Altro che Visegrád
Meloni a Berlino prova a stare nel pacchetto di mischia dell'Europa che conta
La premier va in Germania con mezzo governo (e mezza bocciatura dell'Ue sulla manovra). L'incontro di oggi serve a stringere un rapporto solido con i tedeschi, dopo i trattati del Quirinale con la Francia
Al Bundeskanzleramt spolverano i dipinti dei cancellieri tedeschi alle pareti: tutto è pronto per l’arrivo della premier, reduce da una fastidiosa influenza che per due giorni l’ha costretta a casa. Alle 12 atterra all’aeroporto di Berlino l’ “Airbus Meloni”. È il volo di stato con la presidente del Consiglio accompagnata per l’occasione da mezzo governo. Per la firma di questo Patto d’azione con la Germania sono presenti Antonio Tajani, Giancarlo Giorgetti, Matteo Piantendosi, Guido Crosetto, Adolfo Urso, Elvira Calderone e Anna Maria Bernini. Più una delegazione delle aziende italiane. Meloni andrà subito da Olaf Scholz, il resto della carovana farà tappa in ambasciata. Alle 13 Meloni si collegherà alla riunione virtuale del G20: ci saranno anche Vladimir Putin e Xi, freschi del bilaterale di un mese fa. Insomma, è il giorno di Germania-Italia, ma non solo.
L’accordo odierno serve a Meloni per stringere un rapporto solido con l’asse franco-tedesco. Dopo i trattati del Quirinale con Parigi (ratificati, ma non ancora attuati), tocca al Piano d’azione. L’idea nasce con il governo Draghi che puntava però a un’intesa più pesante sul modello di quella siglata con la Francia: un trattato scritto dai governi, sottoscritto dai capi di stato e ratificato dai Parlamenti. In questo caso non è così, si va verso una forma più soft e con un forte indirizzo commerciale più che altro. D’altronde oggi si incontrano la prima e la seconda potenza manifatturiera d’Europa. E ci sono esigenze empirico-fattuali di far marciare i due paesi uniti con modelli industriali il4 più possibile simili. Scholz ha bisogno in vista delle elezioni che ci saranno fra due anni di far ripartire l’economia tedesca in tutti i modi. Meloni punta più che altro a strappare fino all’ultima concessione sul Patto di stabilità. Ferro e piuma, il governo tratta per lo scorporo dal bilancio degli investimenti per la transizione (digitale e green). Vuole spuntare le forbici di Berlino, intenzionata a portare sotto al 3 per cento il deficit. L’appuntamento di oggi è stato preceduto dalla visita del ministro dell’Economia Giorgetti a Berlino insieme con l’omologo Bruno Le Maire sempre per lo stesso motivo. E con uno sguardo alla riunione dell’Ecofin del prossimo 8 dicembre quando il nuovo Patto di stabilità avrà perimetri chiari (e anche la ratifica del Mes sarà diventata un atto dovuto benché sofferto e vincolato). Anche di questo argomento il leghista che tiene i cordoni della borsa ne parlerà con il collega Robert Habeck in uno dei tanti bilaterali che volteggeranno in una giornata serratissima. Tra faccia a faccia, vertici internazionali, business forum c’è un’agenda fitta e piena di incastri come un mosaico di Ravenna: tutto in otto ore e mezza. Con foto di famiglia (18,20) e riunione plenaria dei due governi che dovrebbe terminare intorno alle 20,30 (con in mezzo un “pranzo di lavoro”).
Per la premier il vertice di Berlino – l’ultimo di questa portata avvenne nel 2016 a Maranello – ha avuto una vigilia così così per via delle pagelle alla manovra. Se per il parere Moody’s non ci sono stati problemi, per l’Europa il documento programmatico di bilancio “non è in linea”. Lo ha detto Paolo Gentiloni, il commissario agli Affari economici che a Palazzo Chigi vedono come fumo negli occhi. Tuttavia non servirà una manovra correttiva, ha aggiunto. L’Italia è in compagnia di altri otto paesi rimandati a primavera quando ci saranno i dati dell’Eurostat (tra questi c’è anche la Germania, mentre la Francia è in ancora più attenzionata). Gentiloni invita alla “prudenza” e “a usare meglio le risorse comuni europee”. Tra le sottolineature c’è l’aumento della spesa primaria netta, dovuta al Superbonus. E questo è un assist per il governo. La parentesi è dovuta perché la cornice di questa meloniana missione tedesca è chiara: provare a stare nel pacchetto di mischia dell’Europa che conta e decide: altro che Visegrad, la locomotiva, si sa, è francotedesca. Saranno belle le marcature a uomo dei bilaterali (altrimenti che Germania-Italia sarebbe?). Piantedosi prova a spiegare a Nancy Faeser la bontà del nuovo patto con l’auspicio che cambino le regole per i dublinanti. Berlino è contraria ad aumentare i finanziamenti europei per la gestione dei migranti, ma l’Spd di Scholz vede di buon occhio l’accordo con l’Albania che potrebbe essere replicato anche da queste parti. Il piano d’azione, d’altronde, punta su cinque direttrici (economia, innovazione e coesione sociale; clima, energia e ambiente; politica estera e di Difesa; agenda europea e migrazione; contatti people-to-people e cultura). Come sempre alla vigilia di questi appuntamenti vale la regola Daniele Silvestri, quella cioè delle cose che abbiamo in comune: la linea sul medio oriente e quella sull’Ucraina, l’automotive, l’industria della difesa, gli investimenti in Africa. Anche se alla fine “le vere questioni essenziali da discutere” saranno le regole del nuovo patto di stabilità, deficit e debito. E sarà subito Italia-Germania con conseguente aneddotica calcistica.
Equilibri istituzionali