Il caso

Il tango Meloni-Schlein: se la premier corre alle Europee, la leader Pd farà altrettanto

Simone Canettieri

Dopo il no della segretaria all'invito ad Atreju, Fdi punta su Landini. Il tentativo di polarizzare lo scontro destra-sinistra si verificherà a giugno

Atreju no, ma alle elezioni europee magari sì. E allora il tango tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein, questa ricerca di corpo a corpo finora fuori sincrono, sarà visibile. Dal Pd dicono: se la premier dovesse candidarsi come capolista di Fratelli d’Italia, allora anche la segretaria dem sarebbe pronta a rompere gli indugi. E’ un gioco di specchi perché pure in via della Scrofa fanno all’incirca lo stesso ragionamento: se Schlein dovesse correre, sarebbe un  motivo in più per Giorgia di fare altrettanto.

 

A chi toccherà la prima mossa: si telefoneranno, come è già accaduto per i provvedimenti legislativi sulla violenza di genere? Certo che no. Schlein  non andrà ad Atreju per non ripetere la scelta di Enrico Letta, che considerò un errore. La festa di FdI potrebbe ripiegare sul leader della Cgil Maurizio Landini (che invitò la premier al congresso di Rimini). Ma è il toto leader europeo (mi butto o non mi butto?) a far parlare  le segreterie dei partiti. 

 

Molto ruota intorno alle decisioni della premier e della segretaria del Pd, come si è detto. Meloni potrebbe già sbilanciarsi ad Atreju, a metà dicembre, quando la manovra sarà stata da poco approvata (salvo intoppi).
La tre giorni di Fratelli d’Italia girerà molto sull’Europa: le presenze di Rishi Sunak ed Edi Rama sono date quasi per acquisite. I colpacci portano ai videocollegamenti di Ursula von der Leyen e di Volodymyr  Zelensky e alla presenza di Roberta Metsola. Presidente della Commissione, leader ucraino, presidente del Parlamento europeo: fronti e rapporti che Meloni coltiva da tempo, geopolitica e dialogo con i Popolari.

 

Sarà dunque Atreju, organizzata sotto Castel Sant’Angelo,  ad aprire la campagna elettorale di Fratelli d’Italia, magari con tanto di annuncio della leader. Così come il grande evento del Pse previsto a Roma in primavera potrebbe benedire la scelta coraggiosa Schlein. Convinta di aver detto no ad Atreju per “evitare l’effetto Sandra e Raimondo”.  Soprattutto perché dai primi accordi di massima non avrebbe avuto un confronto con Meloni, ma un’intervista condotta da due giornalisti (come accadde a Letta due anni fa). E allora bisogna aspettare, guardando anche cosa faranno gli altri.

 

Giuseppe Conte   salvo sorprese non si candiderà per tirare la volata al M5s in una competizione elettorale che non ha mai dato grandi soddisfazioni ai grillini. “Lo vieta lo statuto in quanto Giuseppe è già deputato”, dicono i colonnelli dell’ex premier. Anche se è vero che lo statuto pentastellato ormai è Conte, il quale  se volesse potrebbe derogare, emendare senza problemi e insomma mettersi in lista. L’altro giorno alla Camera il capo del M5s a proposito del tentativo di Meloni di cercare sempre Schlein scherzava così: “Registro l’intenzione della premier di cercarsi un’avversaria, ma dovrà fare i conti anche noi”. 

 

E la Lega? Ci sono correnti di pensiero diverse sulla corsa di Matteo Salvini. In Via Bellerio dicono che non se ne sta ancora parlando. Ovviamente non è così, ma il vicepremier al momento sembra intenzionato a non esporsi anche per evitare l’eventuale confronto in percentuale con Meloni. La quale sa che deve vincere, ma non stravincere annichilendo gli alleati alle prese con asticelle alte e complicate. Ne sa qualcosa anche Antonio Tajani al primo esame da leader di Forza Italia. Il segretario azzurro conta un curriculum di tutto rispetto a Bruxelles, ma anche lui al momento sembra indirizzato a fare un passo di lato (anche se c’è chi lo vorrebbe almeno capolista nel collegio dell’Italia centrale).

 

La vicenda nel centrodestra sarà sbloccata solo da un vertice fra la premier e i suoi vice. O forse non ce ne sarà bisogno: ognun per sé, dio per tutti. Un po’ come è capitato ai leader del fu Terzo Polo. Matteo Renzi ha già annunciato che lui ci sarà, obiettivo 4 per cento, ordalia totale per il senatore di Rignano: “Mi candido e ce la faremo”. Per questo sta imbastendo alleanze territoriali ovunque per tentare di superare la soglia di sbarramento: l’ultimo arrivato nel Centro renziano è l’immortale Clemente Mastella. Carlo Calenda, invece, l’altro giorno diceva che ne farebbe veramente a meno di correre alle europee, sperando che l’accordo con +Europa e radicali possa spingerlo sopra la fatidica asticella.

 

Alla fine però si ritorna sempre alle due donne leader. Giorgia ed Elly, Elly e Giorgia: ultimo tango a Bruxelles. Chissà.
  

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.