Il colloquio

Conte: "Il Mes non lo voto, lo farà Meloni con Pd e Renzi. Giorgia cerca Elly, ma trova sempre me"

Simone Canettieri

Il leader del M5s al Foglio: "La premier quando va in Europa sembra andare in giro per mercatini di Natale: mi soffre per come faccio opposizione"

“Ma le pare che voterò il Mes? Il Mes se lo voterà Meloni. Con il Pd, Italia viva e Forza Italia”. Sorriso da fossette e denti da pubblicità. Poi Giuseppe Conte riprende a parlare. “La premier d’altronde è in enorme difficoltà – dice al Foglio il leader del M5s – ha capito che cosa significhi governare e la sua proverbiale coerenza sta facendo acqua da tutte le parti.  Quando va in Europa sembra che stia in giro per i mercatini di Natale”.

Conte è al centro del Transatlantico con un morbidissimo cappotto di cachemire appoggiato sulle spalle. Ciuffo iper tonico. “Mi spiace per Meloni, ma all’opposizione deve fare i conti con noi, con me”.

Eppure la premier fa di tutto per cercare di polarizzare lo scontro con Elly Schlein.

“Ma c’è il M5s mi spiace per loro”. Il leader grillino ha ritrovato una rinnovata centralità. Grazie al costante corpo a corpo che Meloni gli concede. E’ accaduto anche in Senato.  


Presidente, Meloni ha sventolato il fax con il quale l’allora ministro Luigi Di Maio autorizzò l’ambasciatore italiano presso l’Ue, Maurizio Massari, a firmare il trattato di modifica del Mes: lei era in carica solo per gli affari correnti, ha detto la premier (come scoperto dal Foglio il fax è del 20 gennaio: una settimana prima delle dimissioni, la leader di Fdi ha detto dunque una cosa inesatta).

“Sì ho sentito, la battuta sul favore delle tenebre, ma sono stupidaggini. Quello fu un atto burocratico di secondo e terzo livello. Il grosso era stato fatto e alla luce del sole: in Aula. C’era stato un voto e una discussione sulla firma del nuovo Mes. Anzi, lo sa che sul disegno di legge del 2011 ci sono le impronte digitali di Meloni, all’epoca ministro della Gioventù? Poi c’erano La Russa alla Difesa, Calderoli, Fitto: devo continuare? Facevano tutti parte di quel governo guidato da Berlusconi. Di cosa parliamo?”.

Però anche il suo governo disse di sì.

“Ma migliorato, con il backstop e al centro di una vera logica di pacchetto”. Però adesso ci appena annunciato che quando andrà in Aula non lo voterà. “E’ la maggioranza che deve prendere una decisione. E non deve prendere in giro gli italiani. Governa Meloni: vediamo quanto è coerente. Le racconto un’altra cosa”.

Prego.

“In piena pandemia, con il Pd e Renzi che spingevano per farmi accendere la linea del Mes sanitario riuscii a impormi e dissi a Merkel che stava guardando a questo tema con gli occhiali del passato. Se avessi detto di no, mi avrebbero fregato e non avrei portato a casa i fondi che poi hanno costituito l’ossatura del Pnrr. Mi sono fatto valere, grazie anche al gruppo parlamentare del M5s”.

Dite tutti così voi premier (ed ex) quando parlate dell’Europa: ci siamo fatti valere, siamo autorevoli, abbiamo imposto un cambio di passo, prima non era così, ora è cambiato tutto. Gioco delle parti? “Le ricordo che sono riuscito a tenere la barra dritta anche quando, nel mio primo governo, ero a capo di un esecutivo con certi matti della Lega, non proprio europeisti. Bene riuscii a evitare ben due infrazioni che sembravano imminenti”. 


Conte, lo ammetta: si sta divertendo ultimamente. Sorriso malizioso dell’ex premier.

“Faccio opposizione sul merito delle cose”. Non fa che battibeccare con Meloni, e intanto Schlein fatica a imporsi: per lei sembrano esserci praterie.

Addirittura, alla vigilia della bella mostra all’ex Mattatoio di Testaccio su Enrico Berlinguer, bussola e santino del Pd, con una lettera inviata a Repubblica ha agitato anche la questione morale sui casi giudiziari Delmastro, Santanchè e Sgarbi.

“Ci ho pensato tre giorni prima di scrivere quella lettera. Ma era giusta e credo che abbia funzionato”.

Anche la sua Chiara Appendino, ora nominata vicepresidente del M5s, ha avuto una condanna in appello per i fatti di piazza San Carlo a Torino.

“Ma sono discorsi differenti: quando Meloni vuole decidere sul suo partito riunisce in cucina la sorella e il cognato e fa ciò che vuole. Perché i partiti sono cose diverse dagli esponenti di governo che dovrebbero rappresentare tutti”.

Splendido ed efficace nella sua coerenza contiana – non voterà la ratifica del nuovo trattato del Mes che lui stesso ha firmato quando era premier – il capo del M5s se ne va. Subito seguito con gli occhi e di persona da un codazzo di parlamentari grillini che sembrano adoranti al suo cospetto. 

Nel gioco delle differenze con Schlein, che sono tante e anche di staff, c’è pure questo aspetto: Conte non ha più correnti e capibastone interni, caminetti e conventicole, che gli fanno il controcanto. Non ha neanche, come in passato, Beppe Grillo a rovinargli le giornate (i due si sono sentiti dopo il ricovero in ospedale del garante-fondatore).

E intanto, appena può, punge Meloni su un populismo che forse un po’ li accomuna con una perfetta macchina social, rodata a Palazzo Chigi. Si mette il cappotto, che gli fa da mantello. Ecco a chi somiglia: è il Conte-Fantomas o Giuseppe Mandrake, personaggi usciti dai vecchi fumetti. Sempre in grado di sferrare un colpo: sdeng, bum. Nel Pd c’è chi lo rimpiange o comunque lo rispetta. Meloni lo teme, questo è sicuro. Schlein chissà.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.