Il caso
Segreto in famiglia e i ministri all'oscuro: così Meloni userà la campagna d'Albania per l'Europee
Viminale, Farnesina e Giustizia tenuti fuori da tutto. Ieri sera è spuntato l'accordo: 14 articoli, durerà per 5 anni. La premier lo userà come arma alle elezioni di giugno dove potrebbe candidarsi come capolista in tutte le circoscrizioni
Alla fine l’accordo con l’Albania sui migranti è stato un segreto di famiglia ben custodito, per due mesi e mezzo, tra le mura domestiche. Ne erano a conoscenza come testimoni diretti, oltre alla premier Giorgia Meloni che lo ha sottoscritto, la sorella Arianna, numero due di Fratelli d’Italia, e il di lei compagno e ministro Francesco Lollobrigida. Tutti e tre – oltre all’ex partner della presidente del Consiglio Andrea Giambruno – hanno passato una manciata di giorni sotto Ferragosto a Valona, ospiti dell’ “amico” Edi Rama. Giorni cruciali per l’intesa. Con la solita cautela e la sfiducia verso l’esterno della “Fiamma magica”, che arde e governa tra Palazzo Chigi e Via della Scrofa, la notizia è rimasta top secret fino a ieri l’altro.
Risultato: il Viminale e la Farnesina, e dunque le propaggini politiche di Lega e Forza Italia, fino a ieri sera brancolavano nel buio. All’oscuro di tutto è stato tenuto fino all’ultimo anche il ministero della Giustizia Carlo Nordio. Sguardi imbarazzati, mani in tasca e fischiettare. “Guida Palazzo Chigi: sentite loro”, rispondevano dai ministeri interessati a chi chiedeva lumi sull’accordo. Il cui testo è stato diffuso solo in tarda serata dal governo. Si tratta di 14 articoli, varrà per cinque anni e serve a fissare un numero massimo di migranti che l’Albania può trattenere (tremila). “Si tratta – si legge nel memorandum – solo di procedure di frontiera e rimpatrio. Nel caso in cui venga meno per qualsiasi causa il titolo di permanenza nelle strutture la parte italiana trasferisce immediatamente i migranti fuori dal territorio albanese”. Le carte sono state rese pubbliche ieri sera dopo che le opposizioni in Italia, ma anche al Parlamento europeo, avevano già annunciato interrogazioni per saperne di più. “E’ in conformità con il diritto Ue e internazionale”, si legge nel testo svelato.
“Non ci hanno visti arrivare”, ha detto Giovanbattista Fazzolari – sottosegretario coinvolto nel dossier insieme al collega Alfredo Mantovano – riferito all’opposizione, ma anche soprattutto alla stessa maggioranza. Si è ripetuto, con una meccanica ancora più stringente, quanto accadde la scorsa estate con la tassa sugli extraprofitti delle banche. Un’idea di Meloni non condivisa con gli alleati se non in Consiglio dei ministri. Non lo disse a nessuno, soprattutto a Forza Italia (con più di un malumore nella famiglia Berlusconi) e con il leghista Giancarlo Giorgetti, titolare dell’Economia, che non partecipò alla conferenza stampa.
Qui la storia nel merito è diversa e nessuno contesta il metodo apertamente. Perché l’accordo, dal punto di vista del messaggio finale, entra nel solco del centrodestra. E’ il pezzo forte della casa: i migranti fuori dall’Italia. Al punto che questo memorandum sarà usato da Giorgia Meloni alle prossime Europee: il meccanismo infatti dovrebbe diventare operativo in tarda primavera, quando gli sbarchi torneranno copiosi, e dunque a ridosso delle elezioni previste per l’otto giugno. Sarà questo un motivo in più per spingere Meloni a candidarsi capolista in tutte le circoscrizioni? C’è chi dice di sì. Anche se l’annuncio arriverà (forse) dopo la manovra, forse alla festa di Atreju prevista dal 14 al 17 giugno. Nella Lega, partito colto più nel vivo da questa mossa, si pratica la più classica delle dissimulazioni. Matteo Salvini dopo quasi 24 ore di silenzio se la prende con la Ue per dire che “l’Albania ha capito che l’Italia non è il campo profughi d’Europa al contrario di Bruxelles”. Tecnica dalla Commissione arrivano timide aperture, spiegando che Roma aveva avvisato e che l’intesa è diversa da quella fra Gran Bretagna e Ruanda. “E’ naturale che abbia gestito tutto Meloni con il suo omologo”, dice Andrea Crippa, vicesegretario della Lega, spesso abituato a travestirsi da falchetto salviniano. Anche Nicola Molteni, sottosegretario del Carroccio al Viminale, ripete la stessa solfa. Si trovano solo commenti positivi nel mare del centrodestra, e non solo. L’ex calciatore e manager della Lazio fino a cinque mesi l’albanese Igli Tare dice al Foglio che “la disponibilità del presidente Rama certifica la riconoscenza del mio paese verso l’Italia e dimostra come un governo di sinistra e uno di destra possano collaborare sugli argomenti”. Tare ha un fratello, si chiama Genti, e nella vita fa il diplomatico. Il ministro dell’Interno Matteo Piatendosi, che sull’argomento si è dato la consegna del silenzio, durante un’audizione in Parlamento ha corretto leggermente gli annunci di Meloni. Nel testo diffuso non si parla di Cpr. Anche se nel merito saranno strutture simili.