Danza pericolosa
La politica muove il mondo e il mondo muove la politica. Salvini l'opportunista non l'ha capito
La fissità è nemica della buona politica, è una malattia infantile e senile. Ma al convegno degli estremisti antieuropei il vicepresidente del Consiglio passa da una posizione credibile di governo a un’incredibile insalata di luoghi comuni antisistema. Non ha un amico che gli impedisca di ballare sul davanzale?
I migliori sono quelli che ti spiazzano. Kissinger che a cent’anni capisce che il posto dell’Ucraina è nella Nato. Meloni giovanissima che fa il capo del governo in Europa e non la capofazione o la tenutaria di care (per lei) ma dubbie memorie. Lollobrigida che scende dal treno dell’ovvio, a Ciampino, e dice chiaro: alleati degli amici di Putin e di Hamas, questo poi no (il prossimo che gli dà di cognato meriterebbe un’inchiesta vecchio stile sulle sue, di parentele). Scholz e i suoi che danno un colpo strategico di timone all’assetto della Germania, imbarcandosi in un giro rischioso, perché l’Europa e l’occidente sono cambiati. Fischer che chiede di rafforzare l’arsenale nucleare europeo come deterrenza antirussa, e Dio solo sa se non ce ne sarebbe bisogno nonostante la memoria antinucleare verde. Starmer che elogia senza timori reverenziali due dei più notevoli statisti del Novecento, un conservatore e un centrista, Thatcher e Blair. E si potrebbe anche continuare, volendo.
La fissità, come la fissazione, è nemica della buona politica, è una malattia infantile e senile. Non è solo il grande Keynes (con il grande Draghi al seguito) che ha detto: cambiano i fatti, cambio le mie idee, e lei? Non è una questione di flessibilità. Il Rinascimento renziano e saudita esiste e non esiste, ma se Roma è eterna, Riad ha per sé un pezzetto consistente di futuro, e Renzi fiorentino si colloca tra eterno e futuro, posizione abbastanza comoda benché non universalmente riconosciuta. Spiazzare in politica è vitale, altrimenti non restano che brandelli di ideologia e simboli spenti. Berlinguer spiazzò tutti con il compromesso storico e Moro fece lo stesso, anche troppo, malgrado la sua infinita prudenza, con il quadro ormai asfittico dell’anticomunismo democristiano d’una volta: ma difesero a un alto costo la democrazia italiana dal rischio di una guerra per bande e del caos. Craxi fu socialista della tradizione autonomista, atlantista chiamato “il tedesco”, ma seppe al momento giusto praticare un garibaldinismo sovranista di cui la storia gli rende merito, nonostante gli errori e gli inganni, appena richiamati da Amato, nella vicenda dell’Achille Lauro e di Sigonella.
La politica muove il mondo e il mondo muove la politica. Chi resta fermo in genere salva la ghirba a scapito di quella degli altri e del benessere delle generazioni a venire. Per questo è grottesco che Salvini pensi sia possibile giocare con le idee e le passioni fino a passare nel tempo breve di un convegno degli estremisti antieuropei da una posizione credibile di governo a un’incredibile insalata di luoghi comuni antisistema, tutto per un posizionamento, che poi si vedrà quanto renda, in campagna elettorale. Sono segni di immaturità di un cinquantenne che è ben deciso a non mettere la testa nel posto giusto, lontano dalle viscere, più in alto per lo meno. Con il risultato che perfino Wilders e Le Pen, impegnati in un ordito governativo e maggioritario, se possibile, di qui al 2027, per ora gli mandano pizzini, la porti un bacione a Firenze, e niente più. La contraddizione è che Salvini fa due parti almeno in commedia, e questo non è flessibilità mentale, è puro opportunismo. Strano che non lo abbia capito nemmeno dopo il grave, penoso, incidente politico che gli capitò in Polonia, dove gente che aveva bisogno di lui e di tutti per difendersi lo mise in mutande, anzi in maglietta. Ma il vicepresidente del Consiglio non ha un amico sincero che gli impedisca di ballare sul davanzale a rischio di nuove brutte cadute?