l'intervista
Il direttore del Centro di documentazione ebraica: "L'aumento dei casi ci dice che l'antisemitismo in Italia è strutturale"
"Un paese in cui si può andare in piazza a gridare 'viva Hamas' mentre gli ebrei devono avere il terrore di essere ebrei è un paese che non funziona. Molta della responsabilità è della scuola". Parla lo storico Luzzatto Voghera, che da decenni monitora il fenomeno con l'osservatorio sull'antisemitismo
“L’antisemitismo non è un’emergenza temporanea. E’ un fatto strutturale. E forse, in tutta Europa ma soprattutto qui in Italia, non abbiamo ancora fatto i conti con questa evidenza e con la nostra storia”. Gadi Luzzatto Voghera è uno storico che la materia la conosce bene. Dirige la fondazione "Centro di documentazione ebraica contemporanea" che ospita un importante osservatorio sull’antisemitismo, il più aggiornato sui casi che si registrano in Italia. “Monitoriamo il fenomeno da decenni. Dall’attacco del 7 ottobre assistiamo a una recrudescenza. Eppure il problema non è solo legato al riaccendersi del conflitto in medio oriente. Perché l’antisemitismo da noi è sempre stato osservabile in superficie, non solo sottotraccia, si nutre di un linguaggio ben preciso. E se pensiamo di esserne immuni, siamo fuori strada”, spiega al Foglio.
Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, gli attacchi e le intimidazioni verso gli ebrei rendicontati dall’osservatorio del Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec) sono raddoppiati. “Abbiamo una nostra metodologia, basata anche sulle denunce. Ma i nostri numeri ovviamente non sono completi. Fotografano un trend in crescita, ma sono sottostimati. Ci sono tante persone che non denunciano perché sono convinte che serva a poco”, racconta il direttore Luzzatto Voghera. Eppure, facciamo notare, svolgete un’opera meritoria. A maggior ragione perché le istituzioni sul tema sembrano essere più disattente. “Eppure gli strumenti ci sono: fino a due anni fa non esisteva il Coordinatore nazionale per la lotta all’antisemitismo istituito presso Palazzo Chigi. E anche i ministeri dell’Interno e della Giustizia hanno i loro database, che però sono scoordinati. Andrebbero messi a sistema per avere risposte più rapide”, dice ancora Luzzatto Voghera.
La sua fondazione, oltre a diffondere i numeri sull’antisemitismo in Italia attraverso rapporti annuali e quadrimestrali, svolge anche un’opera di assistenza educativa verso le scuole. “Quest’antisemitismo montante è senz’altro responsabilità del sistema educativo, che da questo punto di vista ha completamente fallito”, racconta lo storico, dicendosi d’accordo con l’analisi fatta dal ministro dell’Istruzione Valditara. “Ogni anno c’è un concorso intitolato ‘I giovani raccontano la Shoah’ che porta le scuole a essere premiate al Quirinale per i migliori temi in occasione della Giornata della memoria. Ebbene, a noi risulta che molti dirigenti scolastici quest’anno si siano rifiutati di investire sul concorso perché non vogliono creare tensioni con gli studenti arabi. Racconta molto del clima che si respira nelle nostre scuole”.
Anche nelle università italiane non va meglio: “Perché l’appello sottoscritto da 270 professori dell’Università di Bologna, che in maniera pelosa condannano Israele, è raggelante. Così come il fatto che i rettori, che hanno stilato delle linee guida per la lotta all’antisemitismo con noi, abbiano evitato di prendere una posizione forte”. Eppure, secondo lo storico, il clima nelle università occidentali non deve sorprendere: “E’ da anni che gli studenti ebrei nei campus americani vengono marginalizzati. Anche il movimento per il boicottaggio di Israele aveva dei marcati caratteri antisemiti. C’è una ghettizzazione etnica e religiosa incompatibile con una società che si dice aperta, progressista. Si finisce sempre nel solito pregiudizio per cui gli ebrei sono simpatici solo quando sono delle vittime, per esempio quando si ricorda la Shoah. Ci si dimentica che sono una comunità viva. Anche Israele fa degli errori nel comunicarsi al mondo. Ma per oltre sei mesi i suoi cittadini, che sono una comunità molto eterogenea, sono scesi in piazza per urlare al mondo che erano contro il loro governo. Nessuno si è accorto di loro perché lo stereotipo legato agli israeliani è che siano dei militari allenati a tirare le bombe sui poveri civili inermi. Un popolo oppresso diventato oppressore. Anche questo è antisemitismo”.
Certi slogan che si sentono in piazza tirano in ballo la sinistra, che spesso è sembrata fiancheggiare i terroristi. “Ma in questo momento è ben visibile come l’antisemitismo sia soprattutto appannaggio dell’ultradestra, dei neonazisti. Ecco, ai movimenti di sinistra chiederei se si sentono apposto nello scendere in piazza accanto a Forza nuova”, analizza Luzzatto Voghera. Il clima di terrore in cui sembra essere ripiombato il continente, da Parigi a Vienna fino a Roma, per altro, fa sì che le manifestazioni di solidarietà nei confronti delle comunità ebraiche si facciano sempre più rare. “Io le conto sulle dita di una mano. La più coraggiosa è stata la vostra, quella del Foglio. Ma capisco che gli ebrei abbiano paura. Si pongono un sacco di questioni di ordine pubblico”, dice ancora il direttore del Cdec. “Certo, non è normale un paese in cui al centro di Milano ci si può muovere indisturbati a gridare ‘viva Hamas’, mentre gli ebrei sono costretti a restare a casa. Dobbiamo renderci conto della gravità della situazione”.