Patto di stabilità
Meloni e Salvini tentati dal Mes e dal pacchetto Draghi-Giorgetti in Europa
In cambio del sì al Mes e al nuovo Patto di stabilità si fa strada l'ipotesi di Draghi al Consiglio europeo e il ministro dell'Economia al posto di Vestager per gestire i difficili dossier su liberalizzazioni e aiuti di stato
L’unico pacchetto su cui ragiona Giorgia Meloni è questo: Draghi al Consiglio europeo, Giorgetti commissario alla Concorrenza, il Mes approvato, la destra italiana sdoganata per sempre. Meloni può avere un italiano che la tutela, Salvini un leghista in Commissione Ue. La stabilità europea e del governo passa ora da questo patto Meloni-Salvini. A Bruxelles c’è un negoziato in corso, ma in Italia la destra negozia il potere da qui ai prossimi dieci anni. Il cavallo di Troia è Giorgetti. Meloni e Salvini possono a loro modo “bruciare” l’Europa e spartirsi il bottino in Italia. Salvini sarebbe libero sui temi economici, Meloni afferrare il ministero dell’Economia e cederlo a Maurizio Leo, gestire personalmente le privatizzazioni. In vista del Consiglio europeo, la premier relazionerà in Parlamento il 12 e il 13 dicembre. Il Mes torna in Aula il 14. Ci sarebbe la promessa di Salvini a Meloni. Se serve, lo vota.
Il negoziato sul Patto di stabilità, all’Ecofin, ha finalmente prodotto una bozza vera. Manca la ratifica. Ci sarà un altro Ecofin straordinario da fissare tra il 18 e il 21 dicembre, ma il percorso malgrado le minacce italiane è segnato: l’Italia vuole accordarsi. Meloni potrebbe presentarsi in Europa con il Mes ratificato, un Mes che è uno strumento modificato. Nelle intenzioni italiane il Mes dovrebbe finire sotto l’ombrello dell’europarlamento tanto più dopo il nuovo Patto di stabilità. Il Mes è l’ultimo feticcio della Lega ma la Lega questa volta non può distinguersi, né astenersi dal voto. La premier ha chiesto lealtà e lo ha fatto durante l’ultimo incontro con il vicepremier. Oltre alle note ufficiali c’è ora una frase più sincera che Meloni avrebbe rivolto a Salvini: “Siamo d’accordo che insieme significa insieme anche in questa circostanza”. Salvini ha annuito. A Palazzo Chigi dicono che le due note di Meloni e Salvini erano volutamente identiche. Per la premier la frase “confermata la piena sintonia” è il sigillo. Uno dei dirigenti della Lega, di prima linea, riconosce “che le condizioni stanno mutando e che il Mes può essere votato”.
Meloni parla ormai di europeismo spiccio, un europeismo che come ha ricordato ieri ha permesso di approvare definitivamente la revisione del Pnrr e dunque “intendiamo proseguire su questa strada”. E’ un percorso che accelera in seguito a una sottile operazione che, in altri tempi, Meloni avrebbe definito “da poteri forti”. Il quotidiano Repubblica ha titolato, in prima pagina, “Draghi candidato” al posto di von der Leyen, con la sponda di Macron. La candidatura c’è ma è quella a presidente del Consiglio europeo. E’ l’equivalente del Quirinale italiano che Draghi non ha raggiunto. Seguendo la logica della destra, l’indiscrezione assume un valore speciale . L’editore di Repubblica è John Elkann che possiede pure l’Economist, oltre a Stellantis, il gruppo di automobili franco-italiano. In questo momento la Francia, sulle modifiche al Patto di stabilità, è la nostra migliore alleata. Questa candidatura di Draghi, annunciata nella settimana cruciale europea, vuole essere un invito a Meloni a salire a bordo, partecipare al tavolo della nuova Europa. Sostenere Draghi sarebbe un gesto molto, e si ripete molto, gradito all’America. Gli inviti, a dirla tutta, per Meloni, sono due. Un altro candidato in corsa è Enrico Letta. In entrambi i casi, Meloni condivide la loro agenda politica, un’agenda che ha come punti non negoziabili la difesa dell’Ucraina, l’atlantismo (questa settimana l’Italia ha strappato l’accordo Via della seta con la Cina).
Per Meloni non è difficile farne parte e Salvini può farne parte rimanendo fuori. Il cavallo per “incendiare”, da dentro, l’Europa dei banchieri (quelli contro cui si è scagliato Salvini a Firenze) è Giorgetti. Draghi potrebbe favorire la sua nomina a commissario per la Concorrenza, il ruolo della Vestager (o in alternativa per il mercato interno). Sono caselle decisive per l’Italia. I dossier che frenano il Pnrr riguardano le liberalizzazioni mentre l’altro grande tema è la riforma degli aiuti di stato (argomento sensibile per la Lega). Meloni e Salvini hanno pure questa fortuna. Possono scegliere. Avere due italiani di peso in Europa o restare il peso piuma d’Europa.