Il retroscena

Meloni e l'inchiesta sui Verdini: "Brutta storia". E Salvini: "Non vengo in Aula"

Simone Canettieri

La premier è preoccupata e dà mandato ai suoi fedelissimi: leggete l'ordinanza del gip. Il leader leghista è in imbarazzo. La stoccata di Tajani: "Denis non mi è prossimo né parente"

Giorgia Meloni in privato la definisce una “brutta storia” e dà mandato ai suoi fedelissimi di leggere l’ordinanza del gip. Matteo Salvini in pubblico fa spallucce alla richieste di informativa urgente in Aula che arriva, con calma, dalle opposizioni: “Non mi faccio dettare l’agenda da loro”. Ciaone? Antonio Tajani aggiunge che “sarà  il leader della Lega a decidere se presentarsi in Aula, ma Denis Verdini non mi è  prossimo, né parente”. In questo triangolo della maggioranza, tra mezze frasi e parole di circostanza, c’è l’ultimo caso giudiziario caduto sul groppone del governo. Tensione pura. E’ l’inchiesta sulle commesse dell’Anas che ha coinvolto Denis Verdini (indagato) e il figlio Tommaso (finito agli arresti domiciliari) insieme ad altri esponenti legati a una  lobby che si sarebbe spartita gli appalti per il risanamento delle gallerie. Il legame tra Salvini e la famiglia Verdini è noto a tutti: il vicepremier è il compagno della sorella di Tommaso, Francesca. In questa faccenda viene tirato in ballo anche   Federico Freni, sottosegretario all’Economia in quota Lega (non indagato).  Si procede per corruzione e turbativa d’asta. Il primo capo di accusa ha rovinato la convalescenza a Meloni,  a casa per un problema agli otoliti.  


Battuta feroce, che viene da FdI: “Quando ci sono i cognati di mezzo noi di destra saltiamo sulla sedia”. Meloni teme che l’inchiesta non sia chiusa. E che spuntino nuove carte, nuove rivelazioni. Non risultano contatti diretti con Salvini su questo caso specifico. La tensione nella maggioranza è palpabile. Il ruolo di Verdini resta ingombrante. Giovanni Donzelli, che in Toscana uscì dal Pdl per contrastare anche lo strapotere del gran visir Denis , dice: “Noi non siamo ricattabili”. Freni nel giorno del sì alla manovra è l’unico sottosegretario del Mef assente a Montecitorio. Sarebbe malato, in verità è in settimana bianca. Nell’ultimo giorno di lavori in Parlamento spunta Giancarlo Giorgetti, leghista e titolare dell’Economia. I cronisti gli chiedono un commento, lui risponde: “Freni? Cosa è il caso Freni?”. Matteo Salvini è defilatissimo e ancora non ha una linea ben precisa. Di sicuro non intende mollare il suo sottosegretario, esponente del nuovo Carroccio romano. Ballano tutti sugli spilli.

Ufficialmente sono todos – evviva – garantisti. Dentro Fratelli d’Italia girano schemi per dire che la presunta attività illecita di Verdini, carte alla mano, sarebbe riconducibile ai tempi del governo Draghi, quando Enrico Giovannini era al posto di Salvini al ministero delle Infrastrutture e quando a capo dell’Anas c’era Massimo Simonini (di nomina M5s perché risalente al regno di Danilo Toninelli) solo che nel frattempo è diventato commissario della Statale Jonica (è indagato). Dunque davanti a un’opposizione un po’ floscia – “fossimo stati noi  avremmo inchiodato la maggioranza qui per giorni”, dicono sottovoce da FdI – si tenta di giocare un doppio registro. Ufficialmente la linea è: semmai sarebbero fatti andati in scena con i precedenti governi. Meloni però è preoccupata per questa “brutta storia” e si muove con molta attenzione:  spingere su questo caso potrebbe far accendere Salvini sugli inciampi giudiziari che stanno scuotendo FdI (Delmastro e Santanchè) . E così nel dubbio prende tempo, fa leggere le carte ai suoi in una marcatura a vicenda che  attraversa tutta la maggioranza. Ecco il capogruppo di FdI Tommaso Foti: “Verdini? Io non leggo le intercettazioni”. Sarà.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.