Ministro ombra
Sport, l'ascesa di Mezzaroma: così l'amico di Meloni sta commissariando Abodi
Il presidente di Sport e Salute con ogni probabilità arriverà a controllare anche il ministero dello Sport. La causa? Diversi malumori sulla gestione di un comparto strategico del ministero che non piace al governo dei patrioti
“Abodi? Macché: il prosciutto ai gatti lo dà Mezzaroma”. L’immagine racconta con fulminea efficacia romanesca la rapidissima ascesa del neo presidente di Sport e Salute, sempre più ministro ombra. Segni particolari: rampollo di una famiglia di costruttori della capitale (il padre e gli zii iniziarono come falegnami sull’Appia e ora hanno un impero immobiliare), cognato del senatore e patron della Lazio Claudio Lotito, ex marito di Mara Carfagna e, soprattutto, amico personale di Giorgia e Arianna Meloni, con le quali ha trascorso anche le vacanze in Puglia quest’estate. Marco Mezzaroma guida la cassaforte dello sport italiano da fine luglio: nomina imposta dalla premier al ministro Andrea Abodi. Sul quale inizia a esserci un tiro incrociato di maggioranza e opposizione. Meloni dice di aver fiducia nel suo ministro, che voleva candidare anche a sindaco di Roma e che reputa persona perbene e capace. Tuttavia inizia anche a registrare diversi malumori sulla gestione di un comparto strategico e molto popolare per il governo dei patrioti, oltre a essere un incredibile serbatoio di consensi. Se qualcosa si sia rotta fra i due non si sa, è vero però che non è passata inosservata la presenza di Abodi a Parigi la scorsa settimana nel giorno della catastrofe italiana.
La sconfitta della candidatura di Roma era nell’aria da settimane – al di là delle dimensioni: ha preso solo 17 voti – e così alla fine l’unico esponente dell’esecutivo presente inviato al Bureau International des Expositions (Bie) è stato proprio Abodi. Non proprio un biglietto andata e ritorno per il carnevale di Rio. Nessun ministro di peso, d’altronde, era disponibile a guidare la delegazione dei “bastonati”. Se quello è stato un segnale, poi ci sono i fatti. Tanti e tutti in un’unica direzione.
Ieri in VII commissione il governo, dunque Abodi, ha rinviato di nuovo il parere sul maxi emendamento, firmato da tutti i gruppi, sull’extratassazione delle scommesse sportive. Si tratta di liberare risorse per 80 milioni di euro da investire in progetti contro la ludopatia, per lo sport di base e per gli eventi. “È una legge ferma da 13 settimane: è una situazione surreale, spia di un immobilismo che ormai è lampante”, spiega Mauro Berruto – ex coach della nazionale maschile di volley – del Pd. Il deputato non fatica a mettere in fila tutti i dossier impantanati: dalla legge del leghista Riccardo Molinari sull’azionariato popolare nei club fino al balletto surreale sulla pista di bob per le olimpiadi invernali (tema sul quale è intervenuto l’altro giorno proprio Matteo Salvini per sbloccare la faccenda e suonare la sveglia al collega di governo).
E poi c’è la riforma del lavoro sportivo, che interessa a 150 mila società, ancora senza le coperture economiche promesse (70 milioni di euro). L’osservatorio permanente latita e i Giochi della gioventù, attesi lo scorso settembre e rinviati al prossimo, sono scomparsi così come il tavolo interministeriale che se ne dovrebbe occupare: non si è mai riunito. Tutti sbuffano, Abodi prende tempo. E intanto a fari spenti, ma sempre nei posti e nelle cene che contano, si staglia la figura di Mezzaroma per molti ormai diventato anche mezzo ministro (o forse ancora di più) dello Sport. L’imprenditore rampante fa parte a pieno titolo della tribù Meloni: nucleo ristretto di potere e condivisione basato su logiche di totale e cieca fiducia. Eccolo di domenica che esce per un po’ di shopping con l’amica Giorgia, eccolo di nuovo in Puglia nel resort blindando in compagnia della premier, di Andrea Giambruno, di Arianna e di Francesco Lollobrigida.
La società che presiede Mezzaroma è il vero portafogli dello sport italiano. Giusto per dare qualche cifra: gestisce circa 1 miliardo di euro tra progetti del Pnrr e fondi ordinari, quasi 500 milioni destinati poi a Coni, federazioni e associazioni sportive. Abodi al posto di Mezzaroma avrebbe preferito Raffaele Pagnozzi, già segretario del Coni e legato a Giovanni Malagò, anche perché per la prima volta si trovava con due figure distinte da nominare, presidente e ad. Ruoli ricoperti fino a quel momento dal potente e trasversale, dalla rubrica telefonica grandiosa, Vito Cozzoli (che il prossimo anno dovrebbe andare in Anas). Invece non c’è stato nulla da fare: Mezzaroma avanza, Abodi è in affanno. È l’altalena di Palazzo Chigi, nuova disciplina governativa di cui tener conto.