Governo
Ferrovie per lo stato. La contesa Meloni-Salvini per privatizzare i binari
Dietro il caso Lollobrigida si nasconde la vera partita Ferrovie. La privatizzazione contrappone la premier (che vuole tenere l'ad Ferraris) al vicepremier che ora tifa Corradi per vendicarsi di Fitto
Per avere il denaro del Pnrr serve ammodernarle, per farlo meglio occorre privatizzare: la privatizzazione chi la gestisce? Lo “stato” delle Ferrovie misura oggi lo stato di salute del governo. Un manager competente ha conquistato Meloni, ma se ha conquistato Meloni il rischio è che non piaccia a Salvini. Il manager, in scadenza, è Luigi Ferraris. Ha curato la privatizzazione di Poste, è stato cfo di Enel, ad di Terna. Nel 2021, Mario Draghi lo ho nominato ad di Ferrovie. La società ha quattro poli: infrastrutture (Anas, RfI), passeggeri (Trenitalia) logistica (merci), urbano (stazioni). Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha promesso di quotare una parte. La parte che fa gola è l’Alta velocità, ma quella strategica è la rete. La logistica è la vera frontiera. Meloni vuole gestire personalmente la privatizzazione di Fs e crede in Ferraris. Fitto è entrato in conflitto con l’ad di Rfi scelto da Salvini. Per distinguersi, Salvini tifa adesso Corradi (ad Trenitalia) al posto di Ferraris. Questa è Ferrovie in tre numeri: 181 miliardi di investimenti, un piano industriale che arriva al 2031; 40 miliardi di opere Pnrr sono opere ferroviarie. Quando il leader della Lega ha scelto quel ministero ha scelto bene: è il ministero 2030. Ma Salvini, un anno fa, ha scelto bene i suoi manager? A capo di Rfi, su suggerimento del viceministro, il quasi ministro, Rixi, si è deciso di indicare Gianpiero Strisciuglio. I predestinati erano due.
Uno era Vincenzo Macello, l’altro era Umberto Lebruto. Sono dirigenti interni, apprezzati, e da anni fanno i conti con una rete malandata che necessita investimenti, come dimostra il deragliamento di Pioltello. Su quel deragliamento è ancora in corso un processo e coinvolge una parte del management di Rfi. La scelta è caduta su Strisciuglio ma Strisciuglio, come accade a Ferraris, si trova a fare i conti con “due padroni”. Il primo è il suo ministro, Salvini, il secondo è Fitto, il ministro “300 miliardi in tasca”. Fitto ha rinegoziato il Pnrr (la Commissione Ue ha accettato ieri le modifiche proposte) e sposta capitoli di spesa da un’opera all’altra. E’ un lavoro di “pulizia Pnrr” che grava su Strisciuglio e che irrita Salvini. Lo ha raccontato Giorgio Santilli sul Foglio. C’è un conflitto in corso che sta danneggiando l’Italia ed è un conflitto che ha ragioni personali, antiche. Fitto ha da sempre una fiera antipatia nei confronti di Salvini. Che ricambia. Il vicepremier non vuole rinunciare alle sue opere già finanziate. Sul Terzo valico l’ha spuntata. L’infrastruttura che era stata definanziata è rientrata, ma a scapito di due regioni a guida FdI, Marche e Abruzzo. I due governatori sono naturalmente andati a bussare dalla premier. La premier ha chiesto spiegazioni a Ferraris e Ferraris a Strisciuglio. Possono i manager lavorare in serenità se devono occuparsi anche della tripla rotaia Salvini-Fitto-Meloni? L’ad di Ferrovie è un manager che sa stare al suo posto. Il suo interlocutore è Salvini. Ma il governo lo guida Meloni. Dopo un anno di governo, in Ferrovie se ne sono accorti tutti; uno un po’ di più. E’ il presidente di Rfi, Dario Lo Bosco. Lo ha indicato Salvini ma ora cerca la sponda di Meloni. Giorgetti e Meloni devono privatizzare, operazione che serve anche a Ferrovie. Ferraris lo ha spiegato: “Le nostre infrastrutture hanno settant’anni di età. L’Italia ha bisogno di 400 miliardi nei prossimi vent’anni per ammodernare”.
In Europa si parla da tempo di passaggio da “mezzo privato” a “mezzo collettivo”. Germania e Francia stanno investendo sul ferro. L’Italia sulle Ferrovie è avanti anche solo per ragioni geografiche. Il paese, lungo e stretto, ha favorito lo sviluppo dei nostri binari. Nel 2022, Ferrovie è sbarcata in Spagna ed è già presente in Francia. Dalle attività extraitaliane si conta di ricavare fino a 5 miliardi nel 2031. A differenza delle altre partecipate, Ferrovie ragiona su tempi lunghi. Privatizzare è una missione di governo ma è anche l’opinione di Ferraris. Fs troverebbe sul mercato denaro che, aggiunto a quello del Pnrr, consentirebbe davvero di sostituire e non più saldare vecchi binari (come si stava facendo a Brandizzo). Il ministro Lollobrigida, che ha fatto fermare un Frecciarossa a Ciampino, causa ritardi, avrebbe potuto aprire un importante dibattito pubblico: qual è lo stato delle nostre Ferrovie?
E’ mai possibile che il pantografo di un treno, staccato, paralizzi la circolazione di una nazione? Servono privati. Il 16 luglio, durante il viaggio Roma-Pompei, Ferraris decide di sedersi accanto alla premier. Si piacciono. Propone a Meloni di preparare lui stesso un dossier sulle privatizzazioni. Meloni gli dice: “Vada avanti”. La premier sa che la quotazione di Ferrovie è complessa e che Ferraris è la figura migliore per gestire la transizione. A differenza dei privati, Ferrovie garantisce un servizio nazionale, copre tratte economicamente sconvenienti, ma Ferrovie è anche logistica che equivale a politica estera. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, la mole di merci che transita dal canale di Suez è aumentata. Le merci passano dal canale, arrivano presso i porti italiani e poi su, con i treni, fino a Rotterdam.
Il polo della logistica di Ferrovie è una tessera fondamentale del Piano Mattei, il piano Meloni, un piano che attrae la Stellantis di John Elkann che con la ex Iveco vende macchine agricole in Africa. Per l’applicazione concreta del Piano servono porti e rotaie. Le Ferrovie sono ormai un business di Gianluigi Aponte, l’imprenditore e armatore della Msc. Sarà una figura sempre più decisiva. Aponte ha da poco rilevato il 50 per cento di Italo. Msc oltre al trasporto da crociere è anche container, commerci nel corno d’Africa. Nel 2022 Aponte ha acquisito le attività di trasporto e logistica di Vincent Bolloré. Nell’incastro ritorna Ferrovie. Il 15 novembre, a Ginevra, il gruppo Msc e Ferrovie, attraverso la controllata Mercitalia logistic, hanno firmato un accordo che prevede la nascita di una newco. L’obiettivo comune è realizzare nuovi terminal per gestire il traffico intermodale navi-ferrovie che si prevede in crescita. Ad aprile scade invece il mandato di Ferraris e Salvini ha già fatto sapere che il dossier è suo. Più Ferraris si avvicina a Meloni, più Salvini spinge per promuovere l’ad Corradi di Trenitalia, il delfino di Ferraris. In mezzo sta Massimo Bruno, capo delle relazioni istituzionali che a Chigi hanno imparato a conoscere meglio in questi giorni, dopo la fermata straordinaria di Lollobrigida.
Se c’è infatti un merito del ministro è aver fatto parlare di Ferrovie senza parlare della grande questione Ferrovie. Oggi l’angoscia di governo è che una procura si scateni, apra un fascicolo per “interruzione di pubblico servizio” mentre le uniche domande dovrebbero essere: le Ferrovie possono essere il sacco da pugilato di Fitto e Salvini? Un ad strattonato deve tenere le porte chiuse o aperte? Un ad che deve trovare 400 miliardi per sostituire i binari logori, da qui al 2030, può preoccuparsi di gestire il caso Lollobrigida?