La lezione
L'impegno controcorrente di Umberto Terracini, amico di Israele
Lo storico senatore del Pci contestò l’antisemitismo staliniano e quello post staliniano, criticò in egual misura l’Unione sovietica e il pregiudizio dei paesi democratici. Fu uno dei padri costituenti, comunista e difensore del popolo israeliano. Ma la sinistra oggi preferisce Zerocalcare
Dicono che abbiamo la “Costituzione più bella del mondo”, e allora dovrebbero ascoltarlo attentamente il presidente dell’Assemblea costituente, Umberto Terracini, quando parla di Israele, dei suoi vicini arabi, dell’antisemitismo nascosto sotto la maschera dell’antisionismo, dell’Onu. Comunista, fondatore con Gramsci dell’Ordine Nuovo, storico senatore del Pci, fino alla fine della sua vita ha lottato contro il pregiudizio anti israeliano, innanzitutto dei suoi compagni. Ha combattuto il loro grande errore politico: non aver tentato di far scalfire, nei paesi arabi, “il rifiuto testardo al riconoscimento di Israele, vero oppio per quelle masse immiserite e incolte”. Ha sfidato la loro discriminazione: depositata nel modo irresponsabile in cui presentavano la realtà.
“Israele ha aggredito – Israele è lo stato degli ebrei – e gli ebrei sono aggressori: il sillogismo si svolge e si chiude suscitando inevitabilmente contro gli ebrei l’avversione che fra le masse popolari italiane sempre si è manifestata, anche nell’azione. Per la gente semplice, a non parlare dei malintenzionati, è infatti assai difficile scorgere i confini tra condanna d’Israele, lotta al sionismo e campagna antisemita”. Per finire alla devozione riservata acriticamente alle Nazioni Unite, dove c’era, e rimane, una larga maggioranza anti israeliana, che lui definisce: “Una congrega antisemita raccolta sotto la cupola del palazzo dell’Onu”.
Sul sito dell’Anpi il riferimento politico e culturale però è Zerocalcare. “La ragione che Resiste” è titolato l’articolo in cui si racconta perché ha rifiutato di partecipare a Lucca Comics. A cosa ha resistito Zerocalcare? Niente poco di meno che al patrocinio dell’ambasciata di Israele alla fiera del fumetto. Mentre Terracini ha resistito al fascismo che lo ha sbattuto in galera in quanto comunista e, dopo le leggi razziali, lo voleva morto, in quanto ebreo; ha resistito al patto Molotov-Ribbentrop per la spartizione sovietico-nazista della Polonia, che gli valse l’espulsione dal Pci clandestino; ha resistito ai nazisti, fino a ricoprire la carica di segretario del governo della repubblica dell’Ossola, dopo essere stato riaccolto dal partito. I suoi interventi su Israele però non sono come quelli di Zerocalcare: non si trovano nelle vetrine di ogni libreria. Anzi, nessuno ha mai pensato di raccoglierli in volume. Ecco la rimozione culturale di questa splendente testimonianza di impegno pro israeliano. Tanto più significativa se si considera che, per tutto il resto, Terracini è un Padre Fondatore venerato come un Santo laico.
Per leggerli, bisogna attingere al libro di Marta Nicolo, vicepresidente dell’Istituto per la storia della Resistenza di Biella: “Un impegno controcorrente. Umberto Terracini e gli ebrei”, pubblicato da Silvio Zamorani, un piccolo editore ebreo ashkenazita, emigrato in Italia dall’Egitto. Si scopre la formidabile tenacia con cui Terracini abbraccia la causa israeliana fin dalla fondazione dello stato, nel 1948. All’inizio, insieme a tutto il Pci, che chiede al governo italiano di riconoscere immediatamente Israele (lo farà solo nel ’49), in “segno di solidarietà con un popolo che eroicamente” difende “la propria esistenza”. Poi, in minoranza, dentro un partito che segue l’Unione sovietica nel cambio di schieramento a favore degli arabi: sia perché Stalin aveva cominciato a perseguitare gli ebrei, sia in funzione anti occidentale, man mano che la Guerra fredda si sovrapporrà al conflitto mediorientale. Terracini farà tutto questo non perché ebreo. Altri comunisti con ascendenze simili, come Sereni, non faranno altrettanto. Lo farà da fiero comunista. “Il socialismo in quanto atto di liberazione umana” non può “non guardare con simpatia al sionismo”, dirà agli albori della vicenda israeliana, quando il sionismo era ancora una costola del movimento operaio.
Terracini contesta l’antisemitismo staliniano. Ma anche quello post staliniano. E critica in egual misura l’Unione sovietica e il pregiudizio dei paesi democratici. Intuisce che l’antisemitismo moderno si sarebbe travestito sotto la maschera presentabile dell’antisionismo. “La crociata contro Israele”, dice, “è l’ultima incarnazione dell’antisemitismo”. Rigetta con sdegno l’accostamento tra la lotta palestinese di al Fatah e la resistenza ai regimi fascisti. “E’ un paragone che non sta in piedi, perché da un lato c’è la contrapposizione fra due nazionalità che vogliono affermare i loro diritti, dall’altra c’è uno scontro fra cittadini della stessa nazionalità in cui la posta in gioco sono le libertà civili”.
Farebbero bene a leggerlo, tutti i progressisti che in queste settimane hanno mostrato la loro sciagurata freddezza nei confronti di Israele, non riuscendo a cogliere il senso di quel che è accaduto il 7 ottobre e ciò che ha scatenato nel mondo. Farebbero bene a leggerlo anche i devoti dell’Onu, coloro che guardano al segretario generale Guterres come al Profeta della giustizia in terra. Quando l’Assemblea generale approva la risoluzione 3379, in cui definisce il sionismo “una forma di razzismo e di discriminazione razziale”, un testo voluto e votato dai paesi arabi, dai paesi comunisti e parte di quelli del Terzo mondo, Terracini dirà: “Suona a vergogna di quella assemblea e segna di un marchio indelebile coloro che la proposero e insieme quanti l’appoggiarono con il loro voto o anche soltanto la confortarono con la loro astensione”. Ed è davvero favoloso che chi osanna la Costituzione abbia dimenticato completamente la lezione israeliana del presidente Umberto Terracini. “Il Padre costituente più bello del mondo”, lo chiamerebbero loro.