Verso le Europee

Schlein ora è tentata dall'invito di Meloni ad Atreju. Gentiloni "sella" l'Asinello

Carmelo Caruso

Le europee sono un congresso simulato. Ogni corrente candiderà i suoi dirigenti per pesarsi. Le donne dem temono Schlein capolista. L'ex premier si scalda per il dopo (sabato forse va da Renzi)

Ha detto: “Non ci vado”, ma non è detto che sia vero. Elly Schlein potrebbe partecipare ad Atreju, alla festa di FdI. Agli zii di sinistra, i saggi, risponde ora: “Posso sempre cambiare idea”. I direttori dei quotidiani le facilitano la scelta: “Sarebbe utile”. Père, papà, Dario Franceschini, con Meloni, consiglia di farci pure le riforme. Il Pd sta per fare un nuovo congresso del Pd, ma senza farlo. Alle Europee le correnti si peseranno e si comincia benissimo. Le candidate donne sono contro la segretaria che da capolista rischia di cannibalizzarle. Al sud, vuole correre Francesco  Boccia. Marta Bonafoni, la vicecapa del Liceo Schlein, no. Vincenzo De Luca, per prendere anche un solo voto in più rispetto a Schlein, vi cucina  la “calamarata”.


Il Pd senza un congresso è come il babà senza il rum. Sono passati pochi mesi dall’elezione di  Schlein e per l’astinenza, i dirigenti dem, rischiavano il ricovero. Per fortuna ci sono le Europee dove è possibile simularlo. Il sistema elettorale semplifica ogni cosa. Si vota con proporzionale, ci sono le preferenze. Le preferenze da esprimere sono tre ma ci deve essere l’alternanza di genere. La contesa è su chi deve fare il capolista. Se Schlein fa la capolista in tutte le circoscrizioni è chiaro che a essere penalizzate sono le donne. Si ricandideranno Pina Picierno, Alessandra Moretti, Irene Tinagli, eurodeputate uscenti, e correranno pure Giuditta Pini, Alessia Morani. Nel Lazio in lista potrebbe esserci Laura Boldrini. C’era il singolare caso di Marta Bonafoni, data per candidata nel Lazio, in ticket con Zingaretti, ma che  avrebbe rinunciato. Troppi uomini e Bonafoni, agli uomini, è solita togliere la parola. Al Nazareno, giovedì scorso, erano state convocate le associazioni antiviolenza per una “assemblea di ascolto”. Era una specie di assemblea d’istituto, un po’ come quella tenuta ieri dalla segretaria insieme a Bersani (il sogno è sempre convincerlo a candidarsi) per parlare di energia e della fine del mercato tutelato. Lasciamo perdere che al Pd le liberalizzazioni piacciono quando le fa Bersani, ma non quando le chiede l’Europa e che, in questo caso, la soluzione (è quanto si prefiggeva Annalisa Corrado, la responsabile energia) è il classico “prendere tempo”. Si diceva della Bonafoni. Era giovedì, quando uno psicologo, invitato  dalla stessa Bonafoni, si impancava in un discorso difficile, complesso, che riguardava l’aggressività degli adolescenti, aumentata dopo il covid. E’ probabile che non sia stato chiaro. E’ probabile che l’abbia detto male. Mancava un niente e lo sculacciavano. Le donne in sala cominciano a battere i piedi. Lo contestano. Lo psicologo comincia a salivare. Bonafoni che modera anziché difendere il suo diritto di parola, gli toglie la parola. Quando lo hanno saputo i dirigenti uomini del Pd, che devono starsi zitti se non vogliono finire indagati per associazione in patriarcato, e processati dalla pm Chiara Valerio, la scrittrice in ascesa nel Pd, si sono limitati a dire: “Ne riparliamo dopo le Europee”. Nel Pd l’accordo è che ogni corrente candiderà i suoi. L’eventualità che Schlein non si candidi è quasi nulla. Deve farlo. Spera ancora di convincere Roberto Saviano.  Base Riformista,  in Lombardia, farà gareggiare Giorgio Gori, Pierfrancesco Maran. Ci sarà pure Lele Fiano. Franceschini ha stretto un patto con Zingaretti. Si dovrebbe candidare al nord pure Zan; nel centro, il sindaco di Pesaro, Ricci; nelle isole, nuovamente, Pietro Bartolo; in Toscana, Nardella; al centro Bonaccini. Articolo 1 proverà con D’Attore, ma deve fare dimenticare il dopo lavoro del suo patriarca Massimo D’Alema. Al sud  il candidato naturale è  Decaro, il sindaco di Bari, anche solo per la bella battaglia che sta portando avanti in nome dei sindaci definanziati dal Pnrr. In Campania, De Luca può scegliere se sostenere Lello Topo, il candidato di Guerini, o se fare un altro nome. Alle ultime elezioni europee, De Luca ha sponsorizzato Franco Roberti che ha preso 145 mila voti. Chiunque sceglie De Luca fa il pieno, ma se De Luca sceglie un nome altisonante, popolare, di sinistra,  il risultato avrà una valenza nazionale. E’ come se avesse scalato il Pd.  Per tutte queste ragioni l’invito di Meloni  torna utile alla segretaria. Il babbo di Schlein, su Israele, ha usato le parole che la figlia non può usare. Giuseppe Conte comincia a pronunciare il termine  “sorpasso”. Nel Pd si sta già preparando la seconda linea e lei neppure se ne accorge. Si comincia a dire: “L’asinello galoppa, Gentiloni lo sella”. E’ il simbolo del primo partito di Prodi e il logo lo detiene ancora Arturo Parisi. In pratica non c’è neppure bisogno del Pd. Alla festa del Riformista, a Napoli, questo sabato, dicono che sia atteso  Gentiloni per conversare con il “direttore”  Renzi. Mentre la segretaria svapa c’è  un mondo che si prepara al suo possibile fallimento. Meloni sta davvero cercando di aiutarla, ne sta allungando la “permanenza temporanea” alla guida del partito. E’ la premier l’Edi Rama di Schlein.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio