Gli stipendi dei parlamentari
Renzi, Conte, Calenda e gli sbuffi del populismo sui redditi
Calenda contro Renzi, Conte e Renzi contro tutti coloro che li criticano. Corsa all'accusa e alla giustificazione via social tra chi rivendica e chi rilancia
Uno pare troppo povero, l’altro troppo ricco, l’altro una via di mezzo. Nessuno si fa i fatti propri. Anzi: tutti fanno i conti in tasca a tutti, rinfacciandosi cifre via social. E’ l’effetto della pubblicazione-stipendi dei parlamentari. Tra l’imponibile del leader di Italia Viva Matteo Renzi (3,2 milioni di euro circa) e quello del leader M5s Giuseppe Conte (24 mila e rotti euro), relativamente il più abbiente e il meno abbiente in base alla classifica dell’anno che volge al termine, c’è infatti lo spazio di un mattino, quello di ieri, momento in cui è scattata la pubblica corsa dei leader politici ad accusarsi e giustificarsi per i propri guadagni, in una sorta di parossismo – e populismo – dei redditi, lungo la direttrice Renzi-Calenda-Conte.
Ecco infatti l’ex premier e vertice di Italia Viva affidare a Facebook le sue considerazioni: “In queste ore alcuni media si occupano con tono scandalizzato dei redditi dei parlamentari”, scrive Renzi: “Lasciatemelo dire a voce alta, cari amici: sono fiero di aver contribuito con più di un milione di euro alla vita della comunità. E non mi vergogno di pagare in un giorno il triplo di quello che Giuseppe Conte ha pagato in un anno. Perché chi paga le tasse non si vergogna mai. Si imbarazzino i furbetti, non i cittadini onesti. Personalmente preferisco ammirare anziché invidiare, preferisco sorridere anziché recriminare, preferisco vivere anziché insultare”. Ma un fulmineo Carlo Calenda, ex ministro e leader di Azione, irrompe e sbuffa virtualmente contro l’ex alleato: “Caro Matteo Renzi anche basta!”, scrive Calenda. ” Ci dobbiamo vergognare perché non prendiamo soldi da autocrati, imprenditori, lobbisti etc, mentre veniamo lautamente pagati dai cittadini italiani per svolgere una funzione pubblica? Questo è il messaggio? Il mondo all’incontrario, altro che liberalismo. Goditi i tuoi soldi serenamente ma non farci la morale. Grazie”. Nel bel mezzo della polemica spunta, da Forza Italia, il capogruppo azzurro al Senato ed ex ministro Maurizio Gasparri (che vorrebbe “fare luce” sulla dichiarazione di Conte). Quanto a Conte, eccolo correre su Facebook a rispondere a tutti coloro che ne hanno criticato l’esiguità reddituale, con triplo salto mortale e rivendicazione: “In questo momento vivo dello stipendio di parlamentare, sapendo che prima o poi tornerò a fare il professore e l’avvocato”, scrive Conte: “A una parte di quello stipendio da parlamentare, come gli altri eletti del M5S, rinuncio. E ci togliamo belle soddisfazioni, ve lo assicuro. Il Movimento ha raccolto e restituito alla collettività oltre 100 milioni di euro”. Poi la risposta di Conte si fa programma: “Si dovrebbe parlare del crollo del potere di acquisto e degli stipendi troppo bassi degli italiani. Per i giornali e alcuni esponenti della maggioranza Meloni pare però più interessante la mia dichiarazione dei redditi…Addirittura lo sfrontatissimo senatore Gasparri, che vive di incarichi politici da oltre 30 anni e ha omesso di denunciare il suo incarico di presidente-lobbista di una società che opera nel campo della cybersecurity, ha avuto uno scuotimento di bile…Caro Gasparri, non serve Sherlock Holmes per spiegare la mia situazione reddituale. Lo faccio io, anche se capisco il senso di smarrimento di certi politici, abituati a vivere da sempre di politica, senza avere imparato altro ‘mestiere’”. E invece lui sì che ha fatto altro: il professore, l’avvocato. Non ha fatto voto di povertà, dice, ha i suoi risparmi, ripete. E la girandola ricomincia dal via, con Conte che allude (perché Renzi intenda?) a chi “spende “il patrimonio di conoscenze personali accumulato” da premier “per ottenere incarichi al soldo di governi stranieri, fondi sovrani o società collegate. Cosa inaccettabile e profondamente immorale”. Si attende, per la rivincita, la dichiarazione 2024.