L'editoriale dell'elefantino
La festa dell'unità dei fasci democratici
Dal Partito comunista a Fratelli d'Italia. Una storia infinita e uno spirito di partito che sopravvive
Il partito che aspira alla totalità e alla prefigurazione adora le feste di popolo. Ne ho costruite tante, quando ero comunista. Stand, libri, sport, amorazzi, dibbbattiti a schiovere, ma anche ciondoli, artisti a spasso, disegni di Guttuso abbozzati sulle tovaglie, concerti, bandiere di pace e inni di guerra, ci sono mancati solo gli armocromisti. Poi, passato dalla parte opposta, da anticomunista fui invitato a una festa a Bologna, mi pare, e dovettero intervenire i carabinieri perché non era gradita la mia parlanza paradossalberlusconiana, ma non poi tanto, invero un cincinin provocatoria. Gian Carlo Pajetta una volta mi disse che un compagno gli aveva indicato una Festa dell’Avanti!, il quotidiano dei socialisti, aggiungendo: è la Festa dell’Unità dell’Avanti! Oggi è la volta di Atreju, la Festa dell’Unità dei fasci democratici.
Tutto uguale. L’ansia di totalità e prefigurazione produce una storia infinita, lo spirito di partito sopravvive, ma non in quelli che vanno alla mostra su Berlinguer a Testaccio, encomiabile iniziativa rétro del leggendario Sposetti, piuttosto nel magnifico e postmoderno venditore di almanacchi Donzelli, animatore e costruttore del teatrino della premier e Madonna della destra di governo, la ex Ducia vocale, la presidentessa quasi impeccabile, l’europeista, l’atlantista romanesca eccetera, che chiuderà i lavori dinanzi a grande folla nei giardini di Castel Sant’Angelo, lavando nel sangue oratorio l’offesa per il diniego di ospitalità di Elly Schlein (errore blu).
Tutto uguale. La sublime Roccella con la sua voce chioccia pontifica sulla famiglia e il patriarcato e si confronta con la grande Concia, esclusa dalla funzione istituzionale e bersaglio di destra e sinistra, ma impettita nel fioretto Lgbtq+ versus Family day. Tutto uguale. Briatore cazzia Santanchè, consenziente alla ramanzina, per il turismo straccione. Tutto uguale. Arriva la grande star internazionale, mister X, forse anche il premier angloindiano (origini: Kenya, Tanzania, Punjab, religione induista) che fa tanto multiculti. L’esotismo è di rigore, anche se non ci sono più Luis Corvalán e gli Inti Illimani. Nulla più esotico di Atreju, eroe antinichilista, per la gioia della controrivoluzione antimoderna ma molto contemporanea. Apertura e confronto sono il codice assoluto di queste manifestazioni totali e prefigurative, segue la sintesi politica, il numero uno spiega e rispiega, celebra e incoraggia, elogia e si elogia, e si staglia poi una lunga campagna elettorale, di governo e di opposizione o se preferite di lotta. Niente salamelle e tortellini. Prevalgono pane e salsiccia, porchetta, l’Emilia è lontana, ma i militanti e i clienti, sempre parecchi, sono affamati anche e sopra tutto di intrattenimento politico e ideologico. Ci mancherebbe altro.
Tutto uguale. Non c’è più il funzionario colto di Rai3 che la sa dire lunga su comunicazione e politica, ma c’è il direttore degli approfondimenti che sfida e provoca l’opposizione parlamentare. C’è il ministro dell’Economia che castiga l’assemblea di condominio europea e annuncia veti che non ci saranno. Molta eccitazione compensa qualche flop e qualche sonnellino. Trionfa spesso la cosa che meno interessa, la politica estera, il successo nel mondo compensa nel megaschermo ogni possibile delusione, la memoria è coltivata e condivisa, anche se è una memoria diversa, opposta, nelle due feste di popolo decisamente simili, anzi identiche. Il freddo però aiuta a stare svegli, è climaticamente scorretto. In più l’atmosfera natalizia, l’abbracciamoci tutti, il partito, la sorella, e la solita famiglia, che poi non è così male.