L'intervista
"Il Patto di stabilità è un buon Patto per l'Italia. Sul Mes, Conte e Meloni si somigliano". Parla Benassi
"Il problema dell'Italia però è la crescita. Meloni non è stata messa all'angolo. Il Mes è in realtà una questione di poltica interna". Intervista all'ex ambasciatore a Bruxelles e consigliere diplomatico dell'ex premier
Ambasciatore Benassi, possiamo chiamarla ambasciatore anche da ex? “Potete”. L’Italia ha appena firmato il nuovo Patto di Stabilità. Secondo l’ex ambasciatore a Bruxelles UE, Berlino, Tunisi, il consigliere diplomatico di Giuseppe Conte, Piero Benassi, abbiamo vinto o abbiamo perso? “Mi sembra che sulla modifica delle regole alcune richieste italiane siano state accettate, rimane imperativo lavorare sul fronte della crescita altrimenti qualsiasi numero di salvaguardia o altro rimane difficile da rispettare”. Vuole giocare al gioco dei titoli? “I giornali semplificano e il gioco non mi piace”. Sul nuovo Patto “siamo stati messi all’angolo”, “l’Italia, sotto schiaffo” e probabilmente leggeremo, che abbiamo ceduto al “diktat franco-tedesco”. Caro Benassi, siamo “messi all’angolo”? “Non siamo stati né isolati, né tagliati fuori, neppure messi all’angolo”.
E però, ambasciatore, Francia e Germania, ventiquattro ore prima, hanno chiuso l’accordo e il ministro dell’Economia, Giorgetti, è rimasto in silenzio. Silenzio assenso? “Il suo silenzio, come quello della premier, l’ho letto come il segnale di un negoziato i cui termini erano già consolidati. Era la prova che l’Italia si stava accordando”. Ripartiamo dai numeri che ci hanno fatto girare la testa. Una soglia di deficit che deve stare sotto al tre per cento, anzi, all’1.5, e un piano per rientrare dal debito lungo sette anni. Numeri a parte. Crede davvero che riusciremo a rispettare il nuovo Patto? “Mi permetto di spostare l’attenzione sulla crescita. Per settimane ci siamo occupati dei numeri senza parlare della crescita. Se c’è crescita quei numeri non devono farci paura. Senza crescita tutti i patti sono cattivi, questo voglio dire. Sinceramente, nell’ultima legge finanziaria, alla crescita ho visto dedicata poca attenzione. L’Italia si sta dimenticando dei suoi uomini neri”.
Chi sono gli uomini neri che dobbiamo temere? “Il primo uomo nero è incarnato dalla competitività bassa. Mancano ancora riforme essenziali. Penso alle semplificazioni della Pa, alla riforma sulla giustizia civile per non parlare della concorrenza. L’altro uomo nero è rappresentato dal calo demografico”. In questo negoziato siamo stati più vicini alla Francia. Non è che stiamo per diventare amici dei francesi? “E’ evidente che negli ultimi mesi ci sia stata una divaricazione tra Parigi e Berlino e che oggi Parigi sia più vicina alle nostre istanze”. Tra le altre parole del 2023, legate al Patto, c’è “la logica a pacchetto”. La logica a pacchetto, nel caso italiano, ha funzionato? “La logica a pacchetto non è blasfemia, è un’arma della diplomazia. Si utilizza, ad esempio, negli accordi commerciali. Ma la logica a pacchetto deve essere coerente e realmente collegata altrimenti rischia di sfociare nel velleitarismo”. Le va di parlare di Mes? “Ne ho parlato quando mi è stato chiesto e ho sempre cercato di spiegare che questo Mes è un po’ diverso; tra l’altro prevede una rete di sicurezza nell’ambito della gestione delle crisi bancarie”.
Il Mes oggi tornerà inevitabilmente come grande questione nazionale. La destra riuscirà, finalmente, a liberarsene? “Va premesso che ratificarlo non significa utilizzarlo. Si parla in quel caso di ulteriore passaggio in Parlamento, eventuale decisione politica che sembra ragionevole. Contro il Mes vedo il rischio di un processo alle intenzioni”. E’ stato firmato dall’ex premier Conte che è stato sfidato da Meloni. Lo avete firmato con il “favore delle tenebre”, alla “chetichella”, come ha denunciato al Senato la presidente del Consiglio? “Non è stato firmato con il favore delle tenebre e neppure alla chetichella. C’è stato un passaggio in Parlamento”. A proposito, ma voi diplomatici usate ancora il fax? “Il fax che è stato mostrato in Aula non è un fax. Sono messaggi diplomatici che non vengono spediti tramite fax. Chiamarlo ancora fax, e lo dico ironicamente, dà l’idea di un paese resiliente alla transizione digitale”. Cosa ne pensa di Conte che lo ha firmato ma che ora è pronto a non votarlo in Aula? “Decisioni di politica interna, che ha le sue liturgie, come per la destra. A me piacerebbe parlare d’Europa”. Lega e FdI ne hanno fatto una bandiera. Sul ponte sventola bandiera bianca Mes? “Immagino che a destra si tratti di dimostrare coerenza con quanto affermato in passato. Sono questioni identitarie, interne, ma non sono grandi questioni in Europa”.
L’accordo Italia-Albania è una grande trovata di politica estera di Meloni? “Non ci vedo un salto di qualità se non un andare e venire tra Italia e Albania che non sarà a costo zero. Non è un salto di qualità nella sostanza, mi sembra”. Meloni europea come è vista da un ex ambasciatore europeo? “E’ una premier che si sta muovendo con determinazione in un momento complesso, difficile, con due guerre ed altre sfide di rilievo in agenda. Ha qualità tecniche indiscutibili”. E’ vero che si candida alle elezioni europee con il M5s? “Lo smentisco. E non è la prima volta.” Dunque che farà? “Mi voglio dedicare ai giovani. Inizierò a breve un corso universitario alla Cattolica. Forse rilascerò qualche intervista”. Ne facciamo un’altra? “Ma solo se posso parlare di Europa anziché di politica interna”.