L'intervista
Parma, sede della Autorità per la sicurezza alimentare, non crede alla carne sovranista. Parla il sindaco
A differenza di molti comuni in giro per l'Italia nella città emiliana, cuore della food valley, non è stata approvata la mozione del centrodestra contro la carne sintetica. "Quello del governo è un approccio antiscientifico", dice il primo cittadino Guerra
Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, autore insieme della Coldiretti della legge appena approvata che vieta la cosiddetta “carne sintetica”, ricorda sempre che a sostegno del provvedimento “ci sono oltre due milioni di firme e più di tremila ordini del giorno dei comuni di ogni colore politico”. Tra questi, paradossalmente, non c’è quello del comune di Parma, che è nel cuore della Food Valley, la città simbolo delle Dop e delle Igp, del parmigiano e del prosciutto… tutto ciò che patriotticamente il governo dice di voler difendere con questo divieto. “Parma ha una sensibilità fortissima per la tutela dei suoi prodotti – dice al Foglio il sindaco, Michele Guerra – e quando è arrivata la mozione a supporto del divieto preventivo del cibo sintetico la reazione istintiva di tutti è stata quella di votare a favore, per proteggere i nostri prodotti. Ma poi abbiamo incominciato a ragionarci e a mettere sul tavolo le voci di chi spiega di cosa si parla…”. Alla fine il Consiglio comunale ha respinto la mozione del centrodestra, che ovviamente ha accusato la maggioranza di essere “anti-italiana”, e approvato una mozione che non chiude le porte a prescindere. “E’ un approccio antiscientifico, nel metodo” dice Guerra, che è un giovane professore universitario autore di ricerche sulla relazione tra immagini e neuroscienze e che, da indipendente, guida una giunta di centrosinistra.
Ma come si è arrivati a non far prevalere l’istinto sovranista, che sul cibo è fortissimo, sulla ragione? “Parma è una città con molte dimensioni. C’è sicuramente quella della tradizione e dei nostri prodotti alimentari, ma siamo anche Città creativa Unesco per la gastronomia, che vuol dire saper stare dentro il contemporaneo. Poi siamo sede dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che sta avviando da tempo colloqui e seminari su questi temi, ponendo una linea che ci trova d’accordo: bisogna studiare e fare ricerca, perché c’è un mondo che non ha accesso al cibo e che ha problemi di sostenibilità. La carne coltivata e i novel food non sono di per sé condannabili. Infine Parma ha un’Università con un filone di studi all’avanguardia sul cibo”. Dal confronto con tutti questi attori e dall’intreccio di tutte queste dimensioni, che posizione ha preso il Consiglio comunale? “Che noi abbiamo un patrimonio di eccellenze, di tradizione e di lavoro che va valorizzato, ma non per questa ragione possiamo vietare senza evidenze scientifiche qualcosa su cui si sta sviluppando una ricerca”. Sarebbe un controsenso per la città che ospita l’Efsa, l’agenzia europea che dovrà approvare o meno i cibi sintetici sulla base di criteri scientifici. “L’Efsa ha extraterritorialità, non è legata al comune. Ma sarebbe strano, dopo tutto quello che si è fatto per avere l’Efsa a Parma al tempo del governo Berlusconi, se la città si schierasse in una battaglia cieca e anti-scientifica”. Certo che però il messaggio della destra passa più facilmente tra gli elettori. “La comunicazione è appiattita e binaria, sei a favore o sei contro. Ma penso che ragionando i cittadini capiscano bene che tradizione ed economia non sono messe in discussione, esiste un mondo che procede verso ricerche che un domani potrebbe dare risposte a chi fa fatica a mangiare. Noi continueremo a fare ciò che sappiamo fare meglio, come il Parmigiano e prosciutto di Parma”.