga abbandonata la possibilità di dialogare. Invece mi colpisce nei nostri paesi, e anche in una città come Milano, la comunità araba, palestinese non abbia fatto sentire una voce di condanna del terrorismo genocida di Hamas. Nel mondo israeliano ed ebraico fuori da Israele, dove è chiaro il sostegno al diritto di Israele, invece non mancano le voci di dissenso dalla politica del governo o sulle azioni militari a Gaza. In quello arabo no. Non c’è dibattito né dissenso”. Cosa fare? Il fondatore del Giardino dei Giusti lancia un’idea, si vedrà se potrà avere uno sviluppo: “Un incontro al Giardino dei Giusti – che è luogo della memoria di tutti i genocidi, e di tutti i popoli. Una iniziativa che condanni l’odio e riaffermi che si può e deve uscire dalla trappola. Non una manifestazione generica, tantomeno reticente. Ma per proporre gesti e idee di questo tipo occorre il supporto di ‘noi terzi’, appunto. Invece finora da una città come Milano non è emersa nessuna voce in questo senso. Mi pare che si sia lasciato al mondo ebraico di esprimere la sua voce, ma isolata; la comunità islamica ha fatto la sua manifestazione, senza condannare Hamas, e dalla città di ‘noi terzi’ non è uscita una presa di posizione differente”.
 

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"