I problemi della maggioranza

Ci si Lega poco: sulla Sardegna a destra non c'è ancora un accordo

Gianluca De Rosa

Per risolvere la questione potrebbe essere convocato a breve un tavolo con Meloni, Salvini e Tajani. Gli umori leghisti sono pessimi. La premier utilizza sempre più sfrontatezza con FI per mettere in minoranza il Carroccio su ogni decisione

Questa volta si litiga sul serio. La questione regionali agita pericolosamente le acque del centrodestra. Per il risolvere il caso più impellente, la scelta del candidato presidente in Sardegna, servirà, e al più presto, un tavolo dei leader. Oltre all’isola nel 2024 si voterà anche in Abruzzo, Basilicata, Umbria e Piemonte (in totale due regioni governate dalla Lega, due da Forza Italia e una sola, l’Abruzzo, da FdI). La questione potrebbe essere affrontata direttamente dalla premier Giorgia Meloni e dai suoi due vice, Matteo Salvini e Antonio Tajani. Urge  abbassare la tensione. La Sardegna sarà la prima regione ad andare al voto il prossimo 24 e 25 febbraio. La scadenza, insomma, si avvicina, per questo il vertice dei capi dei partiti dovrà avvenire il prima possibile. FdI pretende che il suo peso elettorale venga finalmente rappresentato  anche nelle regioni e per questo  ha deciso di forzare la mano. Anche ieri Paolo Truzzu, l’uomo scelto da Giorgia Meloni per il futuro dell’isola, ha avuto una videocall con tutti i partiti alleati che sostengono la sua candidatura. “Sì, mi sento il candidato governatore”, ha ammesso  il sindaco di Cagliari, fratello d’Italia della primissima ora. A parlare con lui c’erano i rappresentanti di tutti i partiti che lo hanno designato la scorsa settimana. C’era dunque anche Forza Italia, ma non la Lega e il partito sardo d’Azione di Christian Solinas, governatore uscente scelto da Salvini nel 2019. Il Carroccio minaccia la corsa solitaria. Il coordinatore regionale, Michele Pais, ripete: “Non so di tavoli, se la vedranno i leader nazionali… per noi vale sempre il principio di buon senso di dare continuità di governo, in cinque anni non abbiamo mai litigato perché mai dovremmo cominciare adesso? E’ ovvio che il candidato naturale sia Solinas”. Ma Gianni Lampis, deputato sardo di FdI ribadisce: “Il candidato è Truzzu, Meloni e la segreteria nazionale di FdI sono con noi”. Gli umori leghisti sono neri. Meloni utilizza con sempre più sfrontatezza Forza Italia come il terzo al tavolo che, quando c’è da scegliere, si schiera sempre con la Capa. Sempre più costola esterna del partito della premier. In attesa, chissà, del famoso partito repubblicano tanto caro al defunto Berlusconi. Sicuramente Tajani ha anche un interesse di partito ad appoggiare FdI. Il Carroccio per rinunciare a Solinas vorrebbe, in cambio, poter scegliere il candidato presidente della Basilicata (il nome sarebbe quello di Pasquale Pepe, commissario regionale leghista). Ma in Basilicata governa il fedelissimo di Tajani, Vito Bardi.


Lunedì con un’intervista al Corriere della Sera il vice segretario della Lega Andrea Crippa, l’uomo che picchia al posto di Salvini, ha detto: “Bisogna confermare i presidenti uscenti, mentre FdI ha l’onore e l’onere nel 2025 di conquistare le quattro regioni governate dal centrosinistra”. Mantenere questo principio è fondamentale: per la Lega che altrimenti rischia di vedere tradursi il suo ridimensionamento nelle urne anche in un minor peso nel governo delle regioni. A partire dal Veneto. Dove si voterà nel 2025 e, senza un cambiamento normativo, Luca Zaia non sarà più candidabile. L’ex sindaco leghista di Verona Flavio Tosi, passato a Forza Italia, negli ultimi mesi ha svuotato i rubinetti del Carroccio di decine di dirigenti ed eletti in regione e nei consigli comunali di mezzo Veneto. Tra un anno, non è un segreto, sogna di essere lui il successore di Zaia.


Dal canto suo Tajani deve fare i conti con chi, anche dentro al suo partito, lo accusa di farsi i fatti i suoi in attesa di un’inevitabile scioglimento del partito dentro FdI. Ieri ha convocato una conferenza stampa per rilanciare. Il pretesto era il passaggio del consigliere regionale del Lazio Angelo Tripodi dalla Lega a FI (insieme a un nugolo di piccoli sindaci e consiglieri comunali sparsi tra Lazio, Abruzzo e Campania). Ma è stata l’occasione per dire che il partito c’è, gode di ottima salute e farà faville. “Alle europee prenderemo il 10 per cento, questo è l’obiettivo, son ottimista. FI è il centro non del centrodestra, ma della politica italiana”.