Giorgetti e Freni, la Lega anti spread

Luciano Capone

Una volta, quando parlavano i leghisti Borghi e Bagnai, i mercati entravano in fibrillazione. Ora, dopo i colpi di sole esitivi su extraprofitti e Npl, per rassicurare agenzie di rating e investitori il governo si affida ai due leghisti del Mef

Cinque anni fa, all’epoca del governo Conte, quando durante la sessione di bilancio parlavano gli esponenti della Lega – in particolare i no euro Borghi e Bagnai – lo spread si impennava e il ministro dell’Economia Giovanni Tria andava in fibrillazione. Ora, nel governo Meloni, sono invece proprio due leghisti ad avere il compito di rassicurare gli investitori e i mercati internazionali: Giancarlo Giorgetti e Federico Freni.

 

Archiviate le follie sul deficit e sui “minibot” della stagione gialloverde (anzi, Giorgetti con le norme sul Superbonus è colui che ha bloccato la cessione illimitata dei crediti, che aveva creato una sorta di moneta fiscale analoga ai minibot), gli esponenti della Lega ora sono quelli che insieme alla premier, Giorgia Meloni, più si impegnano a dare all’estero un’immagine non ostile nei confronti del mercato e di serietà nel controllo dei conti pubblici. 

 

Il ministro dell’Economia, Giorgetti, consapevole della delicatezza del momento, ha tentato di presentarsi agli osservatori come un arcigno custode del bilancio parlando in conferenza stampa di “schiaffoni” dati ai suoi colleghi ministri e imponendo una linea austera su materie molto sensibili come le pensioni. Ieri il  suo sottosegretario al Mef, Freni, in un’intervista al Financial Times ha ammesso un errore di comunicazione sulla tassa sugli “extraprofitti” e assicurato che non ci sarà alcun intervento sul mercato dei non performing loan (Npl): “Non siamo contro i mercati – ha detto Freni  –. Gli investitori esteri e i mercati dei capitali possono dare un importante impulso alla crescita economica dell’Italia”.

 

Le parole sull’imposta sugli extramargini delle banche non sono particolarmente nuove, riprendono un concetto più volte espresso dallo stesso Giorgetti, su un provvedimento “comunicato male in agosto” che non puntava a “punire” le banche e per questo è stato migliorato dal Parlamento con l’obiettivo di rafforzarle. La novità che emerge dall’intervista del sottosegretario è la pietra tombale del Mef sull’intervento sugli Npl, che era stato paventato, sempre quest’estate, dal ministro delle Imprese Adolfo Urso.

 

La proposta, che riprendeva vecchie idee di FdI per “liberare dalla schiavitù del debito” milioni di “famiglie e imprese”, prevedeva la possibilità per il debitore di estinguere con uno sconto il suo debito ceduto dalla banca a operatori nel settore dei crediti deteriorati. “Non vedo alcuna bomba a orologeria sugli Npl, è semplicemente un non-problema – dice ora Freni al Financial Times –. Il mercato è sano quindi non c’è motivo per cui il governo intervenga”. Su questo, ha aggiunto, la posizione del Tesoro è “assolutamente netta”.

 

Il messaggio agli investitori è chiaro. Non ci sarà alcun intervento a gamba tesa del governo sul mercato secondario dei crediti deteriorati, che peraltro, come ha evidenziato la Banca d’Italia, funziona bene e negli ultimi anni è stato il principale canale di riduzione degli Npl nei bilanci delle banche. 
Ma al di là del tema specifico, quello che il leghista Freni vuole consegnare agli investitori internazionali è un messaggio più generale di rassicurazione, dopo i colpi di sole agostani che avevano spinto, proprio il Financial Times, a dire che “la luna di miele” tra Meloni e gli investitori internazionali era “finita”. Ora è come se Freni tenti di dire ai mercati, attraverso il quotidiano finanziario londinese, “siamo tornati quelli della scorsa primavera, non siamo più quelli di quest’estate”.

 

Il paese affronta l’approvazione della legge di Bilancio in una fase molto delicata, da un lato per le crisi geopolitiche internazionali e dall’altro per le politiche monetarie restrittive che spingono i rendimenti dei titoli di stato verso l’alto. I due, Giorgetti e Freni, sono impegnati a raffreddare lo spread superando le diffidenze su una manovra che è comunque espansiva e che non fa scendere il debito pubblico.

 

Giorgetti aveva dichiarato apertamente di temere “le valutazioni dei mercati”, più del giudizio della Commissione Ue. Per questo da molte settimane il Mef lavora per rassicurare gli investitori e le agenzie di rating, che in questo mese dovranno esprimere un giudizio sull’Italia. Attraverso diversi segnali politici, come l’annacquamento della tassa sugli extraprofitti; l’approvazione del ddl Capitali, diluendo la contestatissima norma contro le liste dei cda; le misure restrittive sulle pensioni; e anche le interviste per escludere follie sugli Npl.

 

“L’estate è finita” è il messaggio. Il governo vuole ricostruire quel clima di fiducia con gli investitori che c’era in primavera e, sembra incredibile, i più adeguati a farlo sono due leghisti.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali