L'analisi
Così la Cgil chiede al governo di tornare ai colori gialloverdi
Landini cerca e trova la sponda in Conte: con il Movimento 5 Stelle potrebbe mirare a una strategia emendativa per reintrodurre il reddito di cittadinanza, magari sotto altro nome, abolito dal governo Meloni e ridisegnato nei provvedimenti attuativi
Le cronache narrano di un tête-à-tête molto cordiale tra Giuseppe Conte e Maurizio Landini, in un intermezzo tra uno sciopero e l’altro, dove i due fieri oppositori della manovra di bilancio hanno potuto condividere la loro indignazione nel formulare gli emendamenti. I risultati si vedono passando in rassegna la nota di 51 pagine che la Cgil ha presentato al Senato nella quale sono contenuti gli emendamenti che, se accolti e approvati, potrebbero avviare “un’altra politica economica – fondata sulla leva redistributiva della contrattazione, su di un fisco più equo e sul rilancio degli investimenti” per aumentare i salari e le pensioni; superare la precarietà; riformare in modo più equo il sistema pensionistico; sostenere sanità e scuola pubblica. Un vasto programma, dunque, che ci induce a compiere delle scelte su che cosa evidenziare. Il pactum sceleris tra la Cgil e il M5S è scritto col sangue già all’articolo 2 dove, con un ampia strategia emendativa, viene ripristinato, magari sotto altro nome, quel reddito di cittadinanza già abolito dal governo Meloni e ridisegnato nei provvedimenti attuativi.
La modifica – viene spiegato – è volta a ripristinare l’universalità della misura di contrasto alla povertà, eliminando il requisito di accesso che prevede la presenza di un componente minore, disabile o con sessant’anni di età, superando anche la disposizione della Legge di bilancio 2023 che, con la stessa logica, abrogava la misura dopo 7 mesi per i 18-59enni senza carichi di cura. La soglia è incrementata a euro 9.360 di reddito nei casi in cui il nucleo familiare risieda in abitazione in locazione, come da dichiarazione sostitutiva unica (DSU) ai fini Isee al fine di non penalizzarne l’accesso alla misura. Si propongono poi una modifica più favorevole delle scale di equivalenza nonché una rivalutazione dei tetti in rapporto all’inflazione: tante piccole scale mobili. Nella proposta di un articolo 2 bis la Cgil compie un’operazione di pulizia legislativa abrogando la grida manzoniana che prevede la reclusione da uno a tre anni per i truffatori, limitandosi alla sola revoca del beneficio e la restituzione di quanto indebitamente percepito. Quanto alle politiche attive, la Cgil giudica troppo severi i vincoli previsti per accettare il posto di lavoro che viene proposto dai centri per l’impiego. Tornano in auge i criteri della congruità di cui al famigerato jobs act, in caso di disoccupazione. Ovviamente non si accenna alle coperture, ma direbbe Landini, “non è un problema mio”. È invece una scelta chiara della Cgil quella di mettere al centro delle sue richieste il ritorno a uno dei capisaldi della manovra del governo giallo-verde. In parallelo, per le pensioni, emerge la difesa di quota 103, incontaminata, senza penalizzazioni né incentivi, come il piccolo bonus Maroni che non converrebbe a nessuno. All’articolo 3 l’emendamento è la prova di quale sia la politica della casa per la Cgil. Viene proposto il rifinanziamento per l’anno 2024 dei fondi di sostegno all’affitto (650 milioni) e per la morosità incolpevole (250 milioni).
Nel contempo si prevedono misure sulle modalità di coordinamento e unificazione dei due fondi e sul monitoraggio effettuato dal Ministero delle infrastrutture. Si introduce inoltre una quota specifica, pari al 20 per cento dello stanziamento, per sostenere la graduazione programmata degli sfratti per morosità. Passando ai contratti del pubblico impiego vengono ritenute insufficienti le risorse stanziate per i rinnovi contrattuali 2022-2024 e per fare fronte alla perdita cumulata di potere d’acquisto subita dalle lavoratrici e dai lavoratori pubblici. Questa è una pretesa singolare. Non si è mai vista una controparte che prima di iniziare una trattativa mette sul tavolo la somma necessaria fino all’ultimo euro. Per quanto riguarda la sanità il maggior numero degli emendamenti riguarda i trattamenti del personale. Siamo arrivati così al fisco, tralasciando un’alluvione di micro interventi di spesa. Chi ha seguito le argomentazioni dei nostri eroi si aspetterebbe un giro di vite importante sugli extraprofitti. Si ritrova, invece, di fronte ad un articolo 16 bis che istituisce la “Commissione per la Valutazione degli Extra Profitti” con il compito di valutare annualmente i settori produttivi che hanno registrato extra profitti notevoli e identificare i fattori esogeni e le dinamiche congiunturali che hanno contribuito a tali profitti. Sulla base delle valutazioni effettuate, sarà stabilita una percentuale di tassazione aggiuntiva, non inferiore al 50% dell’importo totale, da applicare, nell’anno in corso, alla base imponibile costituita dall’extra profitto maturato dell’impresa. Ecco, dunque, in sintesi, la “via maestra” della Cgil.