l'intervista
"Sì al terzo mandato. Il Pd dimentica la sua storia". Parla il sindaco dem Palazzi
"Su questo tema il Pd dovrebbe avere una posizione chiara. Da anni al Nazareno si sono scordati degli amministratori. Schlein e De Luca? Legittimo non candidarlo, ma non si usi il tetto ai mandati per calcoli politici", dice il primo cittadino di Mantova
“Siamo proprio un paese al contrario. Quando i cittadini possono liberamente decidere, come per sindaci e governatori, mettiamo un limite al numero di mandati. Se invece il ruolo dipende dalle segreterie dei partiti, dove di fatto gli elettori non possono esprimersi, i limiti non esistono”. Il sindaco di Mantova in quota dem, Mattia Palazzi, non usa giri di parole e promette battaglia: “Occorre ripristinare a ogni livello il rapporto diretto e vero tra eletti ed elettori”.
Parlando con il Foglio, mette in fila tutte le contraddizioni sul tema, a partire da quelle che interessano il suo partito. “Ritengo che il Pd, come forza nazionale, non possa non avere una posizione politica chiara. Da anni qualcuno si è dimenticato la nostra storia e il nostro presente, fatto di amministratori validi, apprezzati e votati nei territori e nelle città”. Ma, puntualizza il sindaco, “le incongruenze riguardano anche gli altri partiti, la Lega per esempio. Tutta la politica”. A Mantova, Palazzi è stato eletto per la prima volta nel 2015, riconfermato nuovamente nel 2020. Sindaco, le diranno che sta pensando al suo futuro. “Non è certo una questione di destino personale. Quello lo decidono gli elettori, votando. Il punto è politico. Come si fa a non vedere che in questo paese c’è di fatto una sorta di blocco nazionale di tutti i partiti verso gli amministratori?”, è la difesa di Palazzi. Un blocco, facciamo notare noi, di cui anche il Partito democratico fa parte, e spesso anche come esponente di rilievo. “I miei colleghi, i sindaci dem, una posizione ce l’hanno chiara”.
Quale? “La proposta dei sindaci è togliere ogni limite o quanto meno arrivare al terzo mandato. E’ la stessa tesi sostenuta all’unanimità dall’Anci, proposta anche dal presidente Decaro. Ricordo poi che in Europa uno sbarramento del genere esiste solo in Portogallo, ma si arriva comunque a tre elezioni, e poi in Polonia. E’ la dimostrazione dell’anomalia italiana”. Andrebbe spiegato anche al Nazareno, dove di terzo mandato per ora proprio non vogliono sentirne parlare. “Non è previsto”, continua a ripetere Elly Schlein. “Non personalizzerei troppo, perché il tema è più ampio”, dice Palazzi. E però è difficile non notare come la questione sia diventata una sorta di clava, da agitare per risolvere beghe e dissidi interni. Le stoccate di Vincenzo De Luca alla segretaria sono ormai un classico. “Se un partito ritiene di non candidare un proprio governatore, lo fa con una decisione politica, legittima. Bisogna avere il coraggio di assumerla. Altra cosa è usare un’ingiustizia come il limite dei mandati per un calcolo politico, togliendo la possibilità di scegliere ai cittadini”, è il ragionamento di Palazzi.
Intanto qualcosa si muove. E al governo studiano una nuova norma per andare incontro alle richieste che arrivano in maniera bipartisan. “Secondo i rumors – conferma il sindaco di Mantova – la proposta sarebbe quella di inserire la possibilità del terzo mandato nei comuni fino a 15 mila abitanti. Ma è comunque un’idea senza senso”. Ci spieghi: “La differenziazione tra comuni sopra e sotto i 15 mila è una forzatura istituzionale, che finisce per creare disparità di trattamento tra gli elettori. E’ oggettivamente inaccettabile”. Se ne deduce che il primo cittadino non resterà a guardare. “Come me la pensano tanti altri amministratori, non solo del mio partito. Mi stupirei anche che la Lega accettasse una impostazione di questo genere. Altro che partito dei territori. Perderebbero la faccia pure loro”, continua Palazzi, lasciando intravedere la possibilità di un fronte comune, ben al di là dei classici perimetri politici. “Ma perché se un cittadino del Veneto vuole votare Zaia non deve poterlo fare? E poi mi faccia aggiungere un’altra cosa”. Prego. “I sindaci sono gli unici che per candidarsi in Parlamento devono dimettersi sei mesi prima, facendo commissariare il comune. Anche questa è un’altra anomalia tutta italiana. Chi fa l’amministratore ha le mani legate”.
Per tutte queste ragioni, il sindaco mantovano continuerà a spendersi per l’abolizione di ogni sbarramento. “Dopodiché, se si riterrà di andare avanti con questo sistema incoerente, che almeno valga per tutti: tetto a due incarichi per qualsiasi ruolo pubblico”, è la richiesta minima. Infine Palazzi si auspica quanto prima “un dibattito parlamentare onesto, che tenga alla base il diritto dei cittadini di scegliersi i rappresentanti. Io mi auguro che tutti i parlamentari Pd, e non solo, ne tengano conto”. E voi, come sindaci, cosa metterete in campo? “Faremo la nostra parte, sia con Anci sia rivolgendoci ognuno al proprio partito”. Schlein è avvisata.
L'editoriale dell'elefantino