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Il racconto

Gli smessati. Tajani bastonato, Salvini sorride. Giorgetti minaccia (ancora) l'addio

Carmelo Caruso

Cronaca di una bocciatura annunciata. Il Mes respinto alla Camera spacca la maggioranza. FI si deve reinventare. Salvini felice è convinto che la Lega ripartirà da Vannacci

A Napoli si chiamano gli sfessati, alla Camera gli smessati. Sono i parlamentari che si sono liberati del Mes. Il trattato viene bocciato: 184 contrari, 72 favorevoli. Forza Italia e Noi Moderati si astengono. Il governo si smessa. Meloni si separa da Tajani per non disunirsi da Salvini e Salvini si allontana da  Giorgetti (minaccia, ancora, di lasciare)  per riunirsi con Claudio Borghi. Alle 10 di mattina,  Marco Osnato, di FdI, dice che “Forza Italia potrà presentarsi alle Europee come il partito più europeista. Gli abbiamo fatto un regalo”. E’ segno di fregatura. Paolo Barelli, il quasi Tajani, ripete che lui non sapeva  nulla dell’accelerazione e che è solo “campagna elettorale”. Salvini sorride. Ha vinto. In Europa si parla di Superlega (ma è di calcio).


La maggioranza di governo si è presa a torte in faccia convinta così di non perderla. L’ha persa, la faccia, Giorgetti ed è contentissimo. Non appena gli farà comodo si servirà di questo voto sul Mes per dire,  una volta ancora: “Me ne vado”.  Le figuracce, per lui, sono come le scappatelle. Se occorre, anche dopo quarant’anni di matrimonio (dopo la manovra) si ricorda dell’offesa. Pure Elly Schlein gli ha chiesto di dimettersi.  Mercoledì, a Palazzo Chigi, Salvini fa sapere a Meloni che sul Mes lui non torna indietro. Allo stesso tavolo ci sono Meloni (videocollegata) Fazzolari, Tajani, Salvini. Che Meloni sul Mes lo lasci da solo a cantar vittoria è fuori discussione. Salvini avvisa Giorgetti che il Mes non lo vota e Giorgetti, che invece voterà il Patto di stabilità, non si oppone. Spiega che dopo quel Patto è possibile fare entrambe le cose: o votare o strappare sul Mes “tanto il mondo non cadrà”. Del resto, sul Mes, la credibilità ce la siamo giocata da anni. La parte del partito smessato la recita Forza Italia. Si astiene. Quando si capisce che si andrà in Aula, al voto, il partito di Tajani si divide. C’è chi dice che “a questo punto è meglio votare a favore anziché astenersi”. E’ l’area Ronzulli-Mulé-Cattaneo. La metafora più adatta la trova Andrea Orlando, ex ministro del Pd: “Il governo si sta ribaltando da solo nel parcheggio”.  Riccardo De Corato, che è la chioccia di FdI, si limita a dire che se fosse stato per lui avrebbe detto no “già sei mesi fa”. Luca Toccalini, segretario della Lega giovani, è dell’opinione che la notizia del giorno è la decisione della Corte Europea sulla Superlega: “Del Mes, all’Italia che lavora, non importa nulla. Parlateci della Ferragni”. E’ già il nuovo “Parlateci di Bibbiano”. Bagnai, che della coppia B&B (Borghi & Bagnai) è quello malmostoso, rimprovera in malo modo il cronista che lo chiama ancora senatore (è deputato). L’altro, il Borghi, senatore vero, già alle nove di mattina è in tribuna perché vuole godersi lo spettacolo. Sono anni che, insieme al suo compare, lotta su questo trattato che, ci racconta un altro leghista, “serve solamente a comprare i titoli dei paesi tripla A. E noi non lo siamo. Tanto vale…”. A Borghi va riconosciuta la tenacia e pure la simpatia. Su Twitter si è inventato il calendario del Mes, una specie di calendario dell’avvento. La Coppa Mes è sua. Giulio Tremonti si aggira per garantire che le borse non crolleranno, che lo spread non esploderà. C’è chi ricorda ancora l’insuperabile imitazione che faceva di lui  Corrado Guzzanti quando parlava di “cetriolo globale”. Un cronista chiede a Tremonti se il nuovo Patto di stabilità sia un “cetriolo globale”, il professore schiaccia l’occhio. In tremontiano significa cetriolo medio. C’è la strana sensazione che si stia vivendo una tragica pagina di storia patria ma come se tutto fosse girato dal regista Monicelli. Luigi Marattin,  di Italia viva, sfida i colleghi di destra: “State affossando un paese”. A destra rimangono sconvolti dall’intervento di Giuseppe Conte, in Aula. Urla che Giorgetti e Meloni sono tornati da Bruxelles con “un pacco di Natale” anziché con il “patto”. La battuta gli piace e la ripete due volte. L’unico intervento da parlamentare adulto è di Enzo Amendola, uno che è favorito pure dal cognome, e che alla maggioranza dice: “Siete uniti dal potere, ma il potere per il potere non fa una politica”. Il governo, di fatto, non c’è. Tajani è con la famiglia. Meloni influenzata. Salvini è sul treno. Il solito Barelli viene circondato dai cronisti. Davvero, come diceva all’inizio Osnato, Forza Italia avrà l’occasione di distinguersi rispetto a Lega e FdI, ma la verità è che solo uno svitato può presentarsi in campagna elettorale e raccontare che “noi siamo quelli che sul Mes si sono astenuti”. Salvini, che era già pronto per il voto, riempie tutti i social con il post “Vittoria”. Sembra che l’Italia abbia vinto i Mondiali. La candidatura di Vannacci, a sentire i leghisti, è cosa fatta. Stefano Candiani che, insieme a Federico Freni, vanta il miglior armadio del partito, promette che se serve c’è pure lui. Qualcuno che parla con il Quirinale (c’è sempre qualcuno che parla con il Quirinale) assicura invece che Mattarella non avrebbe gradito la gestione del voto e che, come minimo, dopo il voto, la premier, imbottita di tachipirina, sarebbe dovuta salire al Colle. Non si capisce molto tranne che questa fatica è finita. Salvini è sicuro che da oggi la Lega riparte. Meloni che ha fregato Salvini. I nemici di Tajani dicono che Salvini e Meloni hanno raggirato Tajani. Tra un regalo e un candito, dopo undici anni di puntate (la prima messa in onda al Senato, 3 aprile 2012) chiude così “Gli smessati”, la soap alternativa a “Un posto al Sole”. Seguirla tutta è stata la vera fatica.
 

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio