Il racconto
Tajani al massimo. Con Metsola e Meloni stringe il patto anti Salvini
Firma l'uscita dalla via della Seta e in Aula pizzica il leader della Lega ricordando che aveva già fatto l'inciucio con Conte. Contro il Carroccio si aggiunge pure Moratti che vuole trasferirsi a Roma
Con un salario minimo, Meloni ha un Tajani al massimo. Queste sono 24 ore da Tajani: ha licenziato la Cina (siamo fuori dalla via della Seta) accompagnato Roberta Metsola, la presidente del Parlamento europeo, a Palazzo Chigi, tirato le orecchie, alla Camera, a Salvini (che aveva prima incontrato Meloni) perché “Ue e Nato restano i riferimenti fondamentali del governo”. Lo chiamano il “Patto di Lamezia Terme”, Meloni-Metsola-Tajani, ed è un inciucione. Vogliono tenere a distanza i sovranisti in birreria, gli amici di Salvini, e pure Salvini, che per Tajani è uno che “stava al governo con Conte”. Salvini accusa Tajani e la premier di adulterio con i socialisti, ma loro gli ricordano che le corna, per primo, le ha messe lui. Si è aggiunta anche Letizia Moratti che, come la vecchia suocera, dice a Tajani e Meloni: “Io ve lo avevo detto di non sposarlo”.
Salvini vuole ricucire. Da giorni fa sapere a Meloni che lui non è Giambruno. Ieri mattina ha spedito una lettera al Corriere, per spiegare che se Meloni e Tajani fanno l’accordo europeo con i socialisti, la buonanima di Silvio Berlusconi si rivolta dalla tomba. Tajani assicura che il santino di Berlusconi lo tiene nel portafogli (insieme alla fideiussione di Marina e Pier Silvio Berlusconi che tengono in vita Forza Italia). Meloni, che di suo deve sciogliere un inghippo, il Patto di stabilità, e farlo insieme a Giancarlo Giorgetti, ora, e non alle Europee, ogni volta che vede le immagini dei sovranisti a Firenze, dice a von der Leyen che lei “quelli non li conosce”, sono solo compagni di pianerottolo a Chigi. Metsola, che nel Partito Popolare conta, mette tutti in collegamento. Facendo ordine. Tajani porta in visita Metsola al sud, in Calabria, dal governatore Occhiuto, a Lamezia Terme (da qui il patto) per dire ai calabresi: “Non fidatevi della birra sovranista, l’Europa vi regala il Pnrr, che è buono quanto il vostro bergamotto”. Metsola, che punta a un altro grande incarico in Europa, dice a von der Leyen, ma pure a Bruno Vespa (è andata ospite in trasmissione) che da quando c’è Meloni al governo “si vede che l'Italia conta. E’ una donna pro-Ue molto forte. Ed è per questo che noi contiamo su di lei. E io conterò non solo sulla sua amicizia ma sulla sua leadership”. Meloni e Metsola si sono viste a ora di pranzo. Non appena Metsola esce da palazzo, Salvini spedisce una cartolina, una foto. C’erano lui e Meloni sorridenti e sotto la didascalia “Meloni e Salvini al termine del faccia a faccia”. Dato che per Meloni, tutte le volte che i giornalisti scrivono “Meloni è infuriata con Salvini” è falso, e dato che a dir la verità quello che si sono detti sul serio, Meloni e Salvini, lo sanno solo Francesca Verdini (per conto di Salvini) e Patrizia Scurti (per conto di Meloni) meglio affidarsi a due veline linde, linde, omaggiate. In entrambe c’ è scritto che “è confermata piena sintonia”. E però, e non ce ne vogliano né Salvini né Meloni, si conferma la piena sintonia se la sintonia era stata messa in discussione. Lo stato delle relazioni lo raccontano sempre i vicini di casa. I parlamentari di FdI: “Salvini, fa schiuma e il problema è che la farà fino alle Europee”. I parlamentari della Lega: “Tajani al nord sta esagerando e Meloni tra un po’ decide pure quello che dobbiamo mangiare”. Alla Camera, i giornalisti occhialuti si accorgono subito che la foto in verità non è a Palazzo Chigi, ma bensì al quinto piano della Camera, negli uffici di FdI. Ahi. Neppure si finisce di fare i detective che arriva Tajani al massimo, per rispondere alla domanda preparata da Italia Viva con controreplica di Davide Faraone. Sintetizzata, la domanda è questa: “Caro vicepremier, ma lei cosa ne pensa dell’altro vicepremier, quello di Firenze?”. Il vicepremier Tajani, che ha una camicia che anche solo per fare pace, dovrebbe regalare a Salvini (tanto è bella e ben stirata) si prepara una rispostona di quelle che fanno uscire i ministri dall’Aula, prendere il primo giornalista sbarbatello e dire: “Ti è piaciuta, eh?”. La rispostona è la seguente: “Vorrei rassicurare gli onorevoli interroganti che si dichiarano preoccupati per le posizioni della Lega e il danno - che a loro dire- arrecherebbero all’Italia e ricordare che sono gli stessi che nella scorsa legislatura hanno permesso la nascita di un governo che includeva anche la Lega”. Secondo quanto confida un diplomatico della Farnesina, che segue Tajani, “Meloni si è già accordata con von der Leyen per traghettare Ecr in maggioranza”. Sembra di stare in un porto, che per competenza è materia di Salvini, visto che, come dice un leghista, Tajani ora deve fare attraccare Moratti al governo se non vuole che Moratti faccia la leader di FI. Il diplomatico, che è appunto diplomatico, risponde piccato, “come se per Tajani questo fosse un problema. Avere una figura come Moratti al governo servirebbe. Eccome. La sua rubrica di imprenditori vale quanto un Pnrr”. In questo ginepraio si capisce solo che Meloni, per realizzare il suo sogno europeo (fare la Merkel) si affida totalmente a Tajani, e vede benissimo pure Moratti a Roma (se serve) perché, a sua volta, indebolisce Salvini al Milano e dintorni. La sinistra è invece debole per costituzione. Ieri il salario minimo è passato con 153 voti. La maggioranza ne conta 238. Ne bastavano 160 per affossarlo, che sono i voti di tutto il centrosinistra unito, peccato che i “no” siano stati alla fine solo 118. Gli assenti erano 52. Altri 72 deputati su 400 erano in missione. Di questi 72 in missione ben 21 erano dell’opposizione. Meloni a Chigi ha tutto quello che le serve: governo, gradimento dell’America, i sorrisi di Metsola. E poi ha lui, Antonio, l’infaticabile. Tajani massimo, opposizione minima.
Equilibri istituzionali