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editoriali

Il doppio moralismo di Giuseppe Conte

redazione

Il leader del M5s chiede le dimissioni per gli indagati di governo, ma premia la condannata Chiara Appendino

Giuseppe Conte è tornato a imbracciare il giustizialismo grillino delle origini. In una lettera alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni pubblicata sulla Repubblica, il presidente del M5s ha chiesto la rimozione o le dimissioni di vari esponenti di governo coinvolti in diversi casi giudiziari: il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, rinviato a giudizio per il caso Cospito; il ministro del Turismo Daniela Santanchè, per le inchieste sulle sue società; il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, per gli incarichi e le consulenze; il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, per le inchieste giornalistiche sulla sua casa; il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, per la celebre fermata fuori programma del treno. “Auguriamo ai membri del suo governo coinvolti in procedimenti penali di potersi difendere efficacemente in giudizio, con tutte le garanzie del giusto processo”, scrive Conte. Ma bisogna “salvaguardare l’istituzione di governo”: “Al di là delle vicende giudiziarie, che poi si risolvono nei tribunali, esistono ragioni di opportunità politica” per pretendere le dimissioni.

Il ragionamento di Conte, come detto, si rifà alla tradizione giustizialista grillina, ma stride con la prassi attuale. Perché ieri, nel giorno in cui chiedeva le dimissioni di esponenti di governo semplicemente indagati o rinviati a giudizio, Conte nominava vicepresidente del M5s Chiara Appendino, che da pochi mesi è stata condannata in appello a un anno e sei mesi (sentenza che conferma quella di primo grado) per omicidio, lesioni e disastro colposi riguardo ai “fatti di Piazza San Carlo a Torino” (tre morti e 1.600 feriti).

Non vale la giustificazione che quello nel M5s è un incarico di partito mentre per gli esponenti della destra si tratta di incarichi istituzionali, perché quando nel 2021 arrivò la condanna di primo grado Appendino era sindaca di Torino. E Conte, novello leader del M5s, non solo non ne chiese le dimissioni, ma l’anno successivo la candidò capolista alla Camera in Piemonte.

Peggio del moralismo c’è solo la doppia morale.

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