l'intervista
Il sindaco di Trieste: “Il limite di mandati è una boiata pazzesca. Va tolto”
Parla Roberto Dipiazza: "Per questa legge senza senso ho perso cinque anni in cui avrei potuto fare un sacco di cose per la città. Sono i cittadini a dover scegliere. I miei colleghi di Lubiana e Vienna questi problemi non ce li hanno"
“Il limite dei due mandati per sindaci e presidenti di Regione è una boiata pazzesca, una cavolata. Negli altri paesi a noi vicini non ce l’hanno. E allora perché dobbiamo continuare a sottostare a queste vere e proprie cretinate?”. Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, che è un esponente del centrodestra, all’argomento di cui si discute nella sua coalizione è particolarmente interessato. “Finirò il mio mandato nel 2027, dopo 26 anni da primo cittadino. Eppure in questi anni ho dovuto passare da tutte le forche caudine”. Si riferisce soprattutto alla mancata ricandidatura nel 2011, proprio per i limiti della legge sugli amministratori locali che vieta di andare oltre i due mandati. “Un errore, perché pensate quante cose avrei potuto fare per la mia città in quei cinque anni. E invece ha governato un sindaco che poi però subito i cittadini hanno rimandato a casa. E’ così che funziona: se è il cittadino, il popolo a decidere, perché dobbiamo continuare ad avere questi limiti senza senso?”.
Dipiazza ha letto e ha condiviso le dichiarazioni del presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, secondo cui “se si limitano i mandati si limitano le scelte dei cittadini”. E per cui, in aggiunta, non ha molto senso insistere su una norma che ha applicazione soltanto in ambito locale, visto che nella riforma che introduce il premierato non si prevede alcun vincolo di rielezione o divieto di permanenza vita natural durante a Palazzo Chigi. “Io guardo all’esempio dei miei colleghi all’estero”, spiega Dipiazza. “Il sindaco di Lubiana Jankovic governa la città da vent’anni. Così ha potuto trasformarla completamente, ottenere veri risultati. La stessa cosa ha fatto il sindaco di Vienna. Un mandato di cinque anni serve a prendere dimestichezza con il territorio. Ci sono sindaci che all’inizio nemmeno conoscono il nome delle strade. Per una vera trasformazione c’è bisogno di tempo e di mandati lunghi. L’ho sempre pensata così”.
Un discorso che secondo il longevo sindaco del capoluogo triestino, eletto per la prima volta nel 2001 dopo un periodo di “apprendistato” come primo cittadino del comune di Muggia, si adatta ancor meglio alle grandi città: “Noi siamo una città relativamente piccola, abbiamo 200 mila abitanti. Ma cosa dovrebbero dire i sindaci delle grandi città, che sono ancora più complesse? Il limite attuale non ha veramente senso”. In più secondo Dipiazza, “io che nella vita faccio l’imprenditore, campo e vivo con i miei guadagni, non gravo sui contribuenti. Per cui, in linea di principio, per quale ragione non posso continuare a servire la mia città se ne ho voglia? Se sono i miei concittadini a chiedermelo? Non se ne capisce la ragione”.
E’ esattamente il discorso fatto da Luca Zaia, che punta a una rielezione come presidente della Regione Veneto. Prospettiva verso sui si oppongono in Forza Italia, con il ministro Tajani che lunedì ha detto: “Non è che possiamo fare le leggi per qualcuno, e poi è sano garantire un ricambio nella leadership delle regioni dopo 10 anni. Un conto sono i sindaci dei comuni piccoli, un conto i presidenti delle regioni”. Al punto tale che gli hanno risposto sia il ministro Crosetto, dicendosi favorevole al fatto che scelgano i cittadini. Sia lo stesso Zaia. Meloni non dovrebbe prendere in mano la situazione e avere più coraggio ascoltando voi amministratori? “Ma di lei mi fido”, dice ancora Dipiazza. “Più che altro, quelli che adesso si lamentano dov’erano finora? Perché il problema è sempre esistito, anche se sembra che qualcuno se ne sia accorto solo adesso”. A ogni modo, Dipiazza ci tiene a chiarire al Foglio che il suo è un ragionamento di principio. Non lo riguarda e non lo riguarderà più in prima persona. “Ho fatto il sindaco per tanti anni. Al termine del mio mandato saranno, come ho già detto, ventisei. Mi consentite di andare in pensione?”.