Verso il 25 febbraio
La Sardegna al voto tra contraddizioni e dissonanze
Dopo cinque anni di governo Solinas, l'isola si appresta a scegliere il nuovo presidente. Una contesa che racconta molto anche della politica nazionale. Tra piccole lacerazioni e grandi incongruenze, a destra e a sinistra
Qualcuno potrebbe pensare che le elezioni in Sardegna del prossimo 25 febbraio siano una banalissima questione locale. Dopo cinque anni i sardi tornano a scegliere il loro presidente. Embé, perché noialtri ce ne dovremmo interessare? Eppure a vedere meglio, nell’isola delle piccole e grandi contraddizioni, dei pionieri della rete e delle compagnie ad alto tasso d’innovazione mischiate ai tre milioni di pecore (il doppio della popolazione residente), la chiamata alle urne assume tutta una sua rilevanza nazionale. Ricalca in pieno i rapporti e le tensioni all’interno della maggioranza di governo, così come investe la costruzione (o per meglio dire la distruzione) del cosiddetto campo largo di centrosinistra. C’è chi in questa campagna elettorale s’è già lanciato da mesi. Chi, in piena linea con la propria tradizione politica, ha già fatto in tempo a scindersi. E chi invece ancora aspetta, sul chi va là, decisioni che saranno prese nel chiuso delle stanze e delle riunioni romane. In mezzo ci sono gli elettori, quasi incoscienti del fatto che si terranno delle elezioni, “che sono assolutamente strategiche, ma dalla popolazione non sono affatto percepite come tali”, racconta un ex politico indipendentista sardo, vecchio conoscitore delle dinamiche locali. E infatti se nel 2019, all’epoca del governo gialloverde, le strade erano bloccate dalle rivolte dei pastori, con Matteo Salvini che sobillava lo sversamento di latte sulle carreggiate, oggi perlopiù ci si interessa al concerto di capodanno di Marco Mengoni a Cagliari o alle navi da crociera che sbarcano nel capoluogo e tutti i negozi rimangono chiusi durante le feste o dei gol di bomber Pavoletti. Un’indifferenza che un po’ stona con gli indici economici di un territorio mal collegato, al suo interno e al continente, che nel calcolo del pil pro capite è solo la 177esima regione su 242 a livello europeo.
Cinque anni fa trionfò Christian Solinas, esponente del Partito sardo d’Azione, dal 2018 alleato della Lega. Il candidato, all’epoca, lo scelse proprio Matteo Salvini in modalità pre Papeete. Ma siccome in Sardegna dall’elezione diretta del presidente in poi il governatore uscente non è mai stato rieletto, nel centrodestra hanno messo in discussione la ricandidatura. “Salvini è venuto a Cagliari a dire: squadra che vince non si cambia. Ma si capiva che non aveva abbastanza garanzie per rassicurare il suo fedelissimo”, spiega Roberto Murgia, cronista politico dell’Unione sarda che ha seguito dall’inizio le trattative all’interno della coalizione. Questo perché Fratelli d’Italia, forte anche di un rapporto di forza diverso rispetto a cinque anni fa, vorrebbe imporre il nome del sindaco di Cagliari Paolo Truzzu, storico esponente della corrente dei gabbiani di Fabio Rampelli, fratello d’Italia sin dalla fondazione del partito. “Secondo noi il nostro candidato ha le maggiori possibilità di vittoria”, spiega il deputato sardo di FdI Salvatore Deidda Sasso. “Salvini ha parlato di unità. Ebbene, anche noi abbiamo rinunciato alle candidature, per esempio a Oristano. L’obiettivo deve essere la doppietta: la Sardegna e Cagliari, dove si vota sempre nel 2024. Solinas può svolgere anche un altro ruolo”. Il presidente uscente persino ieri, nel corso del tavolo di centrodestra che doveva cercare una soluzione ha ribadito quanto detto già nella conferenza stampa di fine anno, rifilando più di qualche frecciatina agli alleati. “Per una richiesta di discontinuità a mio avviso non ci sono le condizioni e nemmeno le ragioni in forza di un ragionamento politico o programmatico, ma semplicemente si tratta di una logica di potere spartitorio”, ha detto. Se non dovesse essere riconfermato potrebbero offrirgli un posto da viceministro o sottosegretario al ministero del Mare di Nello Musumeci (altro governatore “trombato”). Ma quello che più preoccupa il responsabile organizzazione di FdI Giovanni Donzelli, il primo a proporre il nome di Truzzu lo scorso ottobre, è la risposta del Partito sardo d’azione. Che non è scontato resti nel centrodestra dopo la destituzione di Solinas. Per questo, anche in virtù di consensi non esaltanti negli indici di gradimento riscossi dallo stesso sindaco di Cagliari, “che ha trasformato la città in una specie di Roma, un grande cantiere a cielo aperto, facendo infuriare i cagliaritani”, spiega ancora Murgia, si erano fatti anche dei nomi civici per la coalizione. Su tutti il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba e il presidente della Federazione Tennis e Padel Angelo Binaghi, cagliaritano e fresco vincitore della Coppa Davis. Quest’ultimo sarebbe stato il candidato ideale dei Riformatori, una delle gambe del centrodestra locale. A questi nomi si è poi aggiunta la candidatura spontanea di Alessandra Zedda, consigliera regionale di Forza Italia, che correrà da indipendente.
Salvini, in visita a Cagliari nell’ultima settimana di dicembre, ha giustificato il tentativo di ricandidare Solinas parlando di una “Sardegna in crescita”. Eppure l’ultimo rapporto curato dal Centro ricerche economiche nord sud (Crenos) parla di una regione ripiegata su se stessa. “L’economia sarda vale il 2 per cento del pil nazionale, una cifra irrilevante”, spiega il curatore del rapporto del Crenos Raffaele Paci, docente di Economia politica all’Università di Cagliari. “L’unico comparto forte è quello dell’information technology. L’esperienza di Tiscali, poi il Crs4 e adesso Amazon, su quello abbiamo dimostrato di avere grandi competenze. Per il resto l’isola manca di un vero settore manifatturiero. E anche l’estrazione mineraria metallurgica, portata in Sardegna da famiglie come i Rovelli e i Moratti, oramai è finita in mano al pubblico”. Altri dati preoccupanti sono un tasso di natalità di cinque punti inferiore alla media europea. Un livello di Neet (ragazzi che non studiano e non lavorano) tra i più alti del continente. E salari più bassi, fino al 25 per cento, di quelli italiani. “È una caratterizzazione del settore del turismo e dei servizi, che hanno retribuzioni basse. Ma anche dell’agricoltura, che resta l’attività trainante nell’entroterra ed è fatta di lavoro precario e di una stagionalità che non garantisce un reddito per tutto l’anno”, spiega ancora Paci. “Si vive nel precariato. Per questo molti scelgono di andare via, spesso all’estero, Francia, Austria e Regno Unito su tutti”. Con il risultato che solo chi è davvero determinato a tornare lo farà, dopo un certo periodo.
Tra questi c’è Renato Soru. È stato tra i pionieri della rete in Italia. Fondatore di Tiscali. “Gente che era andata a studiare a Pisa, a Milano, negli anni 90 scelse di tornare e di mettersi a fare ricerca al Crs4, sotto i consigli del premio Nobel Carlo Rubbia. Dobbiamo tornare un po’ a quello spirito”, racconta Soru al Foglio. È già stato presidente della regione, dal 2004 al 2009, ha scelto di ricandidarsi anche a questo giro. “Considero il bilancio dell’amministrazione Solinas completamente disastroso. La Sardegna non è stata governata, ha vissuto cinque anni di liti della destra al proprio interno. Si è evitato di decidere su qualunque cosa. Per oltre un anno non c’è stato alcun direttore del centro gestionale di programmazione di spesa regionale. L’amministrazione è rimasta ingessata ed è inaccettabile”. Oggi Soru spiega che quel che anima la sua candidatura è “provare a dare un indirizzo ai prossimi 15 anni della Sardegna, investendo soprattutto sul capitale umano. Pur in una Sardegna povera di servizi, in un contesto difficile, sono nati degli alberelli visibili di innovazione, di posti lavoro buoni, ben pagati, con persone motivate. Spesso addirittura su aspetti tecnologici molto all’avanguardia. Una società sarda ha appena vinto la partecipazione a un grandissimo progetto europeo. Hanno la responsabilità di costruire il cloud europeo per rispondere al predominio americano in questo campo”, racconta. “Questo governo di destra sta cercando di centralizzare tutto, dai fondi di coesione alle aree marine protette. Davanti a questa situazione politica la Sardegna deve con forza prendere una strada nuova. Anche dal punto di vista di se stessa e del proprio futuro. Il mondo insiste su valori nuovi. Per questo deve saper spendere al meglio i 10 miliardi di euro di Pnrr che avrà a disposizione nei prossimi 4 anni”.
Quella di Soru, però, è soltanto una delle due candidature nel campo del centrosinistra. Perché la vera leader investita dal campo largo è Alessandra Todde, ex sottosegretaria all’Innovazione nel governo Draghi, deputata, su cui sono confluiti Pd e M5s e altre sigle minori. “Elly Schlein ha preso la sua strada, che considero fortissimamente sbagliata. Non capisco come faccia ad accettare gli insulti continui a un partito storico come il Pd. Ha fatto mercato della Sardegna, il Pd che ho conosciuto non si sarebbe dovuto comportare in questo modo. È totalmente succube del M5s. In più Giuseppe Conte ha detto che non si sarebbe candidato alle europee per rispetto del mandato elettorale. Ma non mi risulta che Todde si sia dimessa da deputata. Così come non si sa se resterà in Sardegna qualora perdesse”, spiega ancora l’ex presidente, che a febbraio sarà sostenuto da una serie di liste sardiste. Oltre che da Azione e, con ogni probabilità, Italia viva, che però qui hanno una rappresentanza marginale.
Todde, invece, è stata la prima a scendere in campo. Già dallo scorso febbraio aveva manifestato personalmente a Soru la volontà di correre da presidente. I due si conoscono da anni, Todde sostenne persino un colloquio di lavoro per l’azienda di Soru. Anche lei è un’imprenditrice che lavora nell’information technology. “Sono convinta che il dialogo, il cercare di ricucire, debba essere provato fino alla fine. Ma ci devono esserci condizioni accettabili, non può essere calpestato tutto il lavoro fatto dalla coalizione”, dice al Foglio Todde. Alla domanda sul perché non siano state fatte le primarie, la deputata grillina risponde che “sin dallo scorso luglio, al tavolo regionale, tutti erano d’accordo nello scartare le primarie come metodo di selezione, nessuno si è scandalizzato. L’unico che non ha voluto rispettare le regole che ci eravamo dati è stato Soru. Ma questa non è democrazia, è prepotenza. L’alzata di scudi c’è stata solo quando non si è fatto il suo nome ma il mio”. Negli scorsi giorni una trentina di dirigenti locali del Pd, capitanati dalla ex deputata Romina Mura, hanno lasciato il Pd per fondare una lista a sostegno di Soru. Ma al contempo la Todde potrebbe ottenere il sostegno dei Progressisti di Massimo Zedda, che punta a essere ricandidato a Cagliari dal centrosinistra.
Fatto sta che per tentare di prendersi la regione, le deputata del M5s è tornata a vivere a Nuoro. Come detto, è stata la prima a gettarsi a capofitto nella campagna elettorale. Ogni giorno, anche durante le feste, ha tenuto comizi lungo tutta l’isola: “La giunta Solinas è la peggiore della storia della Sardegna. Le persone non riescono nemmeno a curarsi, non possono muoversi efficientemente e non hanno un lavoro”, dice al Foglio. Nel caso venisse eletta ha già pronte tre priorità: “Utilizzare tutti i soldi disponibili per la sanità territoriale. Significa usare la cornice del Pnrr per mettere a fattor comune tutto quello che c’è nel territorio, dalle farmacie ai medici di base. Poi c’è bisogno di una legge quadro sull’istruzione, perché abbiamo subìto il taglio delle autonomie scolastiche. E terzo: politiche differenziate per le imprese. Perché investire a Prato sardo, frazione della mia Nuoro, non è come farlo a Cagliari. E la Sardegna non è solo il capoluogo o città come Sassari e Olbia, ma tutte le zone interne che meritano di avere pari opportunità di sviluppo”.
Nella terra della riscoperta dell’arcaico vino Cannonau (come spiega ancora l’economista Paci, “nell’esempio virtuoso del comune di Mamoiada sono state aperte trenta cantine di questo vitigno autoctono, oltre a un rinomato museo delle maschere che richiama migliaia di turisti”) ma anche dei versi ipnotico-elettronici di Daniela Pes, artista gallurese che quest’anno ha conquistato gli elogi della critica musicale vincendo la targa Tenco opera prima con il disco “SPIRA”, insomma in questa landa isolata in cui convivono gli opposti, le distonie, dissonanze che rischiano di disorientare, sono tutti ancora in attesa di capire alla fine chi sarà il terzo sfidante di questa contesa che almeno un po’, si spera, appassionerà i sardi, nell’ultimo mese di campagna elettorale. E se Todde ci fa sapere che “per quanto mi riguarda a destra possono candidare pure Biancaneve. Non servirà a deresponsabilizzarli dei loro fallimenti”, Soru dice che “il mio progetto resta comunque alternativo alla destra”, allontanando l’ipotesi che uno scottato Partito sardo d’Azione possa confluire nella sua area. Per dirla ancora con Daniela Pes, “seɾa ˈvɛni ˈkade ˈlaiɾo Ke ˈmiɾa amˈmalia se ˈnaiɾo ˈmiɾa ˈvɛni iˈɾa ˈneɾa ˈliɾe”. Che è un misto di gallurese antico e fonemi inventati e che può significare tutto e può significare niente. Un po’ come queste elezioni per i sardi.